Grazie, signor Presidente. Gentile Ministro, Governo, cari colleghi e care colleghe, lasciatemi dire che il documento che stiamo esaminando in queste ore è una grande presa in giro e, al tempo stesso, un pericolo per il Paese. Mi si potrebbe accusare di un approccio ideologico e prevenuto, se le parole di preoccupazione non fossero state espresse, in queste settimane, da autorevoli osservatori, a iniziare dalle pagine di The Economist che, nei giorni scorsi scriveva: “I piani di spesa dell'Italia sembrano irresponsabili”. Ma il settimanale britannico non è certo stato l'unico. Subito dopo la pubblicazione della NADEF, il Financial Times rilanciava l'allarme sulle possibili conseguenze di una spesa incontrollata e, non più di 10 giorni dopo, scriveva: “Il peggioramento dello scenario economico lascia Meloni, che ha sprecato il suo primo anno in futili guerre culturali, poco spazio per mantenere le riduzioni fiscali e altre promesse elettorali. Probabilmente ricorrerà ai condoni fiscali, alle privatizzazioni e ai tagli della spesa, lasciando ben poco per ulteriori investimenti”. Tre righe di agenzia che per dire quella che, ormai, è una preoccupazione diffusa tra analisti, investitori, imprese e famiglie.
La Nota di aggiornamento al DEF si presenta debole, minimalista, rinunciataria, fortemente condizionata dai contenuti delle promesse elettorali e incapace di indicare una prospettiva di crescita per il Paese, finanziata in gran parte in deficit, senza chiari indirizzi di natura economica, con segnali preoccupanti di riduzione alla spesa pubblica, in particolare al settore sanitario e alle politiche sociali, già falcidiate dall'inflazione. Quella che viene prospettata con questa Nota di aggiornamento è, quindi, una legge di bilancio preoccupante. Sarà, però, anche la legge di bilancio della verità, quella in cui il disegno economico della destra vedrà compimento, sarà il momento della verità e della dimostrazione non tanto di quello che sapete fare, ma di quello che nei fatti volete fare, della considerazione che avete del Paese e del rispetto che dovete a cittadini, a lavoratori, a chi fa impresa, a chi produce.
Del resto, le preoccupazioni che provengono dall'estero, il fatto che non siano dettate da pregiudizi, ma ben fondate su dati oggettivi, sono confermate dalle stesse parole del Ministro in quella relazione che accompagna la NADEF e nell'audizione in Commissione. Giorgetti, infatti, un po' grillo parlante e un po' Cassandra inascoltata, è costretto ad ammettere non solo che non c'è nessun tesoretto, ma che c'è un vero allarme per il debito pubblico, per cui le molte promesse elettorali, anche quest'anno, il Governo cercherà di mantenerle, forse, l'anno prossimo. Il Ministro è stato costretto dai numeri a parlare di prudenza e responsabilità, perché - cito testualmente - la situazione economica e di finanza pubblica “è più delicata di quanto prefigurato in primavera. (…) servono scelte difficili”.
Eppure, il Governo ha raccontato per mesi che tutto andava bene, che l'Italia faceva meglio degli altri Paesi europei, che in Europa e nel mondo raccoglievamo solo apprezzamenti e fiducia. Poi, mano a mano che ci avvicinavamo alla stesura della legge più importante, si è accorto che c'è da stare poco allegri e che le risorse sono scarse, se non scarsissime, e questo non perché c'è stata qualche forza del male che ha deciso di colpire il Governo Meloni, agendo nell'oscurità, magari dietro le quinte o all'insaputa di tutti. No, perché, in un anno, avete dilapidato un patrimonio di credibilità e di risorse che, effettivamente, potevano ora essere fondamentali per affrontare una congiuntura internazionale che rimane difficile e dalle previsioni rese ancora più cupe dal tragico scenario mediorientale. Però il Governo ci ha messo del suo per restringere i margini di azione: li ha ridotti con i 14 condoni e una chiara inversione di rotta nella lotta all'evasione fiscale, colpendo così, ancora una volta, i contribuenti onesti, i lavoratori, gli imprenditori, i pensionati e le partite IVA, insomma tutti quelli che pagano le tasse anche per chi decide di non farlo e non viene nemmeno perseguito.
Avete fatto una riforma fiscale che non riuscirete ad attuare, che peggiora non soltanto le condizioni economiche del Paese, ma rende più confuso e iniquo il sistema fiscale: una riduzione da 4 a 3 delle aliquote, senza nessun beneficio per i redditi più bassi e senza nessuna vera lotta all'evasione fiscale. Avete ristretto i margini per agire e, senza aver promesso alcuna seria revisione della spesa, ora scoprite, dalla testardaggine dei numeri, che l'economia è in affanno, i consumi e gli investimenti rallentano e le prospettive per il 2024 sono nettamente peggiori rispetto alle previsioni. Insomma, vi presentate di fronte al Parlamento e al Paese con una NADEF che fotografa quello che Il Sole 24 Ore, non esattamente un giornale di sinistra, chiama i tre macigni che pesano sulla manovra, sui quali anche altri colleghi si sono già soffermati.
Innanzitutto, le previsioni di crescita per il 2024 che avete sbandierato per quasi un anno sono sovrastimate; avete parlato dell'1,2 per cento programmatico, quando la media delle stime è dello 0,7 o 0,8 per cento.
Secondo, le previsioni sul debito incorporano un punto di PIL di venti miliardi di privatizzazioni in tre anni, obiettivo irrealistico e nello stesso tempo preoccupante. Se lo considerate davvero irrinunciabile, allora, dovete dire, ora, dove pensate di recuperare 20 miliardi, vendendo quali asset strategici per il Paese.
Terzo, gli interessi sul debito pubblico nel 2020 erano 57 miliardi, quest'anno sono 78, i rendimenti sui BTP sfiorano il 5 per cento, che è un livello che non si vedeva dal 2012; è una situazione preoccupante e non serve passare per menagramo, basta poco per far saltare i conti. Questa è la situazione, questa è la verità dei numeri, a cui replicate con una previsione, con una manovra, come vedremo, che non ha le risposte per quello che serve a imprese, famiglie e lavoratori.
Ci troviamo di fronte a questa situazione per l'inerzia di un Governo che ha passato un anno intero, non a ridare slancio all'economia e a ridurre le disuguaglianze, ma a piantare bandierine identitarie negli occhi dei più fragili, aumentando la povertà, aumentando la precarietà e senza la preoccupazione di dare al Paese almeno una bozza di politica industriale. Ministro, dove sono quelli bravi, nel Governo? Dove sono quelli che guardano avanti, quelli che credono nel futuro dell'industria, dell'agricoltura e degli altri settori produttivi, nella capacità di produrre tecnologia ed eccellenza? Non siamo più la Nazione della battaglia del grano, servono ricette nuove, serve visione, e di fronte a una crisi che non dà segnali confortanti, né per l'oggi né per il domani, servirebbe invece un patto sociale per difendere i redditi, la legge sul salario minimo che stiamo portando avanti con tutte le altre forze di opposizione e dalla quale continuate a fuggire, ma tornerete qui in quest'Aula ad assumervi le vostre responsabilità di fronte a noi, alle forze di opposizione, e di fronte ai lavoratori che chiedono salari giusti e dignitosi.
Poi, servono risorse per favorire il rinnovo dei contratti di lavoro scaduti, a partire da quelli della sanità e del pubblico impiego, e magari una legge sulla rappresentanza; servirebbe limitare i contratti a termine e una proposta sulla partecipazione di lavoratori e lavoratrici, misure concrete contro il caro vita, non un patto con gli esercenti per consentire di acquistare una fetta di prosciutto in più al mese. È giusto il taglio del cuneo fiscale, è una misura che condividiamo, ma che va resa strutturale, non prorogata solo di un anno e finanziata in deficit, lasciando così un'ipoteca sui futuri bilanci, cosa di cui il Ministro Giorgetti ieri si è addirittura detto fiero, quando, invece, si dovrebbe finanziare in altro modo, con una redistribuzione del carico fiscale e con una seria lotta all'evasione.
Poi, perché non sbloccate finalmente, dopo le mille promesse che avete fatto, i crediti incagliati del superbonus, che bloccano e paralizzano da mesi imprese e cittadini? È paradossale ascoltare le parole di alcuni colleghi in quest'Aula - colleghi che erano nella maggioranza e che negli anni passati sono stati tra i primi a chiedere di ampliare e allargare la misura del superbonus -, ora, ergersi a demolitori di quella misura. Assumetevi le vostre responsabilità e, soprattutto, non azzerate completamente una manovra anticiclica che serve a rendere più efficienti le nostre case e ad abbattere le bollette dei cittadini.
Avete bisogno di idee? Noi ci siamo, difendiamo davvero il potere d'acquisto delle famiglie, proroghiamo almeno per un anno la maggiore tutela su luce e gas; la proposta del Governo è di un blocco di pochi mesi, giusto per evitare che le tariffe raddoppino, guarda caso, vicino alle elezioni europee; alle famiglie, invece, serve un risparmio serio e continuato per affrontare la vita di ogni giorno, l'inflazione, la riduzione di servizi un tempo gratuiti.
Ancora, vi abbiamo chiesto di congelare l'indicizzazione degli affitti, mentre l'unica iniziativa che avete preso in questo senso è stata azzerare il fondo per il sostegno agli affitti e quello per la morosità incolpevole. Abbiamo chiesto di rendere davvero gratuito l'accesso all'istruzione per i ragazzi e le ragazze, soprattutto delle famiglie più svantaggiate, che si sono trovate di fronte all'aumento dei prezzi dei libri di testo, per l'accesso alle mense scolastiche e al trasporto pubblico locale. Parlate della scuola del merito, dove nessun talento deve essere sprecato, ma lungi da voi creare l'uguaglianza delle condizioni, perché davvero ogni capacità possa esprimersi a prescindere da dove ciascuno ha la ventura o la sventura di nascere.
Poi, a proposito di famiglie, giù le mani dall'assegno unico, non provate a fare cassa, togliendo risorse a uno strumento essenziale per migliaia di famiglie, che noi abbiamo fortemente voluto, nella scorsa legislatura. Se ci sono dei residui - si parla di 2 miliardi - vanno usati per rafforzare uno strumento universalistico e di sostegno alle famiglie e a chi fa figli, senza inventarsi altri improbabili strumenti categoriali. Avevate una grande opportunità, lasciata in eredità dai precedenti Governi, risorse di quell'Europa che per anni avete maltrattato e che, invece, è stata in grado di dare la risposta più forte e solidale di respiro alla pandemia.
Avete ricevuto 230 miliardi del PNRR, accanto ad altri fondi europei già stanziati e ad investimenti che i privati sono pronti a mettere in campo per le rinnovabili, per ammodernare la rete idrica e che, invece, non si riescono a utilizzare per problemi di gestione legati, appunto, all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un grande lavoro prezioso che era in corso si è interrotto. C'erano progetti già avviati, con gare pronte per l'aggiudicazione; ora, non sappiamo nemmeno se avremo nuovi finanziamenti; 13 miliardi erano per progetti destinati ai comuni, che sono quelli che stanno spendendo bene, in fretta e nei tempi previsti. Lo dimostrano i dati; c'erano risorse per decine di migliaia di piccole opere che potevano essere “cantierizzate” in tempi rapidi per dare fiato alle imprese e, invece, no; avevamo ragione noi, però, al punto che anche il Ministro Fitto è stato costretto a ritornare sui suoi passi, confermando che i piani urbani integrati dovranno essere finanziati a valere sulle risorse del PNRR. Allora, chi mentiva sull'attuazione del PNRR? È una questione troppo importante, non possiamo permetterci di gestirla con la superficialità che abbiamo visto in questo anno.
Le riforme legate all'attuazione del Piano sono praticamente al palo, anche quelle fondamentali per rendere più efficace e moderna la pubblica amministrazione e la giustizia, così come sono ferme le politiche di accompagnamento alla transizione ecologica e digitale, bloccate da una inettitudine del Governo che ancora deve decidere come usare i 6 miliardi che ha ereditato da quelli precedenti. Poi, non c'è nessun impegno preciso per la ricostruzione in Emilia-Romagna e nelle altre regioni colpite dalle alluvioni. Che fine hanno fatto, Presidente Meloni, le promesse che ha fatto con gli stivali in mezzo al fango? Perché non attivate lo strumento del credito d'imposta per la ricostruzione, che chiedono tutti, cittadini, istituzioni e imprese?
Noi non abbiamo visto nessuna visione e nessuna politica industriale vitale per rilanciare la crescita, a partire da un settore strategico come quello dell'automotive, mentre lasciate chiudere la Marelli per mano dello stesso fondo americano KKR a cui vorreste cedere un asset fondamentale e strategico come la rete TIM.
Colgo anche l'occasione per accendere un faro sull'ex Ilva di Taranto. La situazione è drammatica, il Governo sta rinunciando al passaggio in maggioranza nell'acciaieria tramite Invitalia e taglia un miliardo di euro del PNRR per la modernizzazione e la decarbonizzazione, mettendo a rischio il futuro di Taranto e dei tarantini, senza dire una parola chiara su dove troverà gli altri 4 miliardi che servono per portare fino in fondo il progetto di decarbonizzazione, su cui - lo ricordo - sono già disponibili tecnologie immediatamente applicabili.
Non esiste in Italia, non esiste nella settima potenza mondiale una vera politica industriale che generi e accompagni la crescita in un nuovo modello di sviluppo. Non c'è ricetta o visione che guardi a ridistribuire economia, saperi, opportunità e a ridare dignità al lavoro, solo tagli, tagli indiscriminati. Avete iniziato con il reddito di cittadinanza e andate avanti. Con una mano restituite qualche euro in più, riducendo temporaneamente il cuneo fiscale, e con l'altra colpite indiscriminatamente trasporto pubblico e sanità, sì, persino la sanità, persino dopo il COVID. Mettete in discussione il diritto più prezioso, quello che abbiamo conosciuto e protetto, un sistema sanitario gratuito e universale, un orgoglio per il nostro Paese, un vanto europeo, un modello - lo voglio dire - da contrapporre a quello delle assicurazioni private, della carta di credito di fronte ai pronto soccorso.
La relazione che ci avete presentato su questo tema è chiara: la spesa sanitaria sta flettendo in assoluto e anche in rapporto al PIL e nel programmatico non dite nulla su come pensate di invertire questo trend. Invece, di fronte ai numeri servirebbe un patto, un patto a favore del Paese, che avrebbe aiutato anche la vostra credibilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), per finanziare con non meno di 4 miliardi di euro in più ogni anno, per i prossimi cinque anni, a partire da questo, il Servizio sanitario nazionale, per raggiungere almeno il livello degli altri Paesi europei. Sono le risorse che servono non solo per rinnovare i contratti di medici e personale sanitario, ma anche per ridurre le liste d'attesa, rafforzare la sanità territoriale, investire sulla salute mentale, sulla non autosufficienza, e togliere quel tetto che blocca le assunzioni nei reparti in affanno. Del resto è quello che hanno chiesto il Ministro Schillaci e i governatori delle regioni, anche quelli del centrodestra.
Sabato scorso 200.000 persone sono giunte a Roma per chiedere che venga rispettata la Costituzione anche in tema di sanità, persone a cui dobbiamo dare una sanità pubblica, universalistica, libera dai tagli e dalle privatizzazioni che abbiamo già visto in atto. Non c'è niente di tutto quello che servirebbe in questa Nota di aggiornamento e in quello che ci avete presentato e detto in quest'Aula. Per questo non possiamo votare uno scostamento di bilancio che è, di fatto, una delega in bianco in cui ci chiedete di fare altro debito, senza alcuna garanzia di avere più risorse laddove davvero servirebbero, a partire da una sanità pubblica universale e di qualità per tutti e per tutte.
Dodici mesi fa la Premier si è presentata in quest'Aula come un underdog, un anglicismo usato per rappresentarsi come una donna che partiva senza il favore della lotteria della fortuna, quella con più svantaggi di altri. Era solo un artificio retorico, però, per un discorso di insediamento. Ci saremmo aspettati un Governo capace di ascoltare la voce e le preoccupazioni di 5 milioni di persone che quest'anno non sono riuscite a curarsi, di quelli che sono rimasti senza una casa e senza un aiuto, di quei giovani che protestano perché non hanno una casa dignitosa per poter esercitare pienamente il loro diritto allo studio, dei lavoratori che hanno subito un decremento dello stipendio di 3 punti percentuali che sono fermi da trent'anni. Quello che, invece, vediamo, dopo un anno di Governo, è che la destra, ancora una volta, agganciato il potere, ha come unica preoccupazione quella di pagare le cambiali che ha sottoscritto durante la campagna elettorale, ma ha fatto così male i conti che fallirà anche in questa missione. Per noi, invece, quei numeri, quelli che ho citato, sono numeri che ci parlano di persone in carne ed ossa, non sono statistiche, non sono rating di previsioni, ma uomini e donne, giovani, anziani e ragazzi, che ci chiedono di farci carico delle loro preoccupazioni e delle loro speranze. Tutte cose che in questi documenti e nelle parole del Governo non troviamo e per le quali, dunque, voteremo convintamente contro.