Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 29 Giugno, 2022
Nome: 
Barbara Pollastrini

A.C. 105-A

Grazie Presidente. Siamo finalmente in Aula e in fondo mi ha interessato sentire anche questa sera le colleghe e i colleghi che la pensano in un modo direi non diverso, ma opposto, nettamente opposto rispetto a noi.

E in questo devo dare ragione al collega della Lega che è intervenuto precedentemente: è vero, in fondo su questa materia si stanno misurando due visioni del mondo; ma non due ideologie, due visioni del mondo e soprattutto due idee delle persone che hai innanzi, in questi casi ragazze, ragazzi, bambini, bambine, e dell'idea della vita che hai, della visione della vita, del futuro. Poi penso che, se dovessi mettere qualcosa sul podio dei diritti, nel loro intreccio indissolubile, cangiante e permanente, metterei un diritto che attiene a questa legge insieme alla sua concretezza, che è quello alla speranza, perché poi in sostanza dipende da come ti svegli la mattina e da quali occhiali hai, e chi non ha gli occhiali da quali occhi hai, per guardare ciò che c'è davanti a te. Se vedi questi ragazzi, queste ragazze, che o sono nati qui oppure hanno fatto un ciclo scolastico, come l'alba, come una risorsa, se li vedi come una persona, o se li vedi - mi sembra di avere capito questa sera, e devo dire che in parte lo avevo già sentito in Commissione, ascoltando con il massimo rispetto, chi mi conosce lo sa, e lo avevo sentito anche lì - con un cupore, con un pessimismo che non può appartenere a chi vuole cambiare in meglio la società, il mondo e ciò che abbiamo innanzi. E soprattutto che non appartiene - ecco la cosa che mi premeva sottolineare, per cui ho perso il filo della mia scaletta, e mi scuserete tutti se non sono così lucida e lineare - proprio a quelli più giovani, proprio alle ragazze e ai ragazzi, a cui tutto va tolto, tranne la speranza.

Dicevo sì, è vero, due visioni del mondo. Non credo che ci ascoltino in tanti questa sera fuori da qui, non ci ascoltano certo i ragazzi, che si sono appropriati tutti di altri linguaggi - vedo qui la collega Flavia, Rosa, gli amici e i colleghi della Commissione cultura - da anni si sono appropriati di altri linguaggi, si sono appropriati di musiche, di colori. Non ci ascolteranno loro, quelli nati qui da sempre, con generazioni di nonni e di nonne alle spalle, e quelli che si sentono cittadini italiani. Però, se ci ascoltasse anche uno solo - non credo neanche questo - degli opinionisti più riflessivi, che scrivono sui giornali e che dicono che sono superati alcuni concetti, ad esempio la differenza fra i progressisti, i conservatori, i democratici, la destra e la sinistra, capirebbero questa sera che alla fine quei concetti non sono superati.

Appartengono al futuro, perché sono, come dite voi, è vero, due visioni del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Voi avete una convinzione. Permettetemi di dire però - lo dico al collega che è appena intervenuto, visto che lui si è rivolto tanto a questi banchi, a questa parte del Parlamento a cui mi onoro di appartenere, come voi vi onorerete di appartenere, com'è evidente, alla vostra - che noi non siamo in splendida solitudine, non solo per quello che ricordava il collega Matteo Mauri nel suo bell'intervento o in quello che ricordava il presidente Brescia nella sua relazione. No, perché, se guardate, per quello che contano - lo so, poco, ma valgono per voi come valgono per noi -, sondaggi, inchieste e studi, vi dicono che anche di recente oltre il 60 per cento degli italiani e delle italiane pensano che sia utile una legge di cittadinanza. Sono quegli stessi italiani e italiane che, come noi qui, più di noi qui, perché sono meno privilegiati di noi qui, sanno di avere il problema delle bollette, che vogliamo risolvere, sanno di avere il problema dell'affitto, della casa, sanno di avere il problema del lavoro, ma, più di quello che avete detto, sanno che i diritti camminano insieme. E non è contrapponendo il diritto, non è scatenando la guerra fra gli ultimi, fra chi sa e chi non sa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), chi è più italiano dell'altro, che si risolvono i problemi, ma in un incontro virtuoso si fa comunità. Questa parola meravigliosa che dovrebbe davvero appartenere a tutti, in un incontro virtuoso di contaminazione si fa comunità. E mi faccia finire, signor Presidente: sempre i colleghi della Lega - mi rivolgo a loro perché obiettivamente loro sono qui, come noi in tanti siamo qui, e vogliamo fino alla fine discutere - ci richiamavano ad altre cose, ci richiamavano al fatto che noi non rappresenteremmo abbastanza. Allora dico che tutti noi, in questo Parlamento, dopo trent'anni - facevano riferimento a questo sempre il collega Mauri, il presidente Brescia, altri interventi, la collega Boldrini - dalla prima legge di cittadinanza, chi abbiamo la presunzione, tutti noi e tutte noi, di rappresentare, visto che non siamo riusciti a fare una legge finora che dicesse a quelle ragazze e a quei ragazzi banalmente una cosa semplice, ma vera: vi vediamo, vi riconosciamo. Sapete qual è l'altra differenza? È una differenza storica, la stessa che c'è fra lo Statuto Albertino e la Costituzione italiana: un conto sono le concessioni, un conto sono i permessi, e un conto è il diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), il diritto, sono i diritti. Attenzione, attenzione, perché sull'idea di diritti, sui valori e principi di diritti si sta ridefinendo la geopolitica, si sta ridefinendo l'Europa, l'Europa insanguinata, come si dice, sofferente per l'aggressione all'Ucraina.

L'Europa in cui quel popolo lotta per la libertà. Voi dite: cosa c'entra? Ma tutto questo avviene in nome di quella parola, i diritti, che non sono mai una concessione, ma intendono un'idea di mondo, di Europa in quel caso, un'idea di etica pubblica, di doveri, perché soltanto nella casa dei diritti ci sarà la casa dei doveri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché soltanto nella casa dei diritti crescerà la responsabilità comune. Perché, e ho finito, noi, che avremmo voluto - almeno parlo per me, il mio gruppo forse è molto più serio e più capace di me - uno ius soli temperato, abbiamo detto sì a un tentativo di mediazione, a questa proposta? Non per mancanza di coraggio, perché, se fosse come dite voi, che vogliamo sollevare una bandierina, avremmo proposto lo ius soli netto, senza neanche il temperato. Abbiamo voluto una mediazione e abbiamo sostenuto il presidente Brescia perché tentavamo su questa idea di comunità di contaminare, di verificare le condizioni fra punti di vista che sappiamo diversi. Lo so io che sono diversi, lo sapete voi, e si confronteranno alle elezioni politiche perché ci sarà chi è di qua e chi è di là, lo voglio dire.

Ma intanto abbiamo un dovere, trent'anni sono tanti, è cambiato tutto. Non ci sono più sigle di partiti, sono cambiati i Presidenti, sono cambiati i Governi, la Crusca ha immesso i linguaggi di queste nuove generazioni. Trent'anni e noi non sentiamo il dovere di cercare una soluzione? Contrapponiamo chi deve pagare una bolletta a un ragazzo che vuole essere semplicemente visto, che è andato a scuola, che è stato accolto da quegli insegnanti? No, no, non è degno di questo Parlamento, no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ecco perché vogliamo continuare, e farlo con una legge saggia, mite. Fino alla fine difenderemo le nostre idee, fino alla fine cercheremo il confronto, ma fino alla fine non verremo meno a un dovere che è un banale dovere di costruzione dell'etica pubblica e di trionfo di un principio, quello di diritti, sì, che è quella cosa straordinaria per cui generazioni hanno lottato.

Tutti qui abbiamo applaudito il Presidente Mattarella quando è venuto la seconda volta, tutti, ma quale era la parola che risuonava dieci volte, quindici volte? La parola era dignità! E allora noi siamo per promuovere la dignità, per allargare la dignità, per valorizzare la dignità, e per questo credo che la prima cosa che faremo - almeno io sento e noi sentiamo - è credere che nell'altro, nell'altra, tanto più se è un bambino e una bambina, c'è qualcosa di buono, di davvero buono, che noi abbiamo il dovere di fare crescere, di vedere e di curare davvero come il più bello dei fiori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).