Grazie, Presidente. Questo Piano strutturale di bilancio, che oggi discutiamo, doveva essere un documento molto molto importante, perché, praticamente, delinea le sorti della nostra finanza pubblica e con essa, ovviamente, le sorti dell'economia per i prossimi 7 anni, perché il Governo, appunto, ha scelto di chiedere il prolungamento dell'orizzonte, impegnandosi in un insieme di riforme e investimenti che rendono possibile garantire, poi, il calo del rapporto debito/PIL negli anni successivi.
Dicevo che avrebbe dovuto essere un'occasione molto importante, perché una prospettiva di questo genere, ovviamente, avrebbe dovuto aprire una discussione, un confronto che coinvolgesse tutta la società italiana, a partire ovviamente dalle sue rappresentanze sociali (imprenditori e sindacati), le opposizioni, il Terzo settore e così via. Non è avvenuto niente di questo, ma quello che è drammatico è che non è avvenuta neppure una riflessione adeguata rispetto a che cosa significhino questi 7 anni futuri. Abbiamo il minimo sindacale richiesto dalla Commissione europea - cioè il profilo dell'indicatore nuovo scelto, la spesa pubblica netta -, ma non sappiamo praticamente niente, se non parole molto generiche, su quello che accompagnerà quel percorso. In particolare, le guide lines, le linee guida della Commissione europea chiedevano specificamente ai Governi che chiedono un'estensione del Piano fino a 7 anni di indicare per le riforme e gli investimenti previsti non solo genericamente dei titoli - come avviene in questo documento fuffa - ma di indicare con precisione, così come è stato fatto per il PNRR, gli obiettivi, gli indicatori attraverso cui misurarli e i tempi della realizzazione. Niente di questo è presente in questo Piano, anche con un piccolo giallo, perché nella prima versione che abbiamo avuto erano indicate nell'indice le tabelle in cui queste cose dovevano essere declinate, che poi non erano nel testo e infatti il testo è stato ritirato ed è arrivato un indice senza questa indicazione.
Non sono cose piccole. Faccio un esempio, quello che mi sta più a cuore, che riguarda la sanità. Dice il Governo che, bontà sua, la spesa sanitaria crescerà a un passo superiore rispetto alla crescita media della spesa netta; però se andiamo a vedere i dati troviamo che, effettivamente, questo già avviene, è nel tendenziale, non c'è nessuno sforzo, ci mancherebbe altro che il Governo avesse deciso di tagliare ulteriormente la sanità.
Ieri, ho chiesto al Ministro Giorgetti: crescerà di più, ma di più rispetto al tendenziale? Fate un investimento per evitare che il rapporto fra spesa pubblica e PIL continui a calare? Siamo già molto sotto la media dei Paesi europei.
La risposta del Governo è stata una non risposta, non ha risposto. Questo è molto inquietante, perché sono di ieri i dati aggiornati rispetto a cosa sta succedendo sulla sanità. Il dato più grave l'abbiamo visto tutti. Abbiamo 4 milioni e mezzo di italiani costretti a curarsi da soli perché il Servizio sanitario non è in grado di dare risposta. Abbiamo un rapporto fra medici e popolazione ma, soprattutto, fra infermieri e popolazione bassissimo.
Ebbene, guardando alla parte delle riforme, cosa c'è scritto? C'è scritto qualcosa che preoccupa molto, non ciò che ci aspettavamo, cioè, avendo degli anni in più, di ripristinare quello che avevamo tagliato dal PNRR. Il Governo aveva tagliato, come sapete, quasi 500 tra case di comunità e ospedali di comunità, il nerbo della sanità territoriale, che dà una risposta fondamentale ai cittadini: no, non c'è l'obiettivo di ripristinare questo taglio ma, al contrario, ci sono tanti ammiccamenti verso la sanità integrativa, la partnership pubblico-privato, nell'ottica di una privatizzazione del Servizio sanitario. Il Servizio sanitario per noi è un servizio universale che deve essere garantito a tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), non a quelli che se lo possono permettere e neppure deve essere un servizio pubblico limitato ai più poveri. Infatti, lo sappiamo dalle esperienze degli altri Paesi, un sistema sanitario per i poveri è un sistema sanitario povero, che non dà risposte e questa è la prima nostra osservazione.
Per quanto riguarda, poi, il secondo punto, il secondo punto che manca, noi abbiamo delle regole nazionali, una legge nazionale di contabilità che obbliga - obbliga - il Governo a mettere nella NADEF - questa praticamente sostituisce la NADEF - delle informazioni che qua non ci sono. Questo Governo pensa di fare quello che vuole contra legem. Già con il DEF non ci ha dato il Piano programmatico, adesso non ci dà le politiche invariate. Cosa vuol dire, al di fuori dei tecnicismi? Vuol dire che noi non riusciamo a capire quali delle politiche in essere quest'anno saranno finanziate ancora per il prossimo anno e, in particolare, che cosa davvero il Governo vuole fare sul contratto del pubblico impiego. Abbiamo un contratto scaduto, 2022-2024, e un'ipotesi di ristoro per solo un terzo dell'aumento dei prezzi, il che vuol dire condannare tutto il comparto del pubblico impiego a una perdita netta del salario. Ci vuole rispondere il Governo su questo tema? Per noi è una grandissima preoccupazione.
Terzo punto, il consolidamento. Ci sarà bisogno di tenere stretta la finanza pubblica, certo, lo capiamo anche noi, non è che viviamo in un altro pianeta, però è importante capire come verrà distribuita, con quali criteri lo sforzo fra le diverse istituzioni. C'è un problema enorme che riguarda gli enti territoriali e, in particolare, i comuni. Infatti, noi, Presidente, noi siamo per l'autonomia, ma l'autonomia per i comuni significa avere la possibilità di poter fare le politiche con delle risorse adeguate, anche con un loro sforzo ovviamente, ma con delle risorse adeguate. Ai comuni viene detto, a pagina 84 di questo documento, una cosa minacciosissima e cioè che ci saranno dei tagli legati o ai trasferimenti statali - che però dovrebbero scomparire, secondo quello che sappiamo dalla riforma sul federalismo - oppure a quote di riduzione del disavanzo, quote di riduzione dell'avanzo, senza che ci sia scritta una riga che dica la cosa fondamentale, che ho chiesto ieri a Giorgetti e su cui lui è stato muto, che dica che verrà comunque garantita la possibilità per i comuni di far fronte alle funzioni fondamentali e, per quanto di loro competenza, ai livelli essenziali delle prestazioni. Attenzione: ci stiamo riempiendo la bocca, in questi giorni, di livelli essenziali delle prestazioni, ma tenete conto che, in quei livelli di cui parliamo, quelli funzionali alla cosiddetta autonomia differenziata, non ci sono, ad esempio, i livelli sociali, perché le politiche sociali sono già potestà esclusiva delle regioni, non possono essere ulteriormente devolute. Allora, di quello non si parla e in questo Piano non c'è una parola su questo tema. C'è una minaccia di tagli lineari non discussi con i soggetti che ne subiranno le conseguenze.
Il Ministro si è dilettato, in questi giorni, a parlare di sacrifici: prima sacrifici per tutti, poi sacrifici per i ricchi, i ricchi piangano, non so bene. Ora, noi sappiamo che ci sarà bisogno di sacrifici e non siamo neanche contrari al fatto che i sacrifici siano distribuiti in modo diverso - intendo fra chi può permetterseli e chi non può permettersi - però il ragionamento va corretto sotto due profili.
Un primo profilo, e faccio alcuni esempi: vogliamo discutere di un contributo generoso, volontario, da parte delle banche che hanno fatto profitti rilevanti, approfittando del divario fra i tassi di interesse attivi e passivi, possiamo discuterne, però, prima di tutto - prima di tutto - dovremmo cercare di liberare il nostro sistema produttivo dalla schiavitù nei confronti del credito bancario. E cosa abbiamo fatto? Cosa avete fatto?
Avete tolto l'unico strumento efficace che permetteva questa emancipazione, cioè l'ACE, uno strumento fiscale che favoriva le imprese piccole e grandi che si finanziassero con capitale proprio. L'avete tolto per fare cassa, con 4 miliardi che adesso spendiamo a - non si capisce - fare i condoni per gli evasori fiscali, a sistemare qualche aliquotina di qua e di là, a seminare qualche prebenda. Quella è una misura essenziale, che noi chiediamo, assieme a tutti i rappresentanti delle imprese, che venga ripristinata, prima ancora di andare a dire cosa facciamo delle banche, perché le banche sennò hanno un potere enorme di fissare le condizioni del credito e non sarà certo un qualche contributo volontario, che li chiederemo, a cambiare questa realtà molto grave. Così nel criterio e nelle modalità con cui si fissano i prezzi per l'energia nel nostro Paese. Sarebbe bene intervenire su quello perché il costo dell'energia sta diventando, per le nostre imprese, un problema serissimo.
Parlavo di sacrifici però, allora, sicuramente, se c'è una forza che è favorevole anche ad affrontare il tema della redistribuzione, questa è la nostra, perché i redditi sono distribuiti malissimo, i patrimoni sono concentratissimi nelle mani di pochi, ma attenzione prima di tutto bisogna operare perché queste diseguaglianze profonde non si generino, non solo operare dopo per sistemare, ma non si devono generare. Allora, quando noi vi diciamo “salario minimo” e “salario proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto” e “basta con i contratti pirata”, noi vi diciamo: prendete questi strumenti, che servono a evitare quelle diseguaglianze, servono a rendere meno necessaria l'esigenza di distribuire sacrifici su chi si arricchisce e su chi invece si impoverisce pur lavorando tutto il tempo che può e sacrificandosi al massimo. Se non vogliamo far sacrificare quelle persone lì, dobbiamo garantire equità sul mercato del lavoro. Stiamo approvando - approveremo definitivamente oggi pomeriggio - una legge, voluta dal Governo, peggiorata dalla maggioranza, che va esattamente nella direzione di peggiorare la situazione sul mercato del lavoro e quindi di creare ulteriori diseguaglianze, spingendo alla somministrazione, chiamando stagionale tutto quello che succede, un piccolo picco momentaneo.E altre cose drammatiche di questo tipo. Quindi, coerenza, sacrifici vogliamo farli fare a chi ha di più, ma soprattutto vogliamo che la ricchezza e i redditi siano meglio distribuiti.