A.C. 2332
Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, rappresentante del Governo.
La Corte penale internazionale - il cui Statuto, approvato nel luglio 1998 dalla Conferenza diplomatica di Roma, è entrato in vigore nel luglio 2002 - rappresenta la prima giurisdizione internazionale permanente collegata al sistema delle Nazioni Unite, competente, in modo complementare rispetto agli Stati, a giudicare individui responsabili di gravi reati che riguardino la comunità internazionale quali il genocidio, i crimini contro l'umanità e di guerra.
Attualmente sono 123 gli Stati parte, di cui 33 africani, 19 dell'Asia e del Pacifico, 28 latino-americani e dei Caraibi e la quasi totalità di quelli europei. Ma purtroppo soltanto due dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU - ovvero Francia e Regno Unito - lo hanno sottoscritto.
Sono numerose le indagini già avviate dalla Corte penale internazionale, relative a Uganda, Repubblica Centrafricana, Kenya, Darfur, Libia, Costa d'Avorio, Mali, Repubblica Democratica del Congo e Georgia.
La Corte ha una competenza complementare rispetto ai singoli Stati, e dunque la sua azione non può sostituirsi a quella dei competenti organi giurisdizionali nazionali.
Venendo al merito del provvedimento in esame, ricordo che l'articolo 123, paragrafo 1, dello Statuto di Roma prevede espressamente la possibilità di approvare, tramite una conferenza, eventuali proposte emendative al testo istitutivo.
La prima conferenza di revisione dello Statuto, svoltasi a Kampala, in Uganda, dal 31 maggio all'11 giugno 2010, si è conclusa con l'approvazione di specifici emendamenti, un gruppo dei quali, adottati l'11 giugno 2010, costituiscono l'oggetto di questo provvedimento di ratifica.
Gli emendamenti sono organizzati in sette punti. Il primo punto prevede la soppressione dell'articolo 5, paragrafo 2, dello Statuto della Corte, relativo all'esercizio del potere giurisdizionale della Corte sul crimine di aggressione una volta adottata la disposizione che definirà tale crimine. La soppressione deriva dal fatto che il contenuto della norma risulta ormai obsolescente in ragione delle novità normative introdotte.
Il secondo punto introduce infatti ex novo nello Statuto della Corte penale internazionale l'articolo 8-bis, che, al paragrafo 1, definisce espressamente il crimine di aggressione quale «pianificazione, preparazione, avvio o esecuzione di un atto di aggressione che, per la sua natura, la sua gravità o la sua magnitudine, costituisce una violazione manifesta della Carta delle Nazioni Unite».
Il testo chiarisce che di tale crimine possono rendersi responsabili gli individui che si trovino in una posizione tale da controllare o dirigere effettivamente l'azione politica o militare di uno Stato. Ricadono sotto la definizione di aggressione fattispecie come l'invasione o qualunque occupazione militare, il bombardamento, il blocco dei porti, l'attacco contro le Forze armate di uno Stato, l'invio di bande, gruppi o forze irregolari o mercenari armati: tutte circostanze che appaiono drammaticamente attuali rispetto a quanto avviene in questa fase della storia internazionale.
L'articolo 8-bis, al paragrafo 2, offre altresì una definizione dell'atto di aggressione - coincidente con quella adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 3314 del 1974 - dovendosi intendere con esso «l'uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di un altro Stato, o in un altro modo incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite».
I punti emendativi terzo e quarto introducono - anche in questo caso ex novo - nello Statuto della Corte penale internazionale gli articoli 15-bis e 15-ter, relativi alle condizioni per l'esercizio della
giurisdizione sul crimine di aggressione da parte della Corte penale internazionale.
L'articolo 15-bis, in particolare, definisce le condizioni per l'esercizio del potere giurisdizionale in relazione al crimine di aggressione a seguito di segnalazione alla Corte penale internazionale da parte di uno Stato o nel caso in cui il Procuratore avvii le indagini di propria iniziativa.
I paragrafi da 2 a 5 del medesimo articolo contengono una serie di restrizioni all'esercizio del potere giurisdizionale da parte della Corte, fra cui il fatto che i crimini su cui questo potere si esercita siano commessi almeno un anno dopo la ratifica da parte di almeno trenta Stati e comunque dopo il 1° gennaio 2017, e che siano stati perpetrati all'interno di uno Stato parte o da un cittadino di uno Stato parte.
L'articolo 15-ter prevede che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite possa segnalare alla Corte penale internazionale una situazione presumibilmente caratterizzata dalla perpetrazione di un crimine di aggressione; in tal caso non ha rilevanza il fatto che lo Stato interessato sia parte o meno dello Statuto di Roma.
Da ultimi i punti 5, 6 e 7 dell'Allegato modificano gli articoli 9, 20 e 25 dello Statuto di Roma, in relazione agli elementi dei crimini, al principio ne bis in idem - in forza del quale un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione se si è già formato il giudicato - e infine alla responsabilità penale individuale, per impedire che soggetti non in grado di esercitare effettivamente il controllo dell'azione politica di uno Stato siano chiamati a rispondere di istigazione o complicità per tale fattispecie.
Il progetto di legge di ratifica, approvato dall'altro ramo del Parlamento l'8 gennaio 2020, consta di tre articoli; dall'attuazione del provvedimento non derivano oneri economici.
In conclusione: come ho accennato, ventidue anni fa, nel luglio del 1998, veniva firmato proprio a Roma lo Statuto che istituiva la Corte penale internazionale: mentre il testo fu rapidamente ratificato dal nostro Paese con la legge n. 232 del 1999, così non è stato, purtroppo, per gli emendamenti modificativi, che sono stati approvati nell'ormai lontano 2010.
Su questo provvedimento si è svolto un breve ciclo istruttorio finalizzato, in particolare, ad acquisire ulteriori elementi di valutazione circa la definizione internazionalistica del crimine e dell'atto di aggressione.
Gli emendamenti introdotti nel 2010 forniranno alla Corte penale strumenti importanti per intervenire laddove si commettono gravi crimini contro l'umanità.
La ratifica da parte del nostro Paese costituisce quindi un inequivocabile segnale di attenzione al valore del multilateralismo, anche sul piano giuridico, e più in generale alla messa in opera di strumenti giuridico-internazionali efficaci per perseguire crimini particolarmente efferati.