A.C. 2207
Grazie, Presidente, Governo. Secondo l'indagine sulla violenza contro le donne condotta dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, nell'Unione europea una donna su due dichiara di aver subìto una qualche forma di molestia sessuale almeno una volta dall'età di 15 anni. Su tutti i casi di molestie sessuali, nel 32 per cento dei casi segnalati il molestatore è collegato al luogo di lavoro della donna; spesso si tratta di un collega, di un capo, di un cliente. Purtroppo sappiamo anche che l'80,9 per cento delle donne che subiscono molestie sul lavoro non denunciano, ed è un aspetto legato a questioni di vulnerabilità della vittima, non solo per una questione di genere, ma anche e soprattutto per via dello squilibrio di potere che si verifica troppo spesso sul luogo di lavoro.
Come hanno spiegato Francesca Bettio ed Elisa Ticci, nello studio sui dati raccolti dalla European Union Agency for Fundamental Rights, dell'Unione europea, se maggiori livelli di istruzione e di emancipazione economica corrispondono a una più alta probabilità per le donne di uscire da situazioni di violenza domestica, allo stesso tempo queste coincidono con una maggiore esposizione a molestie e ricatti sul posto di lavoro, specialmente se nei posti di lavoro ancora permangono profonde iniquità, a partire, per esempio, dal tema della retribuzione, non solo, ma anche della distribuzione dei ruoli delle apicalità, come ben sappiamo e come abbiamo più volte denunciato, come gruppo parlamentare, anche in questo Parlamento, in ogni occasione.
Nel nostro Paese, è il 9 per cento delle donne ad aver subito molestie fisiche o ricatti sessuali mentre stava lavorando, un numero impressionante: si tratta di 1.404.000 in tutto, 425 mila solo nei tre anni precedenti le interviste condotte nel biennio 2015-2016 dall'Istat, che nel 2018 ha diffuso i risultati della prima indagine nazionale sul tema; e, più nello specifico, sono 1.173.000 le donne che hanno dichiarato di essere state ricattate sessualmente nel corso della propria carriera per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni; 167 mila a subire i ricatti di questo tipo nei tre anni precedenti l'indagine. Al momento dell'assunzione sono state colpite più frequentemente le impiegate, 37,6 per cento e le lavoratrici nel settore del commercio e dei servizi, 30,4 per cento. Non tutti gli ambienti di lavoro sono uguali; ce ne sono alcuni di più tossici, quelli a prevalente presenza maschile, ad esempio, dove è più difficile per una donna fare carriera o quelli fortemente schiacciati sui ruoli tradizionali. Non è un caso se nell'indagine dell'Istat la quota maggiore delle vittime lavorava o cercava lavoro nel settore delle attività scientifiche e tecniche o in quello del lavoro domestico.
Nel 2017 la campagna #MeToo, partita dalle attrici del cinema di Hollywood che hanno fatto nomi e cognomi di personaggi inclini a utilizzare e molestie e ricatti sessuali nei processi di selezione e carriera e sconfinata oltre Oceano fino a coinvolgere le studentesse delle università europee, ha contribuito a portare all'attenzione del mainstream un meccanismo molto esteso e fino ad allora nascosto e molto capillare. In Italia, un gruppo di ricercatrici ha monitorato più di due milioni di tweet per arrivare ad una definizione condivisa di molestia sessuale sul lavoro e di individuarne i costi in termini di danni economici per le lavoratrici e per le organizzazioni, ma io voglio dire anche per tutta la società perché, come sappiamo bene, le disparità che riguardano anche il mondo del lavoro, ma anche i diritti delle donne, poi affliggono tutta la società sotto ogni profilo, e non solo quello economico evidentemente, perché una società dove le donne non hanno il giusto riconoscimento è una società semplicemente che progredisce meno, a partire dai valori. Da questo lavoro, dicevo, di analisi delle ricercatrici italiane è nata una pubblicazione appena diffusa dalla Foundation for European Progressive Studies, che mette in luce come i movimenti dal basso possano contribuire concretamente alla trasformazione sociale. Noi naturalmente, come Partito Democratico, ci crediamo molto.
Anche nelle università le donne avanzano a fatica e, così come nei Parlamenti, sono tante alla base e poche ai vertici delle carriere. Studi recenti, come quello realizzato dal The National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine e presentato a Washington nel 2018 o le indagini dell'Unione interparlamentare hanno spiegato come questo sia dovuto soprattutto all'inquinamento culturale della politica e della scienza, che porta anche le più ambiziose ad ammalarsi e rinunciare alla carriera dopo anni di pressioni basate sul sesso. Questo studio ha sollecitato istituti di ricerca e università considerare le molestie sessuali in accademia alla stregua del plagio e della falsificazione dei dati; consideriamo questo naturalmente una conquista. Il mercato continua ad essere fortemente sessista ed omofobico e, nonostante la discriminazione in materia di occupazione sulla base dell'orientamento e l'identità sessuale come di altre diversità sia vietata da diverse direttive europee, le donne e le persone LGBT si trovano, di fatto, ad affrontare discriminazioni nei processi di reclutamento e nell'occupazione, come da tempo mostrano i dati di Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, e come di recente ha confermato la prima Convenzione internazionale per il contrasto alle molestie sul lavoro.
Finalmente, finalmente come ricordava la collega e relatrice Boldrini, il 21 giugno scorso, nel centenario della creazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro, è stata adottata la Convenzione sull'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro, che costituisce il primo strumento internazionale che introduce norme in materia di violenza e molestie legate al lavoro, e questo per noi è uno strumento indispensabile per tutelare il diritto di tutti e tutte ad un luogo di lavoro libero dalla violenza e dalle molestie.
Una volta adottata, questa decisione sarà di ausilio agli Stati membri, per definire misure contro la violenza e le molestie sui luoghi di lavoro. Perché la violenza nei confronti delle donne sul luogo di lavoro riguarda tutte, ma soprattutto tutti noi, le intere nazioni. Certamente le vittime sono coloro che soffrono maggiormente, ma anche i loro colleghi e le loro équipe lavorative subiscono conseguenze. La Convenzione internazionale è la soluzione giuridica, che fa in modo che uomini e donne non subiscano violenze e molestie sul luogo di lavoro. Ratificare questa Convenzione significa fare semplicemente la nostra parte, al fine di ottenere un cambiamento reale per la parità di genere, ma, vogliamo dire, per la società tutta.
La ratifica della Convenzione, dunque, è un passo fondamentale, perché riconosce che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono costituire una violazione e un abuso dei diritti umani. È una minaccia per le pari opportunità, è inaccettabile, è incompatibile con il lavoro dignitoso. Il Trattato internazionale definisce violenza e molestie come un insieme di comportamenti, pratiche e minacce, che mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali, economici.
Con la ratifica di questo provvedimento dell'OIL, si ottiene un concreto risultato, in termini di attenzione nei confronti degli atti di violenza e aggressione sui luoghi di lavoro, negli uffici, nelle fabbriche, nei campi, nelle strutture sanitarie, nelle strade per i venditori ambulanti, la casa nel caso delle lavoratrici domestiche, ma anche nel tragitto casa-lavoro, quando si viaggia per motivi di lavoro o, ancora, quando si seguono dei corsi di formazione in luoghi diversi dai locali in cui viene svolta l'attività lavorativa.
Il modo più efficace, per eliminare violenze e molestie nel mondo del lavoro, è prevenendole. La Convenzione impone per questo l'obbligo agli Stati di esigere dai datori di lavoro che prendano misure, volte a prevenire l'insorgere di comportamenti e pratiche inaccettabili. Tali misure comprendono anche l'adozione di politiche per un ambiente di lavoro esente da violenze e molestie e la valutazione di eventuali rischi di violenze e molestie e la conduzione di attività di informazione e di formazione, per gli impiegati e tutte le persone interessate.
La Convenzione riconosce inoltre che, sebbene tutti i datori abbiano il dovere di assicurare un ambiente di lavoro esente da violenza e molestie, la natura e l'estensione delle misure prese a tal fine dipendono dalle possibilità e dai mezzi che si hanno a disposizione. Ma, quando la violenza e le molestie si manifestano, la Convenzione contempla procedure di controllo e di esecuzione della legge, misure di ricorso, così come attività di informazione, formazione e sensibilizzazione in questo campo.
Senza rispetto, non c'è dignità sul lavoro e, senza dignità, non c'è giustizia sociale. Questa è la prima volta che viene adottata una Convenzione e una raccomandazione sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro. Ora abbiamo una definizione concordata, unanimemente concordata, di violenza e molestie. Sappiamo qual è la strada da seguire e le azioni da intraprendere per prevenire e contrastare il fenomeno. Speriamo che questi nuovi strumenti normativi ci portino verso un futuro del lavoro, come quello che immaginiamo, come quello che vogliamo.
La nuova norma internazionale del lavoro mira a proteggere i lavoratori, indipendentemente dal loro status contrattuale, e include anche, come ricordava sempre Boldrini, le persone in formazione, tirocinio, apprendistato, lavoratori ai quali è stato terminato il rapporto di lavoro, volontari, persone in cerca di lavoro e candidati al lavoro. Perché sappiamo molto spesso che le violenze e le molestie avvengono anche nel momento del reclutamento. Riconosce che le persone, che esercitano autorità, doveri e responsabilità proprie di un datore di lavoro, possono essere - mi avvio alla conclusione, Presidente - anch'esse soggette a violenze e a molestie.
La Convenzione riconosce che la violenza e le molestie sul lavoro possono rappresentare una violazione e un abuso dei diritti umani, una minaccia alle pari opportunità. Perciò, è una questione che riguarda i diritti umani, così come la salute, l'istruzione, le problematiche legali e socio-economiche.
Ci sono anche, naturalmente, interessi di carattere imprenditoriale, per l'eliminazione della violenza contro donne e uomini. I costi, infatti, che la violenza comporta per le imprese, includono assenteismo, aumento del ricambio del personale, prestazioni lavorative e produttività inferiore. Per i lavoratori può comportare stress elevato, naturalmente, disabilità e persino la morte. Perciò le potenziali conseguenze sulla salute, sul benessere e sui sistemi di sicurezza sociale, possono essere evitate attraverso la promozione di una gestione integrata di politiche di sicurezza sul lavoro. Il nostro obiettivo, infatti, deve essere quello di un'occupazione piena e produttiva, di un lavoro dignitoso per tutte le donne, le donne e gli uomini, in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana