Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 8 Gennaio, 2025
Nome: 
Arturo Scotto

A.C. 1916-A

Signor Presidente, io credo che dobbiamo tutti sottolineare con grande forza e credo anche con grande unità la portata di questo accordo perché stabilisce un principio e anche un precedente importante. Chi in questo Paese ha lavorato per anni - ha contribuito, per esempio, in settori importanti come l'agricoltura, l'edilizia, il settore metalmeccanico e non solo - e dopo torna in patria, dopo anni di duro lavoro, deve avere la possibilità di vedere riconosciuti fino all'ultimo centesimo i contributi e i diritti acquisiti, come se fosse un cittadino nato in Italia. Questo accordo parte da questo principio ed è un accordo, veniva sottolineato da molti colleghi che mi hanno preceduto, che scaturisce non soltanto dall'abilità e dalla forza della nostra diplomazia, da Governi che si sono succeduti e da parlamentari che si sono impegnati - dopo proverò brevemente a costruire una cronologia dei fatti - ma anche, e soprattutto, dall'iniziativa di attivisti della comunità albanese che hanno posto all'attenzione dei Governi e del Parlamento la centralità del diritto alla pensione di migliaia e migliaia di cittadini albanesi. Lo dico perché qualche anno fa, con un altro Governo, una petizione lanciata dalla comunità albanese e dall'attivista Geri Ballo raccolse migliaia di firme e portò all'attenzione dell'allora Ministro agli Affari europei Amendola e del Ministro al Lavoro e alle politiche sociali Orlando la questione fondamentale di attivare rapidamente un'iniziativa per costruire un accordo. Fu poi l'iniziativa del Parlamento, del senatore Nannicini, a favorire attraverso un emendamento alla legge di bilancio del 2021 un investimento economico. Allora non tutti votarono a favore di quell'emendamento che passò, e non si tratta dei banchi dell'opposizione, e che metteva le risorse per poter costruire e applicare questo accordo. Questo accordo fu siglato, poi, attraverso un negoziato bilaterale il 25 e 26 luglio del 2022 a Tirana con una delegazione guidata, a nome del Ministro Orlando, dal senatore Nannicini e con responsabili dell'INPS, del Ministero del Lavoro e degli Affari esteri. Abbiamo chiesto in questa legislatura che si accelerassero la ratifica e la firma del Governo, anche attraverso un'interrogazione presentata dal PD il 14 febbraio del 2023. Purtroppo, siamo arrivati anche un po' tardi perché la ratifica e la firma da parte dei Ministri degli Esteri è arrivata nel febbraio del 2024. Dunque, ci troviamo di fronte a una scelta che probabilmente poteva essere accelerata perché stiamo parlando di lavoratori e lavoratrici in carne ed ossa. E vorrei ricordare che questa misura che riguarda innanzitutto la condizione previdenziale, ma riguarda anche la malattia, la disoccupazione e la maternità ha un elemento di reciprocità. Perché se è vero che, nel corso degli ultimi trent'anni, sono state decine di migliaia i lavoratori che dall'Albania venivano qui, si contano oggi circa 600.000 lavoratori, di cui 200.000 hanno anche la cittadinanza italiana. La reciprocità sta nel fatto che ci sono tanti lavoratori e tante lavoratrici italiani che oggi lavorano in Albania, contribuiscono alla ricchezza di quel Paese e che giustamente vogliono avere le coperture previdenziali e sociali di cui hanno diritto. Dunque, oggi andiamo a approvare questa ratifica. Questo non cambia, lo voglio dire, il giudizio che noi abbiamo espresso - lo abbiamo fatto con diverse visite in Albania in questi ultimi mesi, con diversi atti di sindacato ispettivo - con una linea politica sempre coerente che ha portato a dire che l'Accordo Italia-Albania era uno spreco sull'immigrazione, oltre che una terribile ingiustizia. E continueremo a denunciarlo e non vorremmo che questo accordo, costruito nel tempo, con un'iniziativa che ha visto protagonista anche l'attuale opposizione, sia stato siglato così tardivamente perché evidentemente si voleva far passare quell'altra operazione, che noi continuiamo a considerare molto grave e anche una forma di calcolo cinico da parte del Governo nei confronti di un problema gigantesco come il tema dell'immigrazione che non può essere trattato come una vicenda da ordine pubblico.