A.C. 3634
Signora Presidente, membri del Governo, ci sono voluti più di trent'anni dalla presentazione del primo progetto di legge ed una serie di sigle e di acronimi buoni solo per far litigare i politici per arrivare oggi, in quest'Aula parlamentare, ed approvare una legge di civiltà. Li hanno chiamati in molti modi, ma non hanno mai detto la cosa più importante: avere un progetto di vita comune e perseguirlo non può e non deve essere un fatto che rimanda ad alcuna questione di libertà di coscienza, riguarda invece il grado di civiltà di un Paese, riguarda il senso di una comunità che riconosce a tutti e dà a ciascuno il diritto di costruirsi una famiglia e di partecipare giorno dopo giorno al progresso della propria nazione. Da oggi possiamo cominciare a dire con orgoglio che non c’è più una parte della nostra comunità abbandonata a sé stessa, abbandonata all'oblio. È proprio questo il punto, le unioni civili non sono un tema etico, non ci interrogano sulla nostra coscienza, sulle convinzioni religiose e culturali, ma hanno a che fare invece con l'estensione dei diritti a tutti i cittadini, a prescindere dall'orientamento sessuale. La legge sulle unioni civili ha a che fare con la rimozione di una grande discriminazione, è la legge che non permetterà più l'esistenza di distinzioni tra famiglie di serie «a» e famiglie di serie «b». Oggi iniziamo un percorso che punta ad annullare ogni tipo di discriminazione, è proprio questo il punto politico del disegno di Legge Cirinnà, mettere la parola fine a diritti negati, e voglio qui, a nome mio e del gruppo che rappresento, abbracciare Monica, ringraziandola per il suo impegno di testimonianza civile che è andato ben oltre il mandato parlamentare e ricordare anche l'impegno di un amico e di un sottosegretario, che si chiama Ivan Scalfarotto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che ha lavorato sin dall'inizio con grande passione al buon equilibrio di questo testo, mediando tra mondi che sembrava impossibile far dialogare. È questo stesso motivo il punto che ha fatto la differenza sostanziale nel goal che oggi facciamo sulle unioni civili e che non è stato invece fatto con i Dico, i Pacs, i Cis, i Didorè, tutte sigle purtroppo mai diventate legge, dibattiti infiniti basati su una qualche presunta superiorità morale di una categoria su un'altra, che ho ascoltato, ahimè, anche oggi negli interventi di alcuni colleghi della Lega e di Fratelli d'Italia, mentre si trattava semplicemente di estendere dei diritti che sono stati negati a milioni di italiani in questi anni. Ragazze e ragazzi che sono cresciuti sentendosi diversi e che hanno spesso scelto la via dell'estero per cercare e trovare quei diritti che nel loro Paese erano negati, una sorta di generazione Erasmus per necessità d'amore, la voglio chiamare così. La loro scelta di vita li ha spinti fuori dai nostri confini e noi in questi anni abbiamo perso talenti, creatività, futuro insieme a loro. Adesso li stiamo richiamando in Italia e gli stiamo dicendo che da oggi l'Italia è un Paese migliore, è un Paese più giusto. Oggi stiamo restituendo quelle famiglie a quei genitori che hanno visto i figli andarsene via la possibilità di tornare in un Paese che finalmente potrà dirsi civile. È a loro che dedichiamo il voto di fiducia di oggi, a chi, per troppo tempo, si è visto sottrarre il diritto a una vita dignitosa in coppia, a coloro che hanno dovuto cambiare Paese per realizzare quello che per ciascuno di noi è intimamente una priorità: la sicurezza delle nostre fragili esistenze. La famiglia, qualunque essa sia, è a suo modo felice o diversamente infelice, parafrasando il bellissimo incipit di Anna Karenina di Tolstoj, ma comunque è un luogo dell'anima oltre che l'impalcatura della nostra società. Il passaggio del voto sulle unioni civili si presenta come storico, lo dico ai colleghi di Sinistra Italiana, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista politico. È la più grande riforma del diritto di famiglia dagli anni Settanta ad oggi. Tecnicamente stiamo colmando un vuoto che ci è stato segnalato con ben due sentenze della Corte costituzionale, nel 2010 e nel 2014, e con un monito della Corte europea dei diritti dell'uomo. Certo, non potevamo imbrigliare oltre la legge sulle unioni civili, in un rimpallo estenuante di sedute parlamentari, sfiancate da migliaia di emendamenti inutili e offensivi per l'intelligenza delle persone – colleghi, gli interventi di alcuni in Senato hanno toccato livelli di bassezza inarrivabili – e osteggiata da continui voltafaccia che hanno reso impossibile un percorso normale. Ci abbiamo provato, non è andata bene, non per colpa nostra però. C'era stato detto dal MoVimento 5 Stelle che potevamo portare a casa la legge già in Senato, ma alla fine hanno voltato le spalle non a noi – e per noi non sarebbe neppure una novità, ci siamo abituati – ma chi è là fuori e ha dovuto aspettare, ancora una volta, che fosse la volta buona ed è storico che, dal punto di vista politico, si scelga di porre la questione di fiducia sul disegno di legge Cirinnà.
Questo Governo è orgoglioso di mettere questa legge tra le sue priorità. Fare le riforme per cambiare l'Italia significa agire sul progresso civile e culturale di un Paese, non significa solamente far quadrare i conti e i bilanci e farlo crescere economicamente. Ha ragione il Presidente Renzi quando dice che questa è una legge che vale una legislatura intera. Io dico che questa è una legge che vale l'impegno politico di una vita e lo dico con la commozione e con l'emozione che mi porto dentro da questa mattina. E se tutti questi anni e queste sigle vi sembrano pochi per rimediare a questo vulnus, allora forse non abbiamo la stessa concezione dei diritti che sono sanciti nella nostra Carta costituzionale o quanto meno del trascorrere del tempo. Questo perché la Costituzione recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, impegnando tutti noi alla rimozione delle discriminazioni, e perché il tempo ci dice che dobbiamo dare seguito ai cambiamenti della società, possibilmente interpretandoli, non inseguendoli continuamente.
Per fortuna, dopo decenni oggi stiamo rimediando. Per questo, mi domando come si possa ancora oggi che a distanza di ben 27 anni dalla Danimarca e tra gli ultimi in Europa, colmiamo un vuoto di diritto per alcuni cittadini, ascoltare frasi aberranti, come quelle pronunciate da due candidati sindaci alla nostra Capitale d'Italia. Meloni e Marchini hanno entrambi detto che, da primi cittadini, non applicherebbero la legge dello Stato unendo coppie gay, come dire che, se fossero eletti sindaci, si renderebbero colpevoli di togliere un diritto ad alcuni cittadini. È gravissimo che candidati a sindaco annuncino che non rispetteranno una legge dello Stato, ma noi siamo certi che i romani sono molto più avanti dei loro candidati sindaci e li bocceranno nelle urne.
Per questo, mi domando quale possa essere la motivazione nel voler rimandare ancora una volta una legge che rende giustizia doverosa a milioni di persone. Sanno che stanno votando contro le sentenze della Corte di giustizia europea e della nostra Corte costituzionale, ma soprattutto sanno che stanno respingendo le istanze di quanti aspettano e combattono da troppo per vedersi riconosciuti i diritti sacrosanti: una casa da condividere, un progetto di vita, assistenza nella buona e nella cattiva sorte (lo dico sottovoce, per rispetto di queste persone). Oggi più che mai vedremo in quest'Aula quanti si schierano a favore di un'Italia che, con coraggio e determinazione, sta affrontando nodi irrisolti da anni e quanti continuano invece a resistere al cambiamento e al riformismo, volendo respingere il nostro Paese nel secolo scorso. È un derby che preferiremmo non giocare, soprattutto perché riguarda la vita delle persone. Ci abbiamo provato in prima lettura al Senato, cercando la più ampia convergenza politica, lavorandoci insieme, fidandoci, e poi, all'ultimo, essendo traditi nella fiducia, non noi ancora una volta, ma le persone qua fuori, nelle piazze, nelle strade, nelle loro famiglie all'estero, a guardare l'ennesimo telegiornale, in TV, che diceva che, anche per questa volta, in Italia non si portava a casa la legge sulle unioni civili.
Ed ecco spiegate le ragioni del voto di fiducia: un gesto politico, che vuole mettere al centro dell'azione riformista del Governo i diritti delle persone, la vita delle persone, sottraendole ai trabocchetti dei voti segreti ed all'ennesimo rinvio. È una scelta importante, impegnativa per questa maggioranza, che ha saputo trovare una mediazione alta e che dice «sì» alle istanze di una comunità che la politica e le istituzioni hanno dimenticato per troppo tempo. C’è chi continua a dire «no», andando contro la storia per farci stare in un eterno passato, c’è chi dice «no» al futuro. Noi invece siamo quelli del «sì», del voltare pagina e dell'andare avanti, siamo quelli che stanno facendo entrare, ancora una volta, in quest'Aula il profumo dell'uguaglianza e della libertà. È per questo che annuncio il «sì» convinto e orgoglioso del gruppo del Partito Democratico.