Relatore
Data: 
Mercoledì, 5 Agosto, 2020
Nome: 
Alfredo Bazoli

Doc. IV, n. 6-A

La giunta per le autorizzazioni riferisce sulla domanda di autorizzazione all'utilizzazione di conversazioni e comunicazioni telefoniche e ambientali nei confronti di Antonio Marotta, deputato all'epoca dei fatti. La domanda è pervenuta il 15 gennaio 2020 dalla sezione dei giudici per le indagini preliminari del tribunale di Roma e riguarda l'utilizzo di un tabulato di otto intercettazioni ambientali e telefoniche, nell'ambito di un procedimento nei confronti di Antonio Marotta, in concorso con Raffaele Pizza e Luigi Esposito, per il reato di cui all'articolo 346-bis del codice penale (Traffico di influenze illecite) commesso il 3 marzo 2015; in concorso con il solo Luigi Esposito, per il delitto previsto dall'articolo 7, commi 2 e 3, della legge 2 maggio 1974, n. 195, in tema di finanziamento illecito dei partiti politici, nella medesima data. E poi si procede anche, in continuazione ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, nei confronti di Antonio Marotta e Raffaele Pizza, per il delitto previsto dall'articolo 648 del codice penale (Ricettazione), commesso il 29 luglio 2015. In dettaglio si tratta di: un tabulato dell'utenza telefonica in uso a Luigi Esposito per il giorno 3 marzo 2015, la cui acquisizione era stata autorizzata con decreto del 5 marzo 2015; cinque intercettazioni ambientali effettuate nello studio in uso a Raffaele Pizza in via in Lucina 17, delle quali due captate il 3 marzo 2015, una il 21 maggio 2015, una il 2 luglio 2015 e una il 29 luglio 2015. La richiesta, come ricordato, è pervenuta il 15 gennaio 2020. Su questa richiesta è stata fatta una istruttoria nel corso dell'esame in Giunta, che ha comportato anche l'acquisizione di ulteriore documentazione. Poi, per effetto anche della dell'emergenza sanitaria, le operazioni di scrutinio si sono interrotte, è stato differito l'esame anche in Giunta e quindi l'esame della richiesta è ripreso nella seduta del 20 maggio 2020.

La prima questione che è stata sottoposta all'esame della Giunta riguarda il fatto che la richiesta in titolo è stata avanzata non già dal giudice per le indagini preliminari, ma dal giudice per l'udienza preliminare: è stata, questa, una questione che è stata messa in evidenza anche dalla difesa dell'onorevole Marotta.

Peraltro, nell'ordinanza con cui ha richiesto l'autorizzazione, il giudice ha motivato ampiamente le ragioni per cui ha ritenuto di disattendere l'eccezione formulata dalla difesa, con motivazioni che appaiono condivisibili e conformi ai precedenti della Giunta che, pertanto, ha proseguito l'esame nel merito della vicenda in questione, che riguarda, come sempre quando si tratta di vicende che riguardano l'autorizzazione di intercettazioni, una valutazione sulla casualità oppure sul fatto che si tratti di intercettazioni indirette, cioè intercettazioni che appaiono casuali, ma che, in realtà, sono surrettiziamente destinate a captare le conversazioni di un parlamentare in assenza della debita autorizzazione.

Allora, occorre, ovviamente, individuare il momento in cui l'onorevole Marotta fa ingresso nelle attività di indagine, che vertevano, in particolare, sull'assegnazione di appalti pubblici da parte della società Consip, diventandone bersaglio diretto, al fine di stabilire, appunto, se le attività di captazione fossero surrettiziamente indirizzate nei suoi confronti, pur essendo formalmente rivolte anche ad altri indagati e, quindi, si trattasse di intercettazioni cosiddette indirette e, quindi, non effettuabili in assenza della debita autorizzazione della Camera dei deputati.

Come è noto, tra i parametri più volte enunciati dalla Corte costituzionale, in particolare nella sentenza n. 114 del 2010, per affermare o escludere la casualità dell'intercettazione, vi sono una serie di criteri e di parametri, tra cui la natura dei rapporti intercorrenti tra il parlamentare e il terzo sottoposto a intercettazione, il tipo di attività criminosa oggetto d'indagine, il numero delle conversazioni intercorse tra il terzo e il parlamentare, l'arco di tempo entro il quale la captazione è avvenuta, anche rispetto a eventuali proroghe delle autorizzazioni e al momento in cui sono sorti indizi a carico del parlamentare.

Ed è proprio su questo ultimo aspetto - cioè, sul momento in cui sono sorti indizi a carico del collega, ex collega, onorevole Marotta - che occorre concentrare l'attenzione, perché è vero che, all'interno del fascicolo, il primo atto in cui compare Marotta identificato come parlamentare della Repubblica è una relazione di servizio della polizia giudiziaria del 27 giugno 2014, con relativi allegati, da cui emerge che, in occasione di attività investigative nei confronti di Raffaele Pizza, il quale era in compagnia, tra gli altri, esattamente di Antonio Marotta, quest'ultimo era già stato identificato quale parlamentare della Repubblica, quindi già nove mesi prima della prima delle intercettazioni di cui si chiede l'utilizzo processuale.

Peraltro, di questa circostanza, lo stesso giudice dell'udienza preliminare aveva dato atto: infatti, nella richiesta formulata dal giudice, si fa presente che, fino alla data dell'intercettazione di cui si chiede l'utilizzo, cioè tra marzo e luglio del 2015, “non erano per nulla emersi dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali elementi sintomatici di una partecipazione dell'onorevole Marotta alle prospettate attività illecite. Soprattutto” - dice il giudice - “sino ad allora la frequentazione da parte dell'onorevole Marotta dello studio di via in Lucina in uso al solo Pizza non era risultata assidua né, comunque, motivata dalla partecipazione ad attività (presuntivamente) illecite che vedevano coinvolto il Pizza”.

La prima intercettazione in cui il giudice chiede l'utilizzo processuale è un'intercettazione ambientale nello studio di Pizza autorizzata con decreto del 17 dicembre 2014 ed effettuata il 3 marzo del 2015. L'iscrizione di Marotta nel registro degli indagati avviene nove giorni dopo, il 12 marzo del 2015. A tale riguardo il giudice ritiene tuttavia, nonostante questi elementi, che - così dice il giudice - “deve ritenersi che anche le successive intercettazioni oggetto della richiesta del pubblico ministero siano riconducibili alla categoria delle intercettazioni casuali e fortuite”, unitamente a quelle del 3 marzo 2015, perché - dice il giudice - “l'attività investigativa in corso riguardava un'indagine molto più risalente e più vasta rispetto al momento in cui vi ha fatto ingresso l'onorevole Marotta. Le intercettazioni erano in corso da tempo: l'oggetto delle investigazioni era assai vasto e, quindi, non limitato alla vicenda dell'imprenditore Esposito, che costituisce, anzi, solo uno degli innumerevoli episodi oggetto di investigazioni”.

In base ai documenti agli atti, fino alla data delle prime captazioni di cui si chiede l'utilizzo, cioè il 3 marzo del 2015, il Marotta appare entrare solo occasionalmente e marginalmente nel raggio dell'indagine, peraltro molto più vasta, tanto più se tale valutazione è condotta alla data in cui sono state autorizzate le intercettazioni ambientali nello studio del Pizza e, cioè, il 17 dicembre del 2014.

A quell'epoca, difficilmente si può considerare Marotta come bersaglio di atti investigativi; viceversa, per le intercettazioni successive al 3 marzo 2015, matura un'opinione diversa, tanto più alla luce della formale iscrizione di Marotta nel registro degli indagati che lo qualifica, a quel punto, come destinatario diretto delle indagini.

È emerso, durante il dibattito in Giunta, ed è vero, che il dato formale dell'iscrizione nel registro degli indagati non vale di per se stesso a fissare in astratto il momento in cui un soggetto diventa bersaglio diretto di indagini, essendo, piuttosto, necessario uno scrupoloso vaglio in concreto degli atti compiuti all'interno del perimetro delle indagini.

Abbiamo, peraltro, convenuto anche a maggioranza, in Giunta, che non appaiono convincenti sotto questo profilo le argomentazioni del giudice che - per superare questa obiezione di natura formale, cioè il fatto che l'iscrizione nel registro degli indagati comporti, in qualche modo, una presunzione di direzione degli atti di indagine nei confronti del deputato captato o intercettato - ha sostenuto, con argomentazioni che noi riteniamo non condivisibili, che quando “le intercettazioni valgono a raccogliere elementi prevedibilmente spendibili sull'uno e sull'altro versante” - cioè, sia a carico di un deputato sia a carico di terzi - “si deve ammettere che non si tratta, a rigore, di intercettazioni indirette e che devono perciò essere consentite, non potendosi impedire all'autorità giudiziaria l'utile impiego di uno strumento indispensabile di indagine solo perché uno degli indagati è membro del Parlamento”.

È una argomentazione che noi riteniamo non condivisibile, allo stesso modo come non riteniamo che sia condivisibile un'ulteriore argomentazione utilizzata dal giudice, laddove ha detto che negli altri casi “in cui sussistono concreti e validi elementi che legittimano l'intercettazione nei confronti del terzo non parlamentare e in cui il terzo sia e rimanga il vero bersaglio dell'indagine, la presenza di contatti con il parlamentare, ancorché prevedibili e ripetuti, non può portare alla paralisi dell'attività di captazione”.

Anche questa è un'argomentazione che riteniamo non condivisibile. Piuttosto, la disamina degli atti di indagine, alla luce dei ricordati parametri di valutazione enucleati dalla giurisprudenza costituzionale, porta legittimamente a distinguere una valutazione tra ciò che è avvenuto prima e ciò che è avvenuto dopo il 3 marzo del 2015. Prima di tale data, sebbene la presenza di Marotta identificato come membro del Parlamento sia stata sporadicamente rilevata all'interno di un vasto compendio investigativo nei confronti di altri indagati, non può ritenersi che gli atti di indagine fossero surrettiziamente e primariamente rivolti contro di lui per acquisire, sia pure in via indiretta, eventuali indizi di reità a suo carico, in assenza dell'autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza, con ciò aggirando la previsione normativa della Costituzione.

In altri termini, fino a tale data, le intercettazioni di cui si chiede l'utilizzo possono essere considerate casuali o fortuite. Viceversa, dopo il 3 marzo del 2015, la concentrazione degli atti di indagine, la latitudine dello spazio temporale in cui essi sono stati effettuati, la tipologia dei rapporti, anche di tipo professionale intercorrenti tra il Marotta e i coindagati portano a escludere la natura casuale o fortuita di tali captazioni, in ragione di una disamina in concreto, che deve essere ancora più stringente alla luce dell'iscrizione di Marotta nel registro degli indagati, che era stata effettuata immediatamente a ridosso delle captazioni effettuate in quella data (3 marzo 2015), come se anche per gli inquirenti vi fosse una sorta di spartiacque nella valutazione del ruolo di Marotta all'interno della vicenda oggetto del procedimento giudiziario.

In conclusione, la Giunta ha esaminato la domanda nelle sedute di gennaio, febbraio, aprile, maggio del 2020 e, sulla base delle predette argomentazioni, nella seduta del 27 maggio 2020, la Giunta ha deliberato a maggioranza, come ricordava la Presidente, di proporre all'Assemblea di concedere l'autorizzazione all'uso processuale del tabulato telefonico e delle due intercettazioni ambientali del 3 marzo 2015 e di negare la medesima autorizzazione con riferimento alle tre intercettazioni ambientali del 21 maggio, 2 luglio e 29 luglio 2015 e delle tre intercettazioni telefoniche, tutte del 2 luglio 2015.