Discussione generale
Data: 
Lunedì, 14 Aprile, 2025
Nome: 
Nicola Carè

Doc. XXVI, n. 3

Doc. XVI, n. 4

 

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, autorizzare l'impiego delle Forze armate in missioni internazionali non è mai un atto formale, è una decisione politica, strategica, morale. È una decisione che riguarda l'identità internazionale dell'Italia, la coerenza della nostra politica estera, la responsabilità che abbiamo verso i nostri militari e verso i valori che la nostra Repubblica incarna.

Il Partito Democratico ha sempre sostenuto l'impegno italiano alle missioni internazionali, quando esse sono coerenti con la nostra Costituzione, con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia e con i principi della legalità, del multilateralismo, della promozione della pace. Siamo una forza politica che non si è mai sottratta alla responsabilità di difendere le istituzioni democratiche, anche fuori dai confini nazionali dove è necessario. Proprio per questo, oggi, in piena coerenza con il nostro approccio, esprimiamo profonde perplessità sul complesso delle missioni proposte dal Governo. In primo luogo, una questione di metodo, che attiene direttamente alla qualità del dibattito parlamentare: il principio introdotto con la legge 168 del 2024, l'interoperabilità tra le missioni nella stessa area geografica, si sta traducendo in un processo di accorpamento eccessivo e disordinato delle schede missioni. Questo approccio, che rende meno intellegibili finalità, assetti e risorse dedicate alle singole missioni, finisce per limitare gravemente il ruolo del Parlamento, perché se tutto è messo insieme, nulla può essere valutato davvero nel merito e quando viene meno il merito, viene meno la responsabilità.

Inoltre, anche quest'anno il Governo ha trasmesso con notevole ritardo la documentazione necessaria.

Questo Parlamento non può continuare a ratificare scelte già operative senza un tempo congruo per valutarle, discuterle e, se necessario, modificarle. È una questione istituzionale, prima ancora che politica. Nel merito il nostro giudizio è articolato: sosteniamo con convinzione le missioni che rientrano nel quadro delle alleanze strategiche dell'Italia (come l'impegno nei Balcani, in Libano, in Ucraina, nel Mediterraneo Orientale), missioni dove il nostro Paese contribuisce con credibilità a garantire sicurezza collettiva, stabilità regionale e protezione dei diritti. In questi contesti la presenza italiana è efficace, apprezzata e coerente con il mandato ricevuto dalla comunità internazionale.

Ma non possiamo tacere su alcune scelte che, a nostro avviso, mettono in discussione i principi alla base del nostro coinvolgimento internazionale. Ribadiamo la nostra netta contrarietà al rinnovo della missione bilaterale di supporto alla Guardia costiera libica. Lo diciamo con chiarezza: non è più tollerabile che l'Italia continui a finanziare un apparato che, secondo molteplici inchieste, è coinvolto in sistematica violazione dei diritti umani, in collusione con trafficanti e in pratiche di detenzione inumane. Non possiamo più girarci dall'altra parte.

La lotta all'immigrazione irregolare non può giustificare la rinuncia ai valori fondamentali, non può passare sopra la dignità delle persone. Similmente, non possiamo approvare la missione bilaterale di cooperazione con la Tunisia. Nel Paese assistiamo a un progressivo svuotamento dello stato di diritto, alla repressione delle libertà fondamentali e alla strumentalizzazione politica del fenomeno migratorio.

In questo contesto è doveroso chiedersi se sostenere senza condizione un Governo che persegue queste politiche non significhi indirettamente legittimarle. In Niger, invece, chiediamo trasparenza e garanzia.

Dopo il colpo di stato del luglio del 2023 il quadro istituzionale del Paese è cambiato radicalmente: l'Italia non riconosce la giunta militare oggi al potere ed è giusto così, ma allora è legittimo chiedere con chi stiamo parlando, a chi stiamo fornendo supporto, su quali basi democratiche, e come garantiamo la sicurezza dei nostri militari in un contesto così instabile. Non basta dire: restiamo presenti, bisogna chiarire con quali obiettivi e in quali condizioni.

Un altro grande punto critico è rappresentato dalla cooperazione allo sviluppo. Oggi la cooperazione è la grande assente di questa strategia: i tagli ai fondi sono drammatici, oltre 100 milioni di euro in meno nel triennio. Si parla molto del Piano Mattei, ma nei fatti si stanno svuotando i capitoli ordinari della cooperazione per finanziare operazioni non ancora definite prive di una struttura trasparente e senza un reale coinvolgimento degli attori del settore. Non bastano enunciazioni, servono fatti, progettualità, partecipazione e soprattutto risorse aggiuntive. Manca una regia politica forte, manca un coordinamento reale tra difesa, cooperazione, diplomazia. Manca, soprattutto, un'idea chiara del ruolo che l'Italia vuole giocare nello scenario internazionale, perché la nostra sicurezza non si costruisce solo con la forza, si costruisce con la giustizia, con la cooperazione, con il rispetto dei diritti.

Per questo abbiamo presentato una risoluzione alternativa, una risoluzione che sostiene: le missioni multilaterali, ispirate a legalità, e internazionali; esclude il sostegno alle missioni in Libia e Tunisia; chiede chiarezza e condizioni per la missione in Niger; rafforza il ruolo della cooperazione allo sviluppo; sollecita un vero piano per il Mediterraneo e l'Africa, non fondato su propaganda, ma su progettazione condivisa, risorse adeguate e rispetto dei diritti. Concludo, signor Presidente, esprimendo ancora una volta il nostro pieno sostegno alle donne e agli uomini delle Forze armate italiane, che operano con onore in condizioni difficili, con spirito di servizio e profondo senso della Repubblica.

È proprio per il rispetto nei loro confronti che riteniamo fondamentale che il loro impiego all'estero sia sempre accompagnato da una strategia politica chiara, trasparente e coerente con i principi costituzionali.

Noi vogliamo un'Italia forte, autorevole e rispettata nel mondo, ma vogliamo anche un'Italia giusta, coerente, capace di coniugare sicurezza e diritti, forze e umanità, difesa e cooperazione.

È questo l'equilibrio che cerchiamo. È questo è il messaggio che porteremo in Aula e fuori, con la forza delle idee e la responsabilità della nostra visione.