Discussione generale
Data: 
Venerdì, 23 Giugno, 2023
Nome: 
Fabio Porta

Doc. XXV, n. 1 Doc. XXVI, n. 1 Doc. XVI, n. 1

 

Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, siamo riuniti per discutere sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali per il 2023 in un quadro strategico per il nostro Paese che continua a essere condizionato dall'invasione russa dell'Ucraina, che non ha soltanto riportato un conflitto di natura tradizionale in Europa ma, così facendo, ha anche rimesso al centro dell'attenzione l'impiego fisico dello strumento militare in un conflitto tra Stati, per non parlare di tutte le sue conseguenze più ampie, che sono sotto gli occhi di tutti noi, sullo scacchiere globale.

In un contesto così complesso, così delicato e così volatile, il nostro Governo ribadisce, comunque, le linee guida che hanno ispirato il quadro delle missioni internazionali del nostro Paese negli ultimi anni.

Dobbiamo, però, rilevare - e lo facciamo, ovviamente, in quest'Aula parlamentare - come ci sia stato un notevole ritardo con il quale abbiamo ricevuto quest'anno le deliberazioni del Governo in proposito, un ritardo che, di fatto, ha limitato l'esercizio delle funzioni parlamentari di controllo e di indirizzo politico, in particolare per quanto riguarda le nuove missioni o quelle che vengono sospese prima di questo stesso passaggio parlamentare. Un ritardo che pone le Camere di fronte a uno stato, di fatto, irreversibile, su cui, ovviamente, non è possibile incidere retroattivamente, dato che stiamo parlando di missioni 2023 e siamo già a metà del 2023.

Pertanto, appare sempre più opportuno valutare un intervento di adeguamento della legge quadro sulle missioni, semplificando alcuni procedimenti infragovernativi e soprattutto garantendo la puntualità e la tempestività nella presentazione di tali deliberazioni all'attenzione delle Camere. A tale riguardo, non può non rilevarsi come, in merito a un intervento normativo sulla legge n. 145 del 2016, sia auspicabile una discussione parlamentare largamente condivisa tra tutte le nostre forze politiche.

Tornando alle missioni, la dimensione di riferimento per l'Italia, quella al cui interno insistono, cioè, i prevalenti interessi nazionali, rimane quella del Mediterraneo allargato. Un'area molto vasta, perché, alla fine, composta tanto dall'Europa continentale, compreso il mar Nero e l'area balcanica, quanto dal Medio Oriente, comprensivo di penisola arabica e Golfo Persico, e dall'Africa nella sua fascia settentrionale e subsahariana, che si estende dal Corno d'Africa fino al Golfo di Guinea, passando per il Sahel.

Accanto a questa sostanziale conferma in termini di linee di azioni e aree d'interesse definite oramai da qualche anno, emerge, poi, con chiarezza la sostanziale novità di questo 2023, cioè l'estensione delle aree di crisi all'area indo-pacifica, dove si prevede, anche per il nostro Paese, di mantenere una presenza navale.

Sono attualmente 9 le missioni svolte dall'Italia in ambito NATO, ben 13 quelle in ambito Unione europea e, infine, 8 quelle nel quadro delle Nazioni Unite. A queste, se ne aggiungono altre 2, che si svolgono in quello che potremmo definire un contesto di coalition of the willing, mentre le rimanenti 9, più Gibuti e Golfo Persico - non vere e proprie missioni, ma basi, impegni in prevalenza logistici -, sono esclusivamente nazionali.

Un quadro, dunque, che ricalca i numeri non solo del 2022, ma anche quelli degli ultimi anni, con un forte ancoraggio alle organizzazioni internazionali di riferimento, ma anche alla costante ricerca di una maggiore indipendenza del nostro Paese sulla scena internazionale.

Ovviamente, complice la guerra in Ucraina, le missioni in ambito Alleanza atlantica sono le più esigenti in termini di militari dispiegati e per la precisione, facendo riferimento al numero massimo, oltre 5.447, che equivale a quasi la metà dei nostri militari impiegati all'estero.

In un contesto così complesso e così volatile, appunto, è necessario ribadire che l'impegno italiano deve restare ancorato a un approccio alle crisi il più possibile europeo e nell'asse, ovviamente, dell'Alleanza atlantica, che correli l'intervento di carattere militare a iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento in istruzione e cultura, alla protezione e alla promozione dei diritti delle donne, dei giovani e delle minoranze, e l'impianto della legge n. 145 del 2016, che sovrintende all'intervento di cui oggi stiamo parlando, rispecchia profondamente questa impostazione.

Noi del PD condividiamo, in continuità con quanto abbiamo sempre sostenuto riguardo al sostegno e al rafforzamento del dispositivo NATO nel fronte orientale, gli orientamenti di politica estera di difesa riguardo le missioni già in essere nell'area e, in particolare, ovviamente la nuova importante missione EUMAM Ucraina.

Il 2023 vedrà i militari italiani operare in 43 missioni, con una media di circa 7.500 unità e con l'impiego di un contingente massimo di poco inferiore a 12.000 unità, per un onere finanziario complessivo di 1,31 miliardi. Delle 43 missioni a cui l'Italia partecipa, 4 sono state lanciate o verranno avviate nel corso dell'anno e, di queste, 3 sono avviate dall'Unione europea, cioè EUMAM Ucraina, EUBAM Libya e EUMPM Niger, mentre la quarta è la missione bilaterale di supporto in Burkina Faso.

I numeri finali, dunque, riferiscono di 11.495 unità di personale al massimo e 7.777 unità in media dislocate all'estero. Per quanto riguarda le missioni di natura militare, il fabbisogno finanziario complessivo è pari a 1.421.755.776 euro, in diminuzione di circa 75 milioni di euro rispetto al totale del 2022.

Sono, dunque, le missioni già autorizzate negli anni precedenti e per cui è ora richiesto il voto parlamentare di proroga a definire il totale complessivo della spesa, che, per il secondo anno consecutivo, è di oltre 1,4 miliardi di euro.

Abbiamo già evidenziato, in un'analisi specifica, la crescita dell'impegno strutturale del nostro Paese nel quadrante dell'Europa orientale, in particolare per un maggiore coinvolgimento italiano nelle missioni NATO in funzione di deterrenza antirussa, con un aumento, sia dell'impegno economico, sia di quello operativo. La missione più costosa è il dispositivo aeronavale nazionale nel mar Mediterraneo. Parlo dell'operazione Mare Sicuro, nel cui ambito è inserita la partecipazione italiana alla missione per il 2023 con 25 unità di personale, con un aumento significativo, considerato che lo scorso anno erano, invece, 11. Si prevede, inoltre, l'impiego di 4 mezzi terrestri, per un complessivo fabbisogno finanziario di 10.778.000 euro. Facciamo notare, come ripetutamente emerso negli anni e denunciato da diverse organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite, come siano ormai innumerevoli le prove di torture sistematiche messe in atto dalle autorità a capo dei centri di detenzione, tra cui figura anche la guardia costiera libica.

A quanto detto, si aggiunga che la missione dell'FFM e diversi altri rapporti di organizzazioni internazionali hanno riscontrato da tempo fondati motivi per ritenere che il personale di alto rango della guardia costiera libica sia colluso con trafficanti e contrabbandieri, che sarebbero collegati a gruppi di milizie nel contesto dell'intercettazione e della privazione delle libertà dei migranti, sfociando, purtroppo spesso, in gravi violazioni dei diritti umani contro i migranti stessi.

A tal proposito, ancora una volta sottolineiamo la necessità di promuovere una concreta policy di quella cosiddetta accountability per soggetti che, pur rivestendo ruoli istituzionali, nel fragilissimo quadro politico libico sono stati riconosciuti dalla comunità internazionale colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani. Alla luce di tutto ciò, appare pertanto non più giustificabile la volontà del Governo italiano di rifinanziare, ancora una volta, la missione bilaterale di supporto alla guardia costiera libica, anche incrementando, come già evidenziato, le unità di personale impiegate. Diversamente, avrebbe più senso impegnare maggiori risorse e unità di personale nella missione che riguarda la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Libia, una missione politica speciale integrata che svolge ruoli delicatissimi, tra cui favorire il cessate il fuoco tra le parti, contribuire al contrasto alla proliferazione delle armi, alla promozione dello stato di diritto, alla protezione dei diritti umani e al monitoraggio di abusi e violazioni dei diritti umani, alla quale l'Italia partecipa oggi con una sola unità di personale. Occorre evidenziare come, già dallo scorso anno, il Partito Democratico abbia chiesto un radicale cambiamento di approccio nella gestione di questa missione, inquadrandola in una cornice europea e non più solo bilaterale, anche rispetto alle scelte fatte da altri Paesi. Basti pensare, in tal senso, alla Germania che ha sospeso da tempo le attività di supporto bilaterale alla guardia costiera libica. Alla luce di queste considerazioni, appare evidente come l'attuale configurazione di tale missione non offra alcun contributo efficace al consolidamento delle istituzioni della Libia né, tanto meno, al contrasto del traffico di esseri umani, meno ancora al rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. Chiediamo, quindi, un reale impegno del Governo presso le sedi europee e bilaterali con la Libia finalizzato alla chiusura immediata dei centri di detenzione in Libia, promuovendo forme di assistenza ai migranti e ai rifugiati ivi rinchiusi, attraverso una nuova policy che poggi sul rafforzamento delle procedure di reinsediamento, come previsto dall'Alto Commissariato per i Rifugiati, sul rafforzamento dei corridoi umanitari, sul finanziamento di progetti di inclusione alternativi, come quelli già sperimentati in altri contesti.

Un ultimo riferimento è all'Africa, che riveste un interesse strategico prioritario per la sicurezza dell'Italia che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, deve affrontare il rischio di un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche dell'area. È una situazione che potrebbe ovviamente essere terreno fertile per destabilizzazioni e influenze straniere nel continente, con inevitabili ricadute anche per la sicurezza del bacino del Mediterraneo. Il dato più significativo che riguarda l'analisi dell'impegno militare italiano in questo continente è che, tenendo conto anche dell'avvio di nuove missioni nel 2023, l'Africa rimane l'area con il maggior numero di missioni - 21 in totale - anche se, dal 1° giugno, questo numero è sceso a causa della fine di 3 di queste missioni.

In merito, in particolare, al Sahel occorre evidenziare come tale quadrante appaia quale vero confine meridionale dell'Europa, un'area che rappresenta il fianco Sud prioritario, caratterizzata da dinamiche di sicurezza che riguardano il nostro continente e l'Italia. È una terra di passaggio per l'Africa occidentale costiera nonché una terra potenzialmente ricca, che offre buone opportunità per lo sviluppo proprio e per le stesse imprese italiane. Tuttavia, oggi il Sahel è aggredito da un jihadismo forte, influente, da una presenza in crescita delle milizie russe della Wagner, in un contesto di estrema povertà in cui la Banca mondiale stima che, entro il 2050, 13,5 milioni di persone in più cadranno in povertà nei cinque Paesi del G5 Sahel, cioè Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad.

La presenza italiana in Sahel, nelle varie modalità in cui si realizza, è una chiara scelta di politica estera del nostro Paese, che il Partito Democratico ha sostenuto negli anni di Governo e confermato anche con l'apertura di rappresentanze diplomatiche nella regione, con la partecipazione a iniziative regionali, come il G5 Sahel, e con il significativo impegno di cooperazione internazionale verso quest'area, delineando così per la prima volta una presenza italiana in Africa occidentale con una modalità costruttiva e non avversativa. Non di meno, non può comunque non rilevarsi come debba restare alto l'impegno connesso, sul piano strategico, alla fondamentale azione a tutela dei diritti umani della popolazione civile, di migranti e profughi esercitata dalle organizzazioni internazionali, che l'Italia sostiene convintamente. Allo stesso modo, auspichiamo l'attuazione di attività multilaterali di coalizione, di carattere europeo, nell'ottica della massimizzazione dell'efficacia del contributo italiano alla lotta al terrorismo e all'attività delle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, armi e droga e alla stabilizzazione del quadrante, anche attraverso un maggiore sostegno, anche economico, all'organizzazione del G5 Sahel, per la sicurezza della regione, tenendo presente, come sempre, la fragilità del quadro istituzionale e politico che caratterizza l'area.

Concludendo, abbiamo quindi 4 nuove missioni, una in Europa e le altre 3 in Africa. Quella in Europa - l'abbiamo già citata - è la European Union Military Assistance Mission in Ucraina che presenta, ovviamente, motivi di grande importanza per il nostro Paese, anche se il quadro informativo che ci è stato fornito ancora è modesto perché, a causa della segretezza imposta dagli aiuti militari, non ci sono tutte le informazioni adeguate a una valutazione complessiva e completa. Poi, ci sono la missione in Libia - EUBAM Libya - e la missione in Niger oltre a quella in Burkina Faso e ad alcune missioni che, al contrario, termineranno quest'anno.

Segnaliamo la conclusione della partecipazione alla forza NATO e alla missione bilaterale di supporto delle Forze armate in Qatar, che era stata aperta a causa dei mondiali di calcio del 2022, e, a seguito del deterioramento delle condizioni di sicurezza, anche l'interruzione della contribuzione alle missioni UE in Mali e nella Repubblica Centrafricana.

Infine, mi sia consentito anche di esprimere, a nome del gruppo Partito Democratico, la preoccupazione per il taglio delle risorse per il settore della cooperazione allo sviluppo, già approntato anche in legge di bilancio e che si sta ripercuotendo negativamente su tutti i soggetti che partecipano alla cooperazione italiana, ONG, imprese ed enti territoriali che si sono visti notevolmente ridurre il loro ruolo di ponte e di relazione tra l'Italia e i Paesi del Sud del Mondo. Particolarmente grave appare anche la riduzione degli aumenti previsti per la l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, una decisione che toglierà, anzi, taglierà, se vogliamo essere più precisi, all'Agenzia 50 milioni di euro solo nel 2023.

Concludo, Presidente e colleghi, annunciando il voto favorevole del gruppo alle missioni, con le considerazioni già esposte, esprimendo anche il ringraziamento mio personale e del gruppo ai nostri militari che, mentre noi discutiamo, stanno operando concretamente, con la loro capacità, con la loro grande un'umanità, in complessi teatri di crisi, per costruire la pace. Con la loro preparazione, compiono gesti quotidiani che riconciliano, sono operatori di pace e noi siamo orgogliosi di loro perché rappresentano un'Italia che non si rassegna alla guerra, che cerca di superare i conflitti e che è impegnata in tutto il mondo a sostenere e difendere la dignità di ogni donna e di ogni uomo, per costruire una società più giusta.