Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Maggio, 2024
Nome: 
Andrea De Maria

Doc. XVI, n. 3

Grazie, Presidente. Da sempre il Partito Democratico sostiene l'azione dei nostri militari, delle nostre donne e dei nostri uomini in divisa impegnati nelle missioni internazionali. Da sempre riteniamo queste missioni un elemento centrale della politica estera e di difesa del Paese e da sempre pensiamo che sia molto importante che tutta la comunità nazionale si stringa intorno ai nostri militari e che si cerchino al massimo le condizioni, quando si tratta delle missioni internazionali, delle iniziative di politica estera, di unità fra le forze politiche e i gruppi parlamentari.

Noi contribuiremo alla discussione che stiamo facendo oggi, e poi al momento del voto, presentando una nostra risoluzione, che fa seguito a una serie di emendamenti che abbiamo presentato nelle Commissioni congiunte, per dare un contributo di merito a questa discussione. Siamo convinti, e questo lo consideriamo un fatto positivo, che tante delle missioni che siamo chiamati a votare corrispondano a una continuità di azione internazionale dell'Italia. C'è un elemento di continuità nell'azione di questo Governo rispetto a quelli precedenti che apprezziamo e anche una giusta prudenza nell'azione e nell'utilizzo dello strumento militare, dell'azione militare.

La nostra critica, lo facciamo nella risoluzione e lo voglio fare anch'io qui, è quella di una serie di missioni militari che si inseriscono con difficoltà in un progetto, invece, più complessivo di politica estera e di promozione di un'azione per la pace e la soluzione non violenta dei conflitti da parte del nostro Governo. Riteniamo che questo elemento, cioè la necessità di inserire le nostre missioni militari dentro una più forte capacità di azione diplomatica dell'Italia, sia un elemento di delicatezza, di debolezza, che vogliamo segnalare al dibattito parlamentare.

Le nostre missioni all'estero, dei nostri militari all'estero, a nostro avviso corrispondono ai valori di fondo su cui è costruita la nostra Repubblica. Penso a quell'articolo bellissimo della Costituzione che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali e mette in campo un'azione di cessione di sovranità verso le organizzazioni internazionali. Ebbene, le nostre missioni di pace stanno dentro questa cornice. Ci stanno perché i nostri militari vanno in Paesi in conflitto, in guerra, in situazioni anche pericolose e difficili, per contribuire a processi di stabilizzazione, di sostegno agli accordi internazionali, di addestramento delle Forze di Polizia, e quindi di promozione della legalità. Svolgiamo queste azioni nell'ambito della legalità internazionale, nell'ambito ONU, nell'ambito NATO e delle alleanze di cui facciamo parte, sapendo, certo, che è nell'interesse dell'Italia promuovere tutte le azioni possibili di stabilizzazione dei conflitti che attraversano questa fase storica e tanti Paesi del mondo. Credo che tutti dobbiamo vedere che nell'attuale assetto internazionale, caratterizzato da una grande instabilità, dalla crescita dei conflitti, dalla crescita di pericoli di guerra e di guerre in atto, torna lo spettro dell'uso delle armi atomiche. Torna nel momento in cui la Russia, che ha invaso l'Ucraina, violando la sovranità internazionale, e continua ad attaccare quel Paese, minaccia l'utilizzo di quelle armi nucleari, come quello spettro torna nello scacchiere mediorientale. Dopo la fine dell'equilibrio del terrore, della Guerra fredda, la fine anche di una stagione che sembrava caratterizzata da un ruolo egemone degli Stati Uniti, oggi siamo in una fase di nuovo disequilibrio delle relazioni internazionali.

E noi siamo convinti che questa fase non si può governare con la guerra, certamente non si può governare legittimando le azioni di aggressione come quella del regime di Putin contro l'Ucraina, ma costruendo un nuovo equilibrio a livello internazionale, riallacciando i fili del dialogo, promuovendo le occasioni di pace e cercando di costruire un nuovo equilibrio nel mondo che promuova le ragioni della pace e rilanci anche il ruolo delle grandi organizzazioni internazionali.

Quando si parla di luoghi di conflitto, sviluppo economico, legalità, pace e democrazia sono elementi che possono e devono crescere insieme, e la promozione di situazioni di pace, anche la presenza di una forza armata per favorire i processi di pace e di dialogo, sono la condizione per portarli avanti insieme, è la storia delle nostre missioni all'estero. Noi, per esempio, abbiamo - credo - meriti molto importanti sulle iniziative che abbiamo assunto nei Balcani dopo una prima fase in cui l'Unione europea sottovalutò il dramma che stava accadendo nella ex Jugoslavia. Quel processo di pace, quel processo di equilibrio, in buona parte, si è realizzato, ci sono state adesioni all'Unione europea, e in altra parte è ancora in corso e l'Italia vi ha un ruolo centrale. Penso, anche, al ruolo così importante che abbiamo e che stiamo assumendo in Kosovo, come, ad esempio, nel Libano, dove c'è stata una lunga tradizione di presenza delle nostre missioni internazionali, che ha portato a casa risultati molto importanti e, anche oggi, in quel contesto, noi siamo presenti in una situazione di grande difficoltà e di grande delicatezza.

Tra le aree interessate alla nostra missione, noi abbiamo sottolineato nella risoluzione, negli emendamenti che abbiamo presentato, la particolare criticità della situazione del Sahel, in particolare nel Niger, dove riteniamo sia importante mantenere la presenza della nostra missione, ma dove abbiamo sottolineato come questa missione si debba sviluppare dentro un'ipotesi di massima azione per promuovere un processo di democratizzazione del contesto in quel Paese dentro un rapporto con gli altri alleati occidentali che ancora sono presenti - sapete che non lo è più la Francia -, fuori da una qualunque logica di carattere neocoloniale e dentro il tentativo, però, di mantenere la presenza in un contesto di grande importanza e di grande delicatezza per il nostro Paese, come il continente africano, come l'Africa subsahariana e, appunto, il Sahel.

Quando vanno in contesti così difficili, i nostri militari hanno da sempre dimostrato una particolare capacità nel promuovere un'azione di pace e di dialogo. Questa è una caratteristica che viene riconosciuta alle nostre Forze armate un po' da tutti gli interlocutori, dagli eserciti degli altri Paesi, dalle popolazioni civili. C'è una particolare capacità di agire sulle situazioni di conflitto, una particolare sensibilità nel rapporto con la popolazione civile e questo certamente è un elemento di cui, credo, possiamo e dobbiamo essere orgogliosi. Per questo, per noi, è molto importante che le politiche di pace e la presenza dei nostri militari nei contesti di conflitto, con le caratteristiche di cui ho parlato fin qui, si sviluppino insieme alle politiche di cooperazione. La presenza militare e le politiche di cooperazione e di aiuto allo sviluppo sono elementi che devono e possono crescere insieme.

Noi, anche su questo, ci siamo caratterizzati nella discussione in Commissione, nella presentazione dei nostri emendamenti, nel contributo che abbiamo provato a dare con la risoluzione. Questo è uno dei punti in cui segniamo una differenza maggiore con la maggioranza di Governo e riteniamo che da parte del Governo ci sia una forte sottovalutazione di questo elemento e che, in generale, ci siano una scarsa attenzione al valore della cooperazione internazionale e anche un calo di risorse finanziarie destinate alla cooperazione internazionale. Riteniamo che lo stesso Piano Mattei resti sostanzialmente sul piano di enunciazioni propagandistiche, ma non si traduca in un effettivo impegno in settori del mondo, invece, così importanti per il nostro Paese. Riteniamo che questo elemento, cioè un diverso e maggiore investimento sulle politiche di cooperazione allo sviluppo accanto alle missioni militari, sia uno dei punti più importanti di valutazione che vogliamo sottoporre a questa Camera e al dibattito che stiamo sviluppando.

Ovviamente, questa è anche l'occasione per esprimere tutta la nostra gratitudine ai nostri militari, che agiscono appunto in situazioni molto complicate, spesso a rischio della vita - tanti hanno anche perso la vita, in questi anni -, che agiscono, appunto, con la professionalità e l'umanità a cui ho fatto riferimento prima e che meritano davvero per questo il sostegno di tutti noi e dell'intera comunità nazionale, come lo meritano le persone che sono impegnate nelle ONG, gli operatori di pace, tutti coloro che agiscono rappresentando l'Italia, rappresentando il volto migliore dell'Italia nelle situazioni di conflitto in tante parti del mondo.

Penso che questa presenza, appunto, come dicevo all'inizio, vada inserita dentro una riflessione più generale di un rafforzamento della nostra iniziativa in politica estera, di un forte legame fra la politica estera e quella di difesa e da questo punto di vista penso che, davvero, non sia più rinviabile la riflessione su una politica di difesa comune dell'Unione europea che, ovviamente, passa anche da una maggiore capacità di mettere in campo una politica estera comune da parte dei Paesi dell'Unione.

Recentemente, il nostro Presidente della Repubblica, Mattarella, ha detto, su questo, parole che io ritengo molto importanti, di grande valore e di grande attualità, sia sull'urgenza della messa in campo di un progetto di difesa comune europea, sia sul fatto che questo progetto nasce nell'alveo dell'Alleanza atlantica e, quindi, dentro la conferma delle alleanze storiche del nostro Paese e di tanti Paesi europei. Penso che questa riflessione ci debba portare ad agire al massimo possibile, appunto, anche dentro le indicazioni così importanti del Presidente Mattarella nell'ambito dell'Unione europea, anche per portare lì, come nella NATO, la grande priorità del fronte sud, e, cioè, è importantissimo il sostegno all'Ucraina e la difesa di quei Paesi che si trovano all'est dell'Unione europea e dei Paesi che appartengono alla NATO, ma per l'Italia l'agire sui conflitti sull'altro lato del Mediterraneo e la sicurezza del bacino del Mediterraneo sono elementi prioritari di interesse nazionale, importantissimi anche per costruire una politica di pace. Questo vuol dire, oggi, ovviamente, porsi il tema della ripresa di un percorso di pace, per quanto difficile, dopo il barbaro attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre, fra israeliani e palestinesi, verso l'idea di garantire insieme la sicurezza dello Stato d'Israele e il diritto all'autodeterminazione del popolo di Palestina. Oggi, è grande la preoccupazione di una possibile azione militare israeliana su Rafah e ciò vuol dire mettere in campo tutta una serie di iniziative in quell'area.

Qui, come è noto, noi voteremo contro la missione che riguarda il sostegno alla Guardia costiera libica, come abbiamo già fatto la volta precedente, mentre siamo a favore, sosteniamo tutte le azioni nation-building, tutte le azioni messe in campo in Libia per provare, per quanto è possibile, in un contesto così difficile, a mantenere la presenza italiana e aiutare la ricostruzione, in qualche modo, di un contesto statuale in quel Paese storicamente così vicino all'Italia e anche così vicino, oggi, ai nostri confini.

Ecco, io penso che noi su tutto questo dobbiamo riflettere e dobbiamo anche sapere che il contesto internazionale si muove rapidamente. Credo che sia giusto ricordare anche qui che tanti aspettano l'esito delle prossime elezioni statunitensi anche per capire che tipo di sviluppo ci sarà nei rapporti di quella grande democrazia con l'Europa, che cosa accadrà in sede NATO e questo fra l'altro, a maggior ragione, credo che ci debba spingere sulla strada della messa in campo di una politica estera e di difesa comune dell'Unione europea, appunto sulla strada di quello che ci ha detto il Presidente della Repubblica, a cui ho fatto riferimento poco fa. Detto questo, penso che dobbiamo usare bene questa discussione sulle missioni, anche con i voti che faremo, per provare al massimo a svolgere il nostro ruolo di Camera dei deputati, come poi, farà il Senato, per indirizzare quelle missioni, utilizzando anche questa discussione per una riflessione, appunto, sulla nostra politica estera e di difesa e sulla messa in campo di una politica estera più forte e più determinata da parte del nostro Paese e, certo, anche per testimoniare da qui quello che, anche in questo caso, ho provato a dire poco fa e cioè il nostro sostegno più convinto agli uomini e alle donne che in condizioni così difficili rendono davvero onore all'Italia.