Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 30 Marzo, 2022
Nome: 
Enrico Borghi

Doc. XXXIV, n. 8

Signor Presidente, mi consenta, in apertura di intervento, di sottolineare l'importanza di questo momento e l'esigenza di rendere ordinario un momento di confronto e di dibattito nell'Aula attorno ai temi della sicurezza interna ed esterna, perché, come i fatti di cronaca si stanno incaricando di dimostrare, questo tema è sempre più decisivo per il nostro Paese. Quindi, ringrazio tutte le forze parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione, in particolare le forze che non sono rappresentate all'interno del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, per avere condiviso la Relazione. Oggi la politica italiana dà un buon segnale nell'esprimere unitariamente una valutazione positiva non solo rispetto al lavoro contenuto in questa Relazione, ma soprattutto alle donne e agli uomini che, in questo momento, stanno svolgendo, in Italia e all'estero, per noi delicatissime attività (Applausi). Quelle donne e quegli uomini hanno dietro tutto il Paese e credo che questo sia, per oggi e per il domani, un segnale importante, perché noi dobbiamo avere la consapevolezza di vivere un momento storico delicato. Le nostre generazioni sono chiamate a dover vivere contemporaneamente quattro momenti di cesura. Le generazioni precedenti al più ne vivevano uno. Noi stiamo ancora pagando le conseguenze economiche, sociali, geopolitiche della grande crisi economico-finanziaria della fine degli anni Dieci, sulla quale si è innestata la pesante crisi economica, produttiva, sociale, geopolitica innescata dalla pandemia, sulla quale si sta innestando la grande crisi economica, sociale, produttiva, geopolitica della sciagurata azione putiniana di invadere l'Ucraina e sulla quale si innesta una grande crisi che noi non viviamo, se non nei momenti di tensione e di sfrido, che è la grande crisi climatica, della trasformazione del nostro modo di vivere e del nostro rapporto tra l'uomo e l'ambiente. Quattro crisi che si interfacciano e che si intrecciano fra di loro e che danno degli effetti evidenti sulla sicurezza, sulla sicurezza collettiva e sulla sicurezza individuale. E questo spiega perché i titoli di questa relazione annuale si potrebbero riassumere in una sorta - la potremmo definire - di evoluzione ecosistemica del concetto di sicurezza. Proviamo a scorrere molto rapidamente di che cosa si è parlato: protezione cibernetica; profili di sicurezza connessi con l'emergenza da COVID; asset strategici nei settori bancario e assicurativo; disciplina per l'utilizzo dei contratti secretati con particolare riferimento ai temi delicatissimi delle intercettazioni; la radicalizzazione di matrice jihadista; la sicurezza energetica; il dominio aerospaziale; la difesa comune europea, tema su cui dobbiamo ancora rilanciare con più forza il ruolo e la presenza del nostro Paese e introdurre in questo concetto anche il dibattito di questi giorni; e la desecretazione degli atti. Insomma, ho citato solo alcuni punti per cercare di spiegare che questo elemento di ecosistema conosce in questo momento di cesura una fortissima accelerazione che ha a che fare con un dato che, se non lo cogliamo, rischiamo di andare fuori traiettoria: noi viviamo una fase storica nella quale, nelle aree di interesse strategico dell'Italia, si esprimono altre politiche di potenza da parte di altre nazioni. Perché quello che fino a ieri poteva essere letto come soltanto un elemento che afferiva ad una carta geografica, oggi invece sono punti da unire per costruire la tela della nostra sicurezza. Il concetto del Mediterraneo allargato, il raccordo e le conseguenze che esistono, anche nel rimbalzo sugli effetti della guerra in Ucraina, fra la Libia, la Tunisia, il Libano, la Siria, l'Iraq, il Golfo Persico, il Corno d'Africa, il Sahel e i Balcani. La nostra sicurezza si costruisce anche e soprattutto lì e quindi serve una politica estera, serve una capacità di intervento militare, serve una rete di intelligence, serve un sistema Paese che si relazioni con una vicenda che, oltre a conoscere purtroppo gli effetti bellici, è anche caratterizzata - bisogna dirlo in questa fase e in questa sede - da un'altra guerra. Guardiamo in faccia, signor sottosegretario, alla realtà: noi siamo sotto attacco, da una guerra economica, non solo noi, ma anche noi, soprattutto noi, perché siamo uno dei Paesi più deboli, più fragili d'Europa, perché abbiamo un peso sulle nostre spalle di un debito pubblico che si trascina, che si alimenta, che si perpetua, perché non abbiamo fatto le riforme strutturali che consentono al Paese di essere competitivo, perché siamo tornati ad essere il confine, il limes, tra democrazia e autocrazia, tra est e ovest, tra nord e sud. L'Italia è tornata ad avere un ruolo centrale e dentro questo ruolo centrale il livello della interdipendenza globale è tale che una rottura dello status quo porta alla ricerca di un nuovo equilibrio. Bene, con l'Ucraina lo status quo si è rotto. Quindi, dobbiamo lavorare per sapere che ci saranno conseguenze geopolitiche, conseguenze economiche, conseguenze sociali. E dobbiamo sapere che vi è chi lavora oggi, entità statuali ed identità organizzate, per sfruttare l'intercapedine di questa rottura dello status quo, perché nulla dopo sarà più come prima e perché il mondo che arriverà quando finalmente arriverà la pace e quando ci sarà il cessate il fuoco dell'Ucraina non sarà più il mondo precedente al 24 di febbraio. Noi non possiamo rimanere fermi, inerti, passivi, in attesa che scorra il grande flusso della storia, perché altrimenti il fiume della storia ci porterebbe lontano rispetto a quei valori che siamo chiamati a dover difendere ed inverare. È per questo che gli strumenti a cui il Governo faceva riferimento sono importanti. Certo, il tema dell'adeguamento della legge, ma anche il tema del rafforzamento dell'intelligence economica. Abbiamo a che fare con Paesi, anche alleati, che hanno istituito delle scuole di guerra economica. Ma anche il tema del potenziamento e della qualificazione degli organici. Vorrei dire che si inserisce anche all'interno di questi elementi la discussione rispetto alla dotazione e alla strumentazione e alle risorse che noi mettiamo a disposizione per la nostra sicurezza. Perché uno dei temi su cui noi dobbiamo lavorare in questo momento - la relazione lo dice bene - è il tema della tutela degli asset strategici del nostro Paese nell'era del capitalismo politico, nell'era nella quale le autocrazie utilizzano il peso e le risorse degli Stati per intervenire in maniera impropria nei mercati e appropriarsi degli asset di altri Paesi. Non è un caso che vi è un ricorso esponenziale della golden power nel corso di questo anno; non è un caso che le nostre aziende stanno ricorrendo sempre di più alle attività della neo costituita Agenzia per la pubblica sicurezza; non è un caso, signor sottosegretario, che noi crediamo che anche il tema della definizione della natura del ruolo delle aziende sottoposte a golden share debba essere inserita all'interno di un ragionamento di strategia e di cultura della sicurezza nazionale. Insomma, si potrebbe dire con una battuta, in conclusione, signor Presidente, una battuta utilizzata molto nel mondo anglosassone che in sicurezza, ma in generale nella vita, non esistono pasti gratis. E se c'è qualcuno che pensa di mangiare gratuitamente, in realtà aumenta il proprio debito e aumenta la propria dipendenza dagli altri, perché prima o poi l'ora di pagare il conto arriva sempre. E se non si è attrezzati, si finisce in cucina a lavare le stoviglie. Noi non vogliamo che l'Italia finisca in cucina ed è per questo che noi riteniamo che questa sia una relazione importante, che ci richiama anche un altro principio, in conclusione, signor Presidente. Pochi giorni fa abbiamo ricordato una grande figura, che ci manca molto, che quindici anni fa ci ha lasciato, Nino Andreatta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Nino Andreatta da questi banchi nel 1995 disse una frase che vale per allora e per oggi e concludo: ci accendiamo per chiedere gli interventi, ma non siamo disposti a pagare i costi di questi interventi e la pace vive sul campo e nelle responsabilità. Sono parole che parlano all'oggi per costruire il nostro domani.