Presidente, colleghe e colleghi, Sottosegretario Freni, le racconto questa, tramite il Presidente. Quando ho iniziato a fare politica, la mia prima esperienza, come molte e molti anche in quest'Aula, è stata quella di amministratore locale, e ricordo ancora, Sottosegretario, che la prima volta che vidi un bilancio dissi: adesso me lo studio, lo faccio vedere a degli amici commercialisti e trovo tutte le insenature tecniche per mettere in difficoltà l'amministrazione e il ragioniere capo di quel piccolo comune dove amministravo.
Dopodiché, mi resi conto, durante quella seduta, che non ci avevo capito nulla, e che lo strumento del bilancio, dell'assestamento, non è altro che lo strumento massimo dell'espressione politica di un Governo. Cioè, non è tecnica, non sono numeri, non è questione di saldi, di più, di meno, di copertura, ma è la fotografia della direzione politica che un governo, sia esso locale o nazionale, vuole dare al Paese.
Ora, scendiamo nel dettaglio. I provvedimenti che oggi sono all'esame dell'Aula hanno sì un carattere tecnico, però, come dicevo prima, ci danno la fotografia di quali sono la direzione e il contesto nel quale noi ci stiamo muovendo. Partiamo anche da una definizione: si tratta di dati che né nel Rendiconto, né nell'assestamento, noi troviamo per capire, sostanzialmente, qual è la questione.
Però, se noi volessimo individuarne uno, per farci comprendere in una maniera semplice, Presidente, potremmo partire dall'analizzare la stima del PIL, del prodotto interno lordo, per quest'anno e per l'anno prossimo. Diciamo che è come se fossero le analisi del sangue, Presidente, attraverso le quali il medico ti certifica il tuo stato di salute. In merito al DEF, secondo le ultime dichiarazioni scritte del Ministro dell'Economia, quest'anno la crescita è dell'1 per cento e l'anno prossimo sarà dell'1,2 per cento. Chiunque di noi ha fatto il primo esame di economia all'università - e il Sottosegretario Freni ne avrebbe da raccontare per competenza ed esperienza in materia - sa benissimo che, se tu non superi o non tocchi la soglia di crescita del 2 per cento, è vero che c'è il segno “più”, ma nell'economia reale, se non si raggiunge il 2 per cento, quell'economia diciamo che non cresce.
Già in sede di DEF avevamo segnalato che queste stime fossero in un certo qual modo - lo dico in una maniera elegante, Presidente - viziate da un incauto ottimismo, e, a conferma di quello che stavamo dicendo, proprio l'Ufficio parlamentare di bilancio, appena un paio di settimane fa, ha dovuto ridimensionare queste stime per l'anno corrente allo 0,8 per cento e per l'anno successivo, nel 2025, riducendole all'1,1 per cento. Analogamente, la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale, qualche giorno fa, hanno rivisto al ribasso quelle stime per entrambi gli anni.
Ora, per più di una considerazione unanime, quale che sia alla fine il dato consolidato, la crescita italiana - se ce lo possiamo dire, non mi permetto di chiedere un gesto di assenso non verbale da parte del Sottosegretario - sostanzialmente si regge o si poggia su quello che sarà il PNRR, se la vogliamo raccontare così. So benissimo che il Sottosegretario è una sfinge implacabile, però diciamo che se vogliamo analizzare i dati macro, Presidente, la dobbiamo mettere così.
La morale della favola è che in questo primo anno e mezzo di Governo cosa accade? Accade che la resilienza dimostrata dal nostro sistema economico, come trend positivo di crescita, non è - mi sia consentito -, al netto delle qualità umane, tecniche e politiche del Sottosegretario Freni, dovuta all'attività di questo Governo, ma è sostanzialmente basata esattamente sul PNRR e, soprattutto, come la medicina ancora una volta, Presidente, ci insegna, nel processo di continuità amministrativa per vedere attuazione concreta e plastica nella vita reale di quello che un Governo fa devi aspettare del tempo. Non è che tu, nel momento in cui assumi una medicina, due minuti dopo stai già guarendo: devi aspettare che faccia effetto. Allora, se oggi abbiamo dati di tenuta economica o di lieve crescita dobbiamo anche riconoscere il lavoro fatto dai Governi precedenti, a partire dal “Conte 2” fino a passare attraverso il Governo Draghi.
Perché dobbiamo riconoscere questi passaggi? Non perché io sia seduto in una parte dell'emiciclo che si riconosce in una parte politica, ma perché, semplicemente, quella è stata una stagione politica che ha consentito, mai come prima - era un dato impensabile solo fino a qualche anno fa, Presidente, e lei stesso ha avuto responsabilità importante al riguardo -, di mettere in comune il debito a livello europeo: era un elemento impensabile. Dopo qualche decennio, dove è stato adottato un approccio economico, ovvero quello keynesiano e neokeynesiano, alla lunga, in una fase particolare della storia dell'umanità, in una fase emergenziale come quella della pandemia, è riemerso il fatto che da solo non si salva nessuno. Allora, se mettiamo in comune le difficoltà, trovando soluzioni comuni alle difficoltà che ci accomunano, allora forse noi riusciamo a ripartire e a garantire la sussistenza e quei servizi e quei diritti che le cittadine e i cittadini in tutta Europa pretendono e richiedono. Allora, questa è stata la sfida, perciò bisogna riconoscere il passato e l'ancoraggio al passato.
Mi sia consentito, Presidente: se noi oggi abbiamo il PNRR e in Europa si è vissuta una stagione che ha visto nascere il Next Generation EU, lo si deve al campo progressista che, in una stagione politica, ha avuto la forza e la capacità di mettere a sistema e a regime il superamento della difficoltà. Vale la pena ricordare che la forza maggioritaria di questo Governo all'epoca si astenne sul Next Generation EU. Questo la dice lunga rispetto anche all'attrazione e alla direttrice sulla quale, poi, si fondono anche misure politiche, visioni e dichiarazioni. Però, guardate, a questo punto ce lo dobbiamo dire: se è vero o è sostanziato quello che ho detto poc'anzi, noi la sfida che abbiamo dinanzi è capire se quei trend, quella fotografia, quelle analisi che il Governo e il Ministero dell'Economia fanno rispetto alla tenuta della crescita di questo Paese si reggono sostanzialmente sulla capacità o meno che questo Governo avrà di mettere a terra e far funzionare e fruttare il PNRR.
Ricordo a me stesso, Presidente, che il PNRR, per mole, per quantità, per pervasività, non ha nulla a che fare con il Piano Marshall, che è sempre stato rievocato. Noi stiamo parlando di una mole di risorse di quantità quattro volte superiori all'allora Piano Marshall, per far capire alle cittadine e ai cittadini che ci ascoltano l'importanza della fase storica, che, in un certo qual modo, con un gesto di umiltà, farebbe riconoscere anche le difficoltà che il Governo sta incontrando. Che ci siano difficoltà è nella natura umana, che ci siano difficoltà nelle rendicontazioni, nelle programmazioni, nelle progettazioni, visto lo stato di salute del sistema Paese, è un fatto.
Allora, da questo punto di vista, probabilmente ci saremmo aspettati maggiore umiltà e maggiore voglia di collaborazione, perché io credo che debba finire la stagione del fatto che, in base a dove sei seduto, questo determina l'intelligenza o meno della tua proposta. Io credo che noi dovremmo avviarci verso una stagione politica nella quale le cose intelligenti non conta da quale lato o angolo dell'emiciclo vengano pronunciate: se sono intelligenti, bisogna avere l'umiltà di recepirle e ascoltarle. E, soprattutto, noi siamo anche quelli che hanno vissuto una fase nella quale abbiamo ascoltato, a più riprese, il Ministro Fitto dire che il PNRR restava lì, che non sarebbe stato rimodulato, per poi scoprire, invece, che è stato rimodulato, che progetti in grandi parti del Paese sono saltati e che le risorse, i 6 miliardi ottenuti dai Governi precedenti non ce n'erano più.
Ora, il Next Generation EU, come diciamo da tempo, è la nostra sfida sul futuro, non solo fino al 2026. Io probabilmente immagino che, a un certo punto, si arriverà anche uno slittamento obtorto collo, perché le condizioni generali per metterlo a terra nel modo in cui erano state previste. credo che non ci siano e siano molto molto complicate. Però, a maggior ragione, se accade questo - il posizionamento rispetto a queste procedure, rispetto agli assestamenti di bilancio e, in generale, allo stato di salute dell'economia e alla prospettiva e all'idea di questo Governo - diventa essenziale il rapporto che questo Governo è in grado di costruire con l'Europa. L'Europa non è un'entità astratta, l'Europa non è un insieme, una stanza nella quale improvvisamente si riuniscono i Governi. L'Europa è politica, come è politica il Parlamento italiano. Anche qui, noi abbiamo assistito, e lo dico da italiano, con rammarico alle vicende delle ultime settimane, che hanno visto una grossa difficoltà da parte soprattutto della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nell'interloquire e avere la forza e la capacità di far comprendere quali erano e quali sono le esigenze del nostro Paese. Tradotto, Presidente, in una parola: credibilità. Credibilità in Europa e, soprattutto, in una fase così delicata di ripartenza e in una fase nella quale l'Europa sarà determinante a se stessa, perché o l'Europa diverrà quel luogo della concertazione, della portabilità dei diritti, del debito messo a comune e delle soluzioni individuate in comune, o l'Europa non sarà. E se l'Europa non sarà, i Paesi dell'Europa non saranno.
Presidente, noi abbiamo assistito, quasi per un anno, al braccio di ferro, quasi violento e incomprensibile, rispetto alla ratifica del MES. Ora, alla fine, questo non è avvenuto, incomprensibilmente, e, allo stesso tempo, non è che ci siano stati spiragli o aperture. Il baratto, in alcuni casi, soprattutto in politica, non funziona. Funziona avere la capacità di persuasione delle proprie idee, la capacità di rappresentazione delle proprie difficoltà e, probabilmente, se tu hai la capacità di interlocuzione con il tuo interlocutore, qualche soluzione la puoi trovare.
Purtroppo, Presidente, noi rischiamo, all'indomani anche di questo assestamento - e Dio solo sa quello che accadrà nel prossimo autunno, in vista della prossima legge di bilancio -, di scivolare, e io mi auguro che non sia così, io mi auguro che non sia così, lo ripeto, noi rischiamo di scivolare nell'ennesima procedura di infrazione per deficit eccessivo. Ora, abbiamo parlato fino adesso di Next Generation EU: tu il deficit e il debito li puoi fare, ma c'è debito e debito.
È come quando una famiglia va in banca a chiedere il prestito per un mutuo per la prima casa o perché, non contenta dell'automobile comprata l'anno prima, la vuole cambiare nuovamente. Chiunque sa e comprende che, anche in quel caso, i tassi d'interesse e la credibilità stessa di queste persone cambiano radicalmente.
Allora la domanda è sempre la stessa, Presidente: a cosa serve il debito che uno immagina di fare? Così vale per l'economia domestica e così vale, a livello macro, per un Paese come il nostro. Questa circostanza, purtroppo, accade in una fase storica - quella che stiamo vivendo in queste ore, in queste settimane - che vede due terzi di questo Governo, del Governo di uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea all'opposizione, nonostante nelle fila di questo Governo sieda il partito Forza Italia, che ha vinto le elezioni europee, il Partito popolare europeo.
Quello a cui stiamo assistendo nelle ultime ore è di una gravità assoluta in prospettiva, rispetto ai ragionamenti che stiamo facendo, perché poi tutto si tiene: il bilancio, l'economia sono politica anche quelle; se non sono politica, Presidente, cosa sono? Sono le scelte, sono la credibilità, sono l'affidabilità. Noi, purtroppo, ci troviamo in una fase delicata ad affrontare attraverso questi documenti, in via propedeutica, alla sfida di fine anno - dell'autunno che rischia di essere non caldo, caldissimo - con uno scenario che vede due terzi del Governo all'opposizione di una nuova Commissione europea, di una nuova istituzione europea che è testé partita e io immagino che questa cosa potrà creare più di qualche difficoltà al nostro Paese.
Anche qui, tutto ciò che stavo dicendo alla fine cerchiamo di circostanziarlo. Il relatore ovviamente ha fatto il suo dovere, citandoci le cifre, le tabelle e tutto il resto. Io, che non ho le competenze del relatore, cercherò di sviluppare un ragionamento: rispetto alle cifre tutto quello che ho detto, alla fine, in cosa si sostanzia? Si sostanza nel fatto che l'Ufficio parlamentare di bilancio ha stimato che l'aggiustamento, che sarà richiesto all'Italia dal nuovo quadro di regole che questa maggioranza ha approvato qualche mese fa in Europa, sarà nell'ordine tra lo 0,5 e gli 0,6 punti percentuali di PIL all'anno.
Sa di quanto stiamo parlando per farci capire? Tra i 10 e 12 miliardi annui. Ancora una volta sempre l'Upb, l'Ufficio parlamentare di bilancio - in questo caso, Presidente, lei mi consentirà di citarlo testualmente - ci dice: “la necessità di un consolidamento ambizioso e protratto nel tempo imporrà di individuare delle priorità di politica economica”. Tradotto: la politica è scelta; tu non poi, a risorse date, immaginare, purtroppo, di accontentare tutti o di dare la parcellizzazione un po' a tutti quanti; la politica, il governo dei processi è scelta, tu devi scegliere su quali asset, a quali ceti sociali, a quali classi sociali tu vuoi dare risposte, immaginando di dare risposte a determinati comparti e, su quelle, immaginare di rilanciare l'asset generale della tua economia. L'ho detta semplificando ma è, ovviamente, materia composita e complessa.
E aggiunge l'Ufficio parlamentare di bilancio: “anche dopo la fine del PNRR sarà desiderabile, oltre che richiesto dalle regole europee, mantenere un livello di investimenti pubblici elevato”. Allora investimenti pubblici elevati che cosa significa? Significa esattamente la visione keynesiana, se volete neokeynesiana o, se volete, nel solco di quello che ha prodotto il Next Generation EU nell'immaginare, in comune, investimenti che lo Stato fa, investimenti pubblici che avvengono per sostenere e rilanciare l'economia o settori dell'economia.
Parimenti, allo stesso tempo, il previsto aumento dei costi, legati alla transizione demografica e a quelli più incerti ma potenzialmente più elevati, per far fronte alle transizioni energetica e climatica, imporrà verosimilmente tagli ad altre componenti di bilancio. Tagli alla pressione fiscale imporrebbero ulteriori riduzioni o tagli dei programmi di spesa. “Per evitare questo”, chiude l'Ufficio parlamentare di bilancio, “la riforma fiscale dovrà trovare finanziamento all'interno del sistema fiscale stesso”. Tradotto: se un Governo immagina di incidere sul taglio delle tasse l'Ufficio parlamentare di bilancio, non il Partito Democratico, sta dicendo: “guardate avete due strade, o tagliate spesa pubblica e servizi, che lo Stato deve garantire, o trovate, nelle more della fiscalità, quelle risorse con le quali riuscite a procedere all'eventuale taglio fiscale, che voi avete in testa”. Se vuole glielo dico in una maniera ancora diversa, Presidente: in questo Paese, siamo ormai dinanzi a una scelta; Sottosegretario Freni, in Commissione me l'ha sentito dire diverse volte; siamo un Paese con una pressione fiscale che, se l'analizzassimo, comparandola ai principali Paesi europei, grosso modo stiamo lì; il problema non è la pressione fiscale, che genera insoddisfazione nei cittadini, ma il corrispettivo rispetto alla pressione fiscale del mancato servizio che quella pressione fiscale non produce.
Allora, Presidente, se lei si trova dinanzi a un problema da risolvere e la pressione fiscale è comparabile a quella di Germania e Francia - con tutte le varie differenze del caso: ambiti, settori e quant'altro - e invece, a parità di pressione fiscale, i servizi che vengono erogati in Italia non sono all'altezza o comparabili agli altri Paesi, lei che cosa fa? Interviene sulla pressione fiscale o migliorando la qualità dei servizi?
Questa è la sfida, colleghe e colleghi. Noi, a un certo punto, in questo Paese ci dovremmo pur decidere se vogliamo affrontare la questione per come va affrontata o se immaginiamo, che è legittimo, di costruire un modello di welfare state, di Stato sociale, completamente diverso. Ne esistono tanti, a partire dalla sanità, dal sistema pensionistico e dal sistema assistenziale, ma lo dobbiamo dire, lo dobbiamo spiegare ai cittadini e dobbiamo rousseaunianamente immaginare di costituire un nuovo patto sociale con i cittadini, ai quali chiediamo le tasse e, attraverso le tasse, immaginiamo di erogare servizi e garantire diritti.
Mi avvio a chiudere, Presidente. La destra di questo Paese, per completare il ragionamento, in questi anni ha insistito sempre tanto - in una maniera anche sguaiata, molte volte - contro l'austerity europea ed è un fatto, tant'è che si è presentata con lo slogan: “siamo pronti”. Purtroppo, quasi a metà della corsa, quasi al giro di boa di questo Governo, stiamo constatando, Presidente - mi costa dirlo - che questo Paese rischia di ripiombare nell'austerity, non nell'austerity europea, ma nell'austerity che il Governo di Giorgia Meloni sta adottando, praticando e programmando per i propri cittadini.
Come dicevo, in premessa, questo è uno strumento, una fase propedeutica alla prossima legge di bilancio. Ora, nella prossima legge di bilancio, rispetto alle misure attuate, servono, complessivamente, 18,2 miliardi di euro solo per rifinanziare il taglio del cuneo, la ZES unica per il Mezzogiorno, la detassazione del welfare aziendale, le misure a sostegno delle persone indigenti e, se volete - perché non ci facciamo mancare nulla - la prima parte dell'intervento sulla razionalizzazione dell'IRPEF e tanto altro.
La domanda è: rispetto al quadro generale, come immaginate e dove immaginate di trovare le risorse per fare tutto questo? Perché, se immaginate di trovare queste risorse andando a incidere, a falcidiare oltremodo la spesa pubblica, ditecelo. Abbiate il coraggio di dire ai cittadini che per fare queste cose, perché avete scelto alcune misure anziché altre, a parità di costi da mantenere e con risorse, invece, che stanno diminuendo, noi andremo a tagliare diritti che vorremmo erogare. A meno che qualcuno non faccia capire al Vice Premier Matteo Salvini che sulle pensioni non c'è più speranza, perché, anche lì, si è raccontato questo. Meno male, Presidente - aggiungo io -, che lo stesso Ministro Giorgetti, che è dello stesso partito di Matteo Salvini, ha avuto, negli ultimi giorni, un sussulto di buonsenso e ha tirato in ballo uno degli elementi che nelle discussioni nostre, molte volte, manca, ovvero l'aspetto demografico. Giorgetti dice che la rivoluzione demografica o l'inverno demografico, in sostanza, è il fatto che l'Italia sia scesa sotto i 60 milioni - siamo a 58 milioni e qualche centinaio di migliaia di abitanti - e, tendenzialmente, parti del Paese hanno un trend definito. Infatti, la demografia - lo dico al relatore - è un po' come l'economia: non dà una risposta certa, ma descrive il trend verso il quale stai andando e, poi, passato il tempo, potrai verificare statisticamente se quel trend è corretto o meno. Allora, se la demografia ci dà questo quadro clinico, immaginare determinati interventi o continuare a immaginare che si possano ripristinare le quote 100, 101, 102, 103, o quello che vi pare, porta il sistema a non reggere più. Dunque, ritorniamo alla domanda di fondo, all'osservazione di fondo: quale è la funzione della politica nel governo dei processi, se non quello della scelta?
Sul resto delle disposizioni per l'assestamento dico ben poco, perché le entrate sono sottostimate e coprire le maggiori spese, come vi ho appena detto, credo che sarà molto, molto complicato. Spero di non dover assistere, come l'anno scorso, a una maggioranza alla quale viene impedito, addirittura, di intervenire sulla legge di bilancio, cercando di migliorarla o cercando, quantomeno, di trovare risposte significative.
Chiudo, Presidente. Sottosegretario Freni, lei lo sa che, nei prossimi mesi - lei mi potrebbe dire che è il processo naturale del fluire della vita -, lei e tutto il suo Dicastero vi troverete dinanzi a sfide decisive. Gli assestamenti li puoi scrivere, ma, poi, quando arrivi a fine anno, devi fare i conti, devi prendere la calcolatrice e, rispetto a quello che ipotizzavi di spendere e a quello che ipotizzavi di incassare, dovrai tracciare una linea e definire quale sarà l'orientamento. Io non vorrei essere nei suoi panni, Sottosegretario. Mi auguro solo, per il bene del Paese, che voi possiate rinsavire, dal punto di vista politico, rispetto alle vostre relazioni europee e che possiate ritrovare il barlume della ragionevolezza, attraverso la quale far comprendere alle istituzioni europee che, tutto sommato, noi siamo l'Italia, un Paese fondatore e che, senza l'Italia, l'Europa non è e non sarà. E, se proprio ci dovesse essere qualche difficoltà, abbiate l'umiltà di chiedere un aiuto nel farvi indicare la rotta o qualche correzione. Lo dico con una battuta, e chiudo così: quando ognuno di noi immagina di proporre un provvedimento legislativo, alla fine, probabilmente, il Sottosegretario Freni, che è sempre disponibile con tutti, è maggiormente sollecitato, è colui al quale chiedi di trovare una soluzione per una proposta che tu immagini di avanzare.
Da questo punto di vista, fate tesoro di tutte queste cose. Noi, qualche suggerimento, come abbiamo sempre fatto con gli emendamenti, siamo in grado di darvelo, non immaginando di salvaguardare chissà cosa, ma immaginando di ripristinare e rimettere sulla retta via questo Paese. Perché ce la possiamo raccontare come vogliamo, ma i mesi passano, le scadenze arriveranno e rischiamo che le cittadine e i cittadini di questo Paese dovranno fare amaramente conti con la realtà e comprendere che tante di quelle promesse fatte, purtroppo, resteranno nei cassetti o resteranno sogni mai attuati.