Data: 
Lunedì, 19 Gennaio, 2015
Nome: 
Andrea Orlando

Signor Presidente, vorrei partire da una considerazione che è emersa in diversi interventi, soprattutto in quelli dei deputati d'opposizione. Nella mia relazione, e anche in quelle che la integrano, io ho provato a consegnare uno stato dell'arte che non è affatto autoconsolatorio. Non nascondiamo le difficoltà che ancora oggi caratterizzano il sistema giustizia, ma proviamo a indicare le proposte, le cose che già stiamo facendo e, diciamo così, a individuare i primi effetti delle cose che stiamo facendo, che sono l'unico parametro, al momento, per una valutazione oggettiva. 
Per questo mi sia consentito dire che parlare di fallimento degli interventi sul civile, quando questi hanno avuto efficacia qualche settimana fa, mi sembra quanto meno prematuro, diciamo. E in verità se dobbiamo stare, come ricordava l'onorevole Ermini, ai primi segnali che ci arrivano, vediamo che ci sono strumenti che devono essere ulteriormente sostenuti, su cui tornerò, ma ci sono anche norme che di per sé stanno avendo un importante effetto. Penso alla questione delle separazioni e dei divorzi e ad alcune norme che possono essere valutate soltanto in un periodo lungo. Penso alla questione della compensazione delle liti, penso alla questione del computo degli interessi ma, ancora, agli interventi sull'arbitrato e sulla negoziazione assistita. 
Per questo io ho cercato di mantenere un profilo, che ho sempre cercato di mantenere dall'inizio della mia nomina a capo di questo Dicastero, che è quello di tenere insieme la valutazione sulle norme alla valutazione sull'iniziativa di carattere amministrativo. In sostanza, non abbiamo atteso l'approvazione di norme per incidere e per provare a incidere su alcuni problemi di carattere storico. E davvero dare una valutazione a pochi mesi dal varo di alcune norme, in settori nei quali da vent'anni non si interveniva, mi pare un esercizio alquanto arbitrario. 
Quello che possiamo dire è che ciò che dobbiamo provare a fare è questo: sulla base, come dire, dei sintomi, individuiamo nel malato grave, per usare una metafora che è stata ampiamente utilizzata, dei segni di miglioramento o di peggioramento. Se stiamo a questo metodo, vediamo che dal punto di vista dei tempi abbiamo alcuni segnali incoraggianti in alcuni segmenti del processo (naturalmente non in tutti, ma complessivamente abbiamo un miglioramento). L'impatto del processo civile telematico ha consentito il miglioramento di alcune performance. Sui carichi di lavoro, per ragioni su cui io non voglio avere dei meriti che non mi competono, incidono molto alcuni fattori, per onestà intellettuale, quali la crisi economica e il fatto che ci si trova di fronte all'efficacia di istituti che sono stati previsti precedentemente. C’è anche sicuramente una situazione nella quale, paradossalmente, la crisi del sistema giustizia può disincentivare la domanda di giustizia (non nascondiamoci niente). Ma dal punto di vista dei numeri, noi vediamo che per la prima volta scendiamo sotto i cinque milioni di procedimenti nel civile, dopo che abbiamo sfiorato i sei milioni, e, quindi, siamo in una situazione che consente di potere lavorare meglio, che consente a tutti di potere migliorare. 
Se guardiamo alle classifiche del rating internazionale, che ho visto che sono state anche citate nelle risoluzioni, vediamo che non ce n’è una che ci veda peggiorare; quasi tutte rappresentano un significativo ed apprezzabile miglioramento, dovuto soprattutto – anche qui lo vorrei dire per non cadere nella propaganda – al processo di specializzazione, che noi vogliamo ulteriormente rafforzare, cioè al fatto che oggi chi viene a investire in Italia trova delle condizioni nel confronto con la giustizia migliori di quelle degli anni precedenti, ma, sempre per mantenere questa cifra di obiettività, non tanto perché il sistema sia notevolmente migliorato, ma perché il tribunale delle imprese ha costruito, in qualche modo, un ambiente protetto, un habitat, nel quale le risposte per alcuni tipi contenzioso sono migliori di quelle di qualche anno fa. 
Questo è il quadro della situazione, un quadro nel quale io credo noi abbiamo dato un contributo che considero essenziale e sono contento che sia stato riconosciuto anche da alcuni interventi, soprattutto dall'intervento del deputato Sannicandro di SEL. Noi abbiamo dato per la prima volta una radiografia, perché, vedete, continuare a fare delle diagnosi sulla base di macro valutazioni, nelle quali si vede quant’è l'arretrato, quant’è il contenzioso, ma non avere mai una scansione e una analisi di dove si realizza quell'arretrato, dove si determinano quelle difficoltà, è un modo per non intervenire, perché alla fine si rappresenta un quadro in cui tutti i gatti sono neri e, pertanto, ci si rassegna al fatto che non c’è niente da fare. Individuare i punti e mettere anche in evidenzia – lo vorrei dire – il fatto che, a parità di risorse, di norme e anche di personale, ci si trova con performance molto diverse è un modo anche di stimolare un'emulazione e una competizione tra gli uffici e anche di utilizzare in futuro le risorse in funzione dell'effettivo utilizzo delle modalità in cui quelle risorse vengono utilizzate. 
In questo senso, un'indicazione che veniva sempre dall'intervento dell'onorevole Sannicandro è, a mio avviso, importante, ed è oggetto della riflessione e del lavoro che stiamo facendo, cioè sostanzialmente non soltanto un'analisi della quantità, ma della qualità della domanda di giustizia. C’è una domanda di giustizia seriale, diciamo, ripetitiva, che deriva da alcuni soggetti con i quali può esser affrontata e superata in un rapporto con questi soggetti: è la cosiddetta targatura dei procedimenti, ed è un tipo di lavoro che il presidente Barbuto ha ben chiaro e che sta compiendo. Dicevo che l'altro tema sul quale abbiamo sviluppato il nostro lavoro e sul quale ritorneremo anche con la delega è quello di un rafforzamento della specializzazione dell'offerta di giustizia, soprattutto nei settori in cui la crisi ha colpito con più forza: la famiglia e l'impresa. In questo senso, raccolgo un'indicazione che veniva dall'onorevole Pagano ad una riflessione, ad una possibilità di utilizzare questo passaggio anche per riflettere su come questo settore, quello appunto del rapporto con la famiglia, con i minori e più complessivamente con i diritti della persona, può esser affrontato anche in un rapporto diverso tra servizi sociali e autorità giurisdizionale. Se usiamo questo parametro nella valutazione, cioè se proviamo a stare sull'obiettività dei fatti, io vorrei dare una valutazione compiuta anche sul tema del carcere, un tema in cui si è utilizzata tutta la propaganda a disposizione, tutta la demagogia che esiste sul mercato. Noi avevamo degli obblighi internazionali e non siamo stati noi il primo Governo che si è posto questo problema; il primo Governo che si è posto questo problema è stato il Governo di centrodestra del quale faceva parte anche la Lega. Non è a caso che i primi provvedimenti di liberazione anticipata sono stati previsti su proposta del Ministro Alfano. È evidente, infatti, che non ci si può sottrarre, anche se lo si volesse, e io credo che sarebbe sbagliatissimo, alla giurisdizione internazionale della Corte dei diritti dell'uomo. Io non ho mai sentito nessuno in quest'Aula proporre di togliersi da quel contesto. E credo che sia un'acquisizione di civiltà. Se, però, prendiamo questa vicenda dal punto di vista utilitaristico, abbiamo, io credo, delle considerazioni interessanti che possono essere poste all'attenzione. Quali sono ? L'onorevole Molteni ha detto che questa cosa riguarda soltanto quelli che sono dentro il carcere; per quelli che sono fuori, non è un problema che li riguardi. Non credo che sia così, perché credo che anche fuori dal carcere vi sia chi si preoccupa del fatto che l'Italia poteva essere condannata per violazione dei diritti umani nel semestre di Presidenza. 
Ma, se anche le persone spinte da spirito umanitario fossero un'esigua minoranza – io non lo credo –, se anche fosse così, poniamoci il problema dal punto di vista utilitaristico: i termini sono la sicurezza e la spesa. In termini di sicurezza, faccio una domanda: l'onorevole Molteni dà già una risposta a quello questo che sto per dire, perché lo ha detto nel suo intervento, che ho seguito con molta attenzione. 
Egli dice: la gente ormai non denuncia neanche più i reati. E va bene, quindi non possiamo utilizzare il parametro dei reati. Se usiamo il parametro dei reati, vediamo, però, che, a differenza di quanto è avvenuto all'indomani dell'indulto, non vi è stata alcunaescalation dei reati, e questo è un fatto. Poi egli risponde che, però, siccome la gente non denuncia più, probabilmente i reati ci sono, ma non si conoscono. 
Allora usiamo un altro parametro, usiamo il parametro della recidiva, che è una cosa che interessa anche quelli che sono fuori, perché che uno esca e commetta nuovamente un reato è un fatto che interessa, e vediamo che, laddove sono state utilizzate le pene alternative rispetto al carcere, la recidiva scende in modo drastico. 
Non è sufficiente questo parametro ? Usiamone un altro, usiamo quello della spesa. Da questo punto di vista, l'elemento della spesa ci dà un riferimento conclamato: noi abbiamo risparmiato quasi 50 milioni di euro. Interessa anche a quelli che sono fuori dal carcere o interessa soltanto a quelli che sono dentro il carcere ? E, sempre stando al termine della spesa, noi dobbiamo e possiamo dire una cosa: le pene alternative costano di meno e producono degli effetti di abbattimento della recidiva molto più significativi.  Il nostro Paese spende – e questo credo che sia un argomento che interessa anche quelli poco sensibili all'aspetto umanitario – quasi tre miliardi di euro per l'esecuzione della pena ed è uno dei Paesi che ha i tassi di recidiva più alti d'Europa. Vi è qualcosa che non funziona in questo sistema. Sviluppare le pene alternative non è un atto di buonismo: è un modo di costruire un'esecuzione della pena che sia più efficiente, che abbassi la recidiva, da un lato, e che consenta anche una razionalizzazione della spesa. 
Questo è il punto sul quale io credo una riflessione la dovremmo fare in modo serio, valutando le conseguenze di ogni provvedimento, impegnandoci tutti, poi, a tenere conto delle valutazioni oggettive che emergono da ogni tipo di provvedimento. Questo dovrebbe fare, io credo, il nostro Paese, se vuole fare un passo in avanti nella discussione e nel dibattito su questi temi. 
Così credo dovrebbe essere affrontato il tema del decreto che prevede l'archiviazione per tenue entità del fatto. Non credo che siano dei pericolosi lassisti il procuratore Spataro, il procuratore Pignatone, l'intera Associazione nazionale magistrati, che reclama da tempo immemorabile l'introduzione di questo tipo di strumento. 
Lo fanno perché, a mio avviso, è vero esattamente il contrario di quello che si dice. Oggi le vittime, anche di reati di carattere bagatellare, sono pregiudicate dal fatto che l'estinzione di quei reati avviene nel modo più arbitrario possibile, cioè attraverso la prescrizione, che non consente alle vittime alcuna possibilità di sindacare rispetto non all'archiviazione, ma, sostanzialmente, all'estinzione di fatto di quel procedimento. 
Oggi noi diamo dei criteri di trasparenza. Ora, a me fa piacere che la Lega sia diventata improvvisamente preoccupata per l'effettiva attuazione del reato di autoriciclaggio, e tuttavia devo dire che è del tutto evidente che la tenue entità non può essere applicata ad un reato come quello dell'autoriciclaggio per caratteri propri di quell'istituto. 
Così come su una gran parte dei reati è stata fatta un'operazione propagandisticamente molto efficace: si prendono tutti i reati che per massimo edittale possono essere ricompresi e si dice: «Tutti questi reati sono depenalizzati». Non è così, perché una gran parte di quei reati – lo preciseremo meglio nel testo definitivo, dopo il parere delle Commissioni – per loro natura non possono essere tenui, per loro natura non possono essere inoffensivi ed alcuni di questi – e penso alla questione dei maltrattamenti agli animali – non possono mettere in moto quel meccanismo di interlocuzione con le vittime per ragioni di carattere scientifico, biologico. 
Quindi noi non possiamo prendere il massimo edittale per dire: «Questi reati non saranno più perseguiti», è una palese mistificazione. Una parte di quei reati non può essere ricompresa nell'utilizzo di quell'istituto per la struttura di quei reati: penso allostalking, perché è un reato, per esempio, che ha come presupposto una serialità e quindi non può essere occasionale. 
Alcuni reati, per la loro particolare odiosità, non possono essere inoffensivi, perché anche se lo sono per la scarsa misura dell'impatto del fatto, non lo sono inevitabilmente per la loro rilevanza sociale, per ciò che provocano anche in termini di reazione nella collettività. 
C’è una serie di reati, invece, che solo quelli che già oggi, sostanzialmente, vengono cancellati con il meccanismo della prescrizione, su cui si dà la possibilità al pubblico ministero di proporre, là dove ci sono i presupposti, l'archiviazione, chiesta da un pubblico ministero. 
Ora mettiamoci d'accordo: i pubblici ministeri Italia sono quei Torquemada che si racconta o improvvisamente sono diventati dei mollaccioni, che vogliono un'impunità diffusa e generalizzata, proposta da un PM di fronte ad un giudice terzo che deve decidere ? 
E da questo punto di vista chiedo alle forze che contestano questo provvedimento: perché non è mai stata detta una parola – una parola – sulle circolari che i procuratori della Repubblica hanno già emesso sostanzialmente per anticipare questo tipo di ragionamento, che non prevedevano la possibilità di sentire la vittima, ma che sostanzialmente dicevano: «Siccome i reati sono 100 e noi riusciamo a fare 50, facciamo questo, questo, quest'altro ancora e queste altre cose qua le lasciammo più indietro» ? 
Che cosa significa, se non sostanzialmente dire che quei reati con grandissima difficoltà saranno perseguiti ? 
Oggi noi diamo un riferimento trasparente a questo tipo di valutazione e consentiamo a tutti, semmai, di sindacare, laddove fino ad oggi non era possibile, il comportamento che può portare all'archiviazione di quel tipo di reato. Quello che credo vada precisato – lo dico all'onorevole Chiarelli – è che i disegni di legge che sono usciti dal Consiglio dei Ministri il 29 di agosto sono, ad eccezione della delega sul civile, attualmente tutti incardinati nei due rami del Parlamento. 
C’è un problema di overbooking del lavoro della Commissione, ma tutti sono incardinati nei due rami del Parlamento in questo momento. 
Io lo dico con molto rispetto: non rispondo anche ad attacchi di carattere personale che spesso vengono dalla stampa ed anche da altri – devo dire che i toni di oggi sono assolutamente apprezzabili, ma ne sono venuti anche nella dialettica parlamentare – non perché abbia una propensione gandhiana, ma per una ragione: io penso che poi i fatti siano più forti delle parole. 
Allora, a proposito del reato di autoriciclaggio, io credo che si continui a sottovalutare l'impatto che avrà l'introduzione di questo tipo di reato nel sistema. 
Noi continuiamo a discutere di prescrizione, ma quanti processi sono andati in fumo e non ci si è più potuti ritornare, perché si è determinata la prescrizione ? Il reato di autoriciclaggio è un reato sostanzialmente imprescrittibile, perché il fatto del reimpiego o l'occultamento sono fatti che vengono a produrre la notizia di reato nel momento in cui si manifestano. 
E da questo punto di vista noi cancelliamo una di quelle che credo siano le pagine più vergognose della storia del nostro Paese: processi che si sono conclusi con condanne definitive, condanne, condannati, persone che scontano la pena e che poi escono e si godono bellamente i proventi dei loro illeciti. 
Questo è un fatto nella storia del nostro Paese e noi dovremmo essere contenti, credo, del fatto che nel nostro ordinamento è offerto uno strumento che consente di impedire che si replichi questo tipo di fenomeno.  Perché i caratteri esimenti che sono contenuti all'interno della norma così come è stata scritta, io non credo cancellino e mettano al riparo le condotte di cui ho parlato, in alcun modo. Io credo che aiuterà la lotta alla corruzione prima di tutto una cosa: non tanto l'inasprimento delle pene, che pure è importante perché determina la possibilità di più forti strumenti di indagine e di un allungamento dei termini di prescrizione, ma quello che considero il vero cambiamento, che restituisce un reato di autoriciclaggio in grado di realizzare una forte lotta e un forte contrasto alla corruzione e alla criminalità economica, è il passaggio dal reato di danno al reato di pericolo. Questo è il vero passaggio fondamentale ! 
Perché oggi non bisogna provare il danno: oggi si riconosce il fatto che quel tipo di comportamento non soltanto può pregiudicare l'impresa, ma può pregiudicare il mercato, la concorrenza e costruire i presupposti per fenomeni di carattere corruttivo. Questo è il cambiamento che credo era necessario per dare degli strumenti effettivi nella lotta alla corruzione ! Non si parla, ed io credo sbagliando, e si sottovaluta, l'introduzione di una norma importantissima, in quel disegno di legge che abbiamo presentato al Senato, vorrei dire ormai diverse settimane fa, anzi nel mese di novembre, per l'esattezza. Non si parla delle norme che riguardano la confisca per sproporzione, che consente di aggredire i patrimoni dei mafiosi e dei corrotti anche quando questi patrimoni si sono allontanati da chi li ha accumulati. E questo è uno strumento fondamentale, perché noi, nella lotta alla mafia e nella lotta alla corruzione, abbiamo visto come il vero deterrente non è tanto l'aumento di un anno del massimo edittale, che pure può creare un migliore equilibrio nella proporzionalità delle pene, ma il rischio dell'aggressione patrimoniale: non soltanto nei tuoi confronti, ma anche dei tuoi parenti e anche di quelli che in qualche modo ti fanno da prestanome, se si riesce a ricostruire il rapporto tra l'accumulazione illecita e la titolarità del patrimonio. 
Sono norme frutto di compromesso: tutte le norme sono frutto di compromesso, perché tutte le norme devono contemperare interessi e bisogni di carattere diverso. L'importante è la qualità di quel compromesso e la leggibilità degli interessi in gioco. Credo che, da questo punto di vista, abbiamo seguito un metodo esemplare: abbiamo messo on line delle schede sulle ipotesi di riforma; abbiamo fatto poi seguire dei disegni di legge, che abbiamo sempre messo on line; abbiamo consentito che i cittadini facessero arrivare delle osservazioni e poi, sì, le abbiamo anche talvolta cambiate nell'interlocuzione con le forze sociali, raccogliendo le indicazioni che venivano dalla rete, discutendo anche con altri Ministeri. E ci mancherebbe altro ! Altrimenti, a che cosa sarebbe servita la consultazione ? Però credo che sia assolutamente leggibile il processo logico attraverso il quale siamo arrivati a raggiungere dei punti di equilibrio. 
Voglio invece raccogliere una sollecitazione e un ragionamento che condivido molto, mi dispiace che non mi abbia ascoltato, dell'onorevole del MoVimento 5 Stelle. Lo dico perché sono d'accordo con lui su una cosa: che il tema fondamentale è il personale amministrativo. Non mi ha ascoltato, perché io ho detto che il mio principale rammarico in questo momento è di non avere ancora strumenti per poter annunciare un intervento di riqualificazione sul personale. Tornerò dopo su questo punto; però posso dire, e questo con grande gioia, che quest'anno le unità del personale aumenteranno di 1.200, per la prima volta dopo 25 anni, attraverso la mobilità tra i comparti; e che nella legge di stabilità quest'anno sono previsti 50 milioni di investimento su questo fronte, 90 il prossimo e 110 per l'anno successivo. 
Non c'era da un quarto di secolo un investimento così significativo, ancora insufficiente – lo dico io –, ma significativo sul fronte del personale amministrativo. L'ufficio del processo, come dicevo, è stato introdotto con il decreto sulla pubblica amministrazione. Noi lo confessiamo e lo ho detto anche nella conclusione della mia relazione: abbiamo dovuto fare di necessità virtù e abbiamo dovuto anche inventarci degli strumenti in una stagione di scarsità delle risorse. L'ufficio del processo non potrà essere costituto, laddove dobbiamo ancora coprire i vuoti di organico, tutto da personale amministrativo e di cancelleria in ruolo, perché, se spostassimo lì il personale, aumenteremmo ulteriormente la scopertura degli organici nell'attività ordinaria. Ma abbiamo previsto che, utilizzando in parte quel personale, in parte utilizzando i praticanti, in parte utilizzando gli uditori e in parte utilizzando i magistrati ordinari al primo incarico, si possa costruire una struttura attorno al giudice, che può determinare una migliore attività istruttoria e, quindi, un fortissimo miglioramento delle performance.
Proprio sulla magistratura onoraria, siccome il tema è stato posto dal rappresentante di Scelta Civica, vorrei rassicurare rispetto al fatto che la riforma è stata uno degli ultimi provvedimenti firmati dal Presidente della Repubblica Napolitano e che quel provvedimento affronta alcune questioni, che io ritengo nodali in un comparto del servizio giustizia, quello della magistratura onoraria, che ha assunto sempre più un ruolo centrale nel funzionamento del sistema. Affronta il tema della previdenza, affronta il tema dei caratteri dell'onorarietà, affronta il tema della qualità dell'accesso e affronta il tema della salvaguardia di chi ha svolto questo ruolo nel corso del tempo e che oggi non può vedere pregiudicata la propria posizione da un repentino cambiamento delle regole. 
Quando il Presidente del Consiglio mi ha domandato che cosa si debba ancora fare per dare slancio e forza all'insieme di norme che abbiamo messo insieme – abbiamo fatta questa riflessione qualche settimana fa prima delle vacanze natalizie ed era presente anche l'onorevole Ermini – io ho detto tre cose: la riqualificazione del personale per cui al momento non ci sono le risorse e mancano le risorse per fare questo (noi dobbiamo impiegare quest'anno per ricercare quelle risorse); continuare ad investire sull'informatica, per la quale invece le risorse sono state reperite; incentivare ulteriormente gli strumenti stragiudiziali che, da soli, così, rischiano di non funzionare. Queste sono, per così dire, le voci ancora scoperte, i punti che dobbiamo ancora cogliere, gli obiettivi che dobbiamo ancora raggiungere, lo dico io per primo. Però, io inviterei a valutare l'insieme delle cose che sono state fatte, piuttosto che quelle che ancora mancano, perché di quelle che mancano ancora siamo pienamente consapevoli. Io non sono uno solito ad indulgere alla propaganda e so che alcune cose non basta dirle e che, per farle, vanno supportate poi con un'azione quotidiana. Ma l'azione di Governo insegna anche che non tutto è raggiungibile subito. E alcune cose le potremo fare anche quando alcuni riferimenti normativi si saranno stabilizzati e anche quando, in qualche modo, sarà cresciuta una consapevolezza all'interno dei soggetti che devono realizzare quel tipo di istituti. Penso all'avvocatura, perché la scommessa che noi abbiamo fatto con il decreto sul civile, non è semplicemente una scommessa di carattere tecnico: è una scommessa di carattere culturale. Noi chiediamo all'avvocatura di svolgere un ruolo profondamente diverso da quello che ha svolto nel passato. Le chiediamo, in sostanza, non di privatizzare la giustizia, ma di consentire, attraverso un assetto sussidiario, di collaborare per la soluzione dei problemi della giustizia, con una centralità – insisto – della giurisdizione pubblica. Infatti rivendicare la centralità della giurisdizione pubblica e poi rassegnarsi al fatto che un procedimento può durare sette, otto o nove anni significa, come è stato detto, consegnare al tempo il giudizio e significa sostanzialmente fare soccombere chi non ha la possibilità né le risorse per potere aspettare, cioè i più deboli e quelli che hanno meno risorse economiche. 
Credo che, da questo punto di vista, una questione, che è stata posta nella discussione, meriti di essere raccolta. Noi abbiamo impegnato tutta la nostra energia all'attuazione della riforma forense. Abbiamo provato a dare una risposta anche a un tema, che non è soltanto anche in questo caso di carattere tecnico-ordinamentale, ma è anche di carattere sociale, perché noi affrontiamo una crisi sociale dell'avvocatura. Da questo punto di vista, credo che alcune risposte siano venute. Se ancora un punto non è stato affrontato – e credo che sia quello a cui dovremmo rivolgere tutta la nostra attenzione – è quello che poneva l'onorevole Ermini, cioè come si dà una mano ai più giovani. Io credo che in qualche modo indirettamente l'abbiamo già data con l'introduzione del processo civile telematico, perché i più giovani, in qualche modo, hanno visto rafforzare la loro posizione rispetto alle generazioni precedenti grazie ad una maggiore dimestichezza con le tecnologie informatiche. Quindi, in qualche modo, alcune gerarchie si sono rimesse in discussione.
Ma non è sufficiente. Noi dobbiamo provare a dare una mano anche dal punto di vista previdenziale; dobbiamo anche cominciare a tener conto del fatto che una parte dell'avvocatura è sostanzialmente in una condizione di lavoro parasubordinato, soprattutto chi lavora nei grandi studi. E io credo che questo sia un modo attraverso il quale diamo una mano alla soluzione complessiva dei problemi della giurisdizione. 
Abbiamo costruito un tavolo, abbiamo costruito un'interlocuzione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per disciplinare il tema dell'accesso. Non è giusto che si continui a far laureare i giovani in giurisprudenza con l'aspettativa di accedere alla professione, quando la professione sostanzialmente è già satura. Dobbiamo incominciare ad individuare percorsi che consentano di distinguere prima della laurea i percorsi, auspicabilmente anche in rapporto a una ripresa delle assunzioni nella pubblica amministrazione e nell'impresa, che consenta anche di far sì che l'avvocatura non sia l'unico sbocco di quel percorso formativo. 
Stiamo lavorando, come ho annunciato, sul tema della crisi di impresa. Devo dire all'onorevole Pagano che raccolgo molto volentieri il suo invito. Come dicevo nella relazione, noi nel corso di questi mesi abbiamo lavorato molto sul tema delle pene alternative, in particolare per i tossicodipendenti. Lo abbiamo fatto, siglando protocolli con quasi tutte le regioni italiane, perché oggi il giudice di sorveglianza trova una norma che è sostanzialmente inattuabile. Infatti, se poi non ci sono i posti in comunità, la possibilità di scontare la pena in un'altra sede che non sia il carcere sostanzialmente è vanificata dalle condizioni materiali. Abbiamo lavorato per andare in questa direzione. Ora, però, occorre uno stimolo ulteriore e in questo senso io raccolgo anche le indicazioni dell'onorevole Pagano, perché le considero importanti e devono essere oggetto di tutta la nostra attenzione. 
Io non mi illudo, so che stiamo per affrontare un passaggio delicato per la Repubblica, che rialzerà i toni e anche probabilmente il tasso di propaganda. Però, mi auguro che, in qualche modo, al di là appunto degli slogan, lo spirito di quest'Aula, in tutti gli interventi che si sono succeduti quest'oggi, possa continuare ad accompagnare il lavoro che stiamo portando avanti. Io non faccio un invito retorico alla cooperazione e al confronto perché questo può corrispondere a un elemento di bon ton; lo faccio perché sono profondamente convinto che le riforme in un settore come questo, dove sono messi in discussione i diritti fondamentali, o si fanno, cercando di raccogliere le indicazioni che possono provenire dall'arco più ampio di forze politiche o, altrimenti, rischiano sostanzialmente di essere inattuate e inattuabili nella quotidianità. 
È lo stesso ragionamento che faccio dal punto di vista dei soggetti della giurisdizione. Io ho cercato di raccogliere le indicazioni, non sempre poi ricevendo eguale moneta da chi era chiamato al confronto, ma questo è un altro particolare. Ma ho cercato davvero di ascoltare e di confrontarmi con tutti i soggetti della giurisdizione. Infatti, ritengo che le norme camminano sulle gambe delle persone ma se le persone in qualche modo non sono coinvolte in un disegno, se non c’è un ragionamento che indica perché è più conveniente cambiare piuttosto che lasciare le cose così come stanno...Questo è un Paese corporativo, dove le resistenze sono fortissime; questo è un Paese nel quale c’è un conservatorismo strisciante e non dichiarato, che è quello di continuare a fare come se nulla fosse successo, di continuare a mantenere le vecchie abitudini. Questa attitudine può essere superata soltanto se c’è una piena consapevolezza e una piena condivisione. 
È il lavoro che continuerò a fare, rivolgendomi a tutti i soggetti della giurisdizione, ma è il lavoro che credo sia mio dovere fare per il ruolo specifico che svolgo alla guida del Ministero della giustizia – forse è diverso per altri ambiti d'azione –, rivolgendomi a tutte le forze politiche, anche a quelle che hanno rivolto quest'oggi le critiche più aspre che, però, credo possano dare un contributo a migliorare e a fare dei passi avanti nella direzione che noi abbiamo auspicato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia). 
Circa i pareri, ci tengo a dire che vi sono elementi che sono accoglibili in quasi tutte le risoluzioni. Alcuni, per esempio, per quanto attiene la lotta alla corruzione nella risoluzione del MoVimento 5 Stelle che, tra l'altro, sono già oggetto della nostra iniziativa; altri, per esempio, per quanto attiene il processo di depenalizzazione, che vengono dalla risoluzione di SEL. Devo dire, però, che le premesse non ci consentono di esprimere un giudizio positivo nei confronti delle risoluzioni presentate dall'opposizione e, naturalmente, il parere è favorevole su quella presentata da Verini ed altri e che raccoglie le indicazioni e le proposte che erano contenute anche nella mia relazione. 
Quindi, il parere è favorevole sulla risoluzione Verini, Pagano, Dambruoso, Piepoli e Di Lello n. 6-00106, mentre è contrario sulle risoluzioni Daniele Farina ed altri n. 6-00107, Brunetta ed altri n. 6-00108, Bonafede ed altri n. 6-00109 e Molteni ed altri n. 6-00110.