Grazie, Presidente. Socialista lo fu fino all'ultimo respiro, socialista italiano. Mantenne la tessera del PSI nella buona e nella cattiva sorte. Non partecipò a diaspore, non costruì scissioni e non fu folgorato dal nuovismo berlusconiano. Rimase saldamente a sinistra e non rinnegò mai la collaborazione e l'amicizia con Bettino Craxi. Insomma, un uomo di partito fino in fondo, definizione che può apparire desueta ma che, invece, interroga sull'intensità delle biografie di chi ha costruito la democrazia nata dalla Resistenza antifascista. Ugo Intini non fu mai tenero con i comunisti e con i suoi eredi. Fu un combattente politico animato da quella che lui stesso, con afflato religioso, definiva la sacra passione che lo spinse ad aderire giovanissimo all'idea socialista, in una Milano profondamente trasformata nel pieno del boom economico. La capitale morale del Paese diventava il crocevia dell'incontro tra un movimento operaio forte, maturo e consapevole e un mondo della cultura che portava il teatro sperimentale - Strehler, Dario Fo, Gaber e Jannacci - in una frontiera innovativa e cosmopolita che avrebbe segnato un pezzo della storia di quella città e dell'intero Paese.
Per Intini, come per tanti della sua generazione, da collocazioni diverse, il mestiere del giornalismo e la militanza politica erano indissolubili e dalle colonne de Il Lavoro di Genova e successivamente dell'Avanti!, il quotidiano del partito, costruì l'avamposto teorico e politico dell'autonomismo socialista, della sua collocazione nel campo euroatlantico ma anche, purtroppo, di una lunga guerra civile a sinistra che negli anni Ottanta assunse la natura di una frattura profonda, prima ancora che nei gruppi dirigenti nella base militante dei rispettivi partiti. Non è questo il luogo né il tempo di un confronto sui torti e sulle ragioni, sugli appuntamenti mancati, sui ritardi culturali e organizzativi. La Guerra Fredda tagliò nettamente la possibilità di un Governo diverso, di una sinistra capace di unirsi e rinnovarsi. Socialisti e comunisti rimasero distinti e distanti fino alla fine. Quella frattura sarebbe stata superata anni dopo nella comune appartenenza al PSE e all'Internazionale socialista, che sabato prossimo farà il proprio congresso a Roma. Intini vi contribuì con la sua enorme esperienza internazionale, che lo portò più volte alla Farnesina nei Governi dell'Ulivo.
Mi lasci concludere con una citazione forse un po' lunga, ma abuserò della sua pazienza. Su Mondoperaio del dicembre 2023, Intini scriveva: “È tardi, ma la soluzione in Terra Santa è sempre stata possibile ed evidente. Un tempo l'Italia si muoveva con autorità di facilitator, cercava, cioè, di contribuire a una mediazione”. Qui dentro, dentro questa frase, c'è un Intini in purezza. Equilibrio e umanità, amarezza e speranza, consapevolezza del ruolo e della funzione di equivicinanza dell'Italia nella storia del Mediterraneo e preoccupazione rispetto al vuoto diplomatico dei giorni di oggi. Con queste parole il Partito Democratico rende omaggio a un uomo politico nell'accezione più alta del termine e saluta affettuosamente i suoi familiari e i suoi compagni del Partito Socialista Italiano.