Dichiarazioni di voto finale
Data: 
Mercoledì, 21 Ottobre, 2015
Nome: 
Alessia Rotta

A.C. 3272-A

 

Presidente, colleghi, noi siamo qui a dire che crediamo nel servizio pubblico e nella possibilità di renderlo sempre migliore. Noi crediamo che la RAI sia un bene comune, come ha detto qualcuno in quest'Aula poco fa. Perciò, per noi, riformare il servizio pubblico radiotelevisivo significa mettere la RAI nelle migliori condizioni per poter riscoprire quella che è stata la sua funzione, quella di informare, di educare, di divertire; una funzione che ha definito il suo ruolo irrinunciabile di polo di promozione e di diffusione culturale e informativa nel nostro Paese. Senza fare retorica, è evidente che la RAI ha accompagnato e in parte anche determinato il successo e la crescita del nostro Paese, svolgendo la sua missione di servizio pubblico a fianco dei cittadini. 
Non ci nascondiamo, però, i numerosi problemi che attualmente ha la RAI; problemi complessi e problemi soprattutto sedimentati negli anni: la burocratizzazione estrema che la rende più simile ad un Ministero che a un'azienda culturale innovativa; l'ingerenza di centri di potere interni ed esterni che ha come lascito un'azienda che risponde, a molti dei suoi livelli, ad un criterio di lottizzazione; la legge Gasparri, fatta in nome di interessi privati, diversi da quelli del servizio pubblico e della collettività. La RAI oggi soffre una crisi che è molteplice, è economica, è progettuale ed è strategica e la vede incerta di fronte ai nuovi competitor che sono più veloci, come dimostra anche il progressivo e apparentemente inarrestabile calo della raccolta pubblicitaria, ma noi non ci rassegniamo. Il nostro obiettivo è semplice e ambizioso allo stesso tempo: costruire il servizio pubblico del futuro ponendo le condizioni per una governance che accompagni la trasformazione della RAI da broadcaster a media company, da tradizionale rete generalista ad una moderna azienda di cultura e di informazione, capace di essere presente e produrre contenuti per tutte le piattaforme, con particolare attenzione all'innovazione tecnologica. Le chiavi, per noi, per realizzare questa nuova RAI, sono la semplicità e la flessibilità per rimediare ad una struttura che appare ingessata e arroccata nei suoi confini; sono l'autonomia e la responsabilità per rimediare all'ingerenza esterna che toglieva fiato alla visione strategica necessaria; sono l'innovazione e l'apertura alle nuove sfide, contro un approccio conservatore, adagiato su rendite di posizione che possono solo condurre l'azienda al declino. A qualcuno questi sembrano dei dettagli; qualcuno ha definito questa riforma un topolino. Per noi, invece, sono forma e sostanza, perché serve una nuova architettura per rendere possibili i cambiamenti. 
Tra i punti qualificanti della riforma, è stato molto discusso quello dell'amministratore delegato, ma la prima condizione per valorizzare il ruolo competitivo della RAI è quella di dotarla di una guida chiara, riconosciuta, trasparente, efficiente, responsabilizzata. Un capo azienda che sia in grado di prendere le decisioni e di essere chiamato a risponderne. Serve una guida manageriale vera e non una figura politico-burocratica. L'amministratore delegato nomina i dirigenti, per le direzioni editoriali ha il parere vincolante del CdA e può firmare contratti fino a 10 milioni di euro con la massima autonomia sulla gestione economica. È una figura, dunque, sì, che ha maggiore libertà di azione, ma ha su di sé onori e oneri: più potere, ma anche più doveri. Ricordiamo, inoltre, che l'amministratore delegato deve essere votato dal CdA, che a sua volta lo può sfiduciare. È un'idea di direzione che per noi risponde ad un criterio di responsabilità. E noi sappiamo quanto questo Paese abbia bisogno di prendersi delle responsabilità. Non serve un Parlamento che nomini i politici nel consiglio di amministrazione della RAI, ma serve un Parlamento, invece, che svolga la sua funzione, che è quella di garanzia e di controllo, con la Commissione di vigilanza che riscopra il suo alto ruolo di indirizzo democratico nei confronti dell'azienda. Ci sarà un presidente di garanzia, che vigilerà sul pluralismo richiesto all'azienda come concessionaria di un servizio, come ricordiamo, essendo per noi fondamentale, pubblico. E ci saranno sette membri del CdA, non più sottoposti agli equilibri dei partiti in Commissione di vigilanza, ma espressione della politica nel suo più alto momento, ossia espressione della Camera e del Senato, del Governo che si assume direttamente la responsabilità di partecipare all'orientamento dell'azienda e dell'assemblea dei dipendenti i quali diventano così protagonisti della guida della RAI. 
Circa la nomina parlamentare dei membri del CdA – ne abbiamo sentito molto parlare in questi giorni – due alla Camera e due al Senato, questa norma per noi risponde all'obiettivo democratico rispettando i dettami della Corte costituzionale. A chi ci dice: fuori la politica, noi rispondiamo: dentro la democrazia ! E la democrazia per noi è rappresentata dalle nostre istituzioni, sempre e non a fasi alterne. Sulla funzione del CdA: Il CdA ritrova la sua funzione di guida strategica e plurale: approva il piano industriale, il piano editoriale, il preventivo di spesa e gli investimenti superiori ai 10 milioni di euro. La legge interviene anche sulle caratteristiche dei consiglieri, che devono essere scelti secondo molti criteri tra i quali la rappresentanza di genere, il pluralismo culturale e – aspettando la creazione di un fantomatico bollino di qualità perfetto e incontornabile che qualcuno vorrebbe trovare (sempre naturalmente per gli altri) questi per noi rappresentano valori veri come quelli della competenza professionale, come l'assenza di incarico politico-amministrativo negli anni precedenti con tutta una serie di incompatibilità e impossibilità ad essere nominati. Questo dispiacerà molto a Gasparri e alla sua parte politica che sono campioni del conflitto di interessi. Insomma non avremmo più casi del tipo «strutture delta» quando – lo ricordiamo bene – una dirigente RAI manipolò la programmazione per fare un piacere ad un'azienda concorrente. Ma a proposito di conflitto di interessi ne abbiamo sentito parlare a vanvera e purtroppo copiosamente in questi giorni in aula, a sproposito, da chi lo vive non appena arriva a qualsiasi grado di amministrazione. Il MoVimento 5 Stelle lo conosce benissimo visto che lo esercita alla prima buona occasione, ma qualsiasi buona prima occasione. Pensiamo alla regione Liguria dove la nomina del commercialista di Grillo non si è fatta attendere, ma pensiamo anche al sindaco di Pomezia che mette in giunta la sua compagna, alla parentopoli varia ed eventuale della sindaca di Quarto che mette come primo fornitore del suo comune il marito e la sua tipografia, alla senatrice Lezzi che assume la figlia del compagno perché così fan tutti. No, così non fanno tutti, così lo fate voi del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). 
E poi la vigilanza: la vigilanza, con questo disegno di legge, torna a fare la vigilanza e recupera i ruoli di indirizzo generale e di vigilanza. Nello spirito con cui nacque quella straordinaria riforma del 1975 che aprì la RAI ad una nuova creatività e al pluralismo. 
Vengo brevemente alle deleghe del Governo: abbiamo di fronte un percorso complesso (rinnovo della governance, riforma del canone, contratto di servizio e la scadenza della concessione ventennale). Il Governo è delegato ad adottare entro un anno dall'entrata in vigore della legge un piano di semplificazione dell'assetto normativo che ridefinisca i compiti del servizio pubblico tenendo conto dell'innovazione tecnologica. A chi ci accusa di scarsa meritorietà e scarsa trasparenza nel reclutamento di collaboratori e dipendenti vogliamo ricordare che solo pochi giorni fa si è concluso il concorso per la selezione di cento giornalisti RAI. Ebbene l'ultima volta si era svolto venticinque anni fa e poi mai più. Lo dico a beneficio di chi ha parlato in quest'aula: lo dico ai colleghi di SEL e anche della Lega. Siamo in ritardo ed è vero c’è molto da fare ma di questo vogliamo anche ringraziare chi come Forza Italia ci ha consegnato un'eredità che oggi non ci consente di procedere al passo che vorremmo. Ci riferiamo nel dettaglio all'infausta gestione del passaggio tra analogico e digitale a causa del quale oggi paghiamo i problemi dello spettro frequenziale e quindi allo sviluppo delle nuove tecnologie. 
E poi ci sono quelli che predicano l'evasione del canone RAI: i leader di Lega e MoVimento 5 Stelle, Salvini e Grillo. 
Che dopo averci ubriacato in questi giorni e non solo di inviti ed appelli alla morigeratezza dei costi e alla trasparenza e all'efficienza applaudono e incitano all'evasione del canone, perché la volta buona sarà sempre la prossima. 
A noi non pare accettabile questo ragionamento di chi pensa che il canone si potrà pagare solo nel momento in cui la RAI sarà perfetta e sanata. Tanto per iniziare, non si capisce con quali risorse potrà arrivare a questa perfezione vagheggiata o vaneggiata. Non cederemo a queste logiche ipocrite e dannose. 
Che cosa deve fare la RAI velocemente ed in sintesi. La RAI deve parlare un linguaggio per tutti, emozionando, coinvolgendo e informando. La RAI deve fare cultura ma deve dialogare con la scuola, perché se c’è un settore che ha visto mancare il servizio pubblico è proprio quello educativo. 
Il servizio pubblico deve ridefinire la propria strategia editoriale, mi avvio alla conclusione, signora Presidente, dicendo più che una conclusione una premessa: noi crediamo nel servizio pubblica ma ci crediamo talmente tanto che questa riforma dellagovernance non è che il primo passo. 
Nel disegno di legge di stabilità ci sarà la riforma del canone per garantire alla RAI la certezza delle risorse e poi a maggio il rinnovo della concessione Stato-RAI, che non durerà per sempre, lo dico all'onorevole Caparini, ma durerà per dieci anni. Allora, noi siamo qui ad esprimere il voto favorevole del Partito Democratico, perché tra chi continua a dipingere il quadro come irrecuperabile, facendo caricature folcloristiche, salutando la lottizzazione come insuperabile ostacolo e chi scorda le proprie gravi responsabilità, noi siamo qui per scrivere una nuova storia possibile, quella che meritano l'Italia, i cittadini e la RAI che non rinunceremo a vedere tornare ad essere la prima impresa culturale del Paese.