Data: 
Martedì, 16 Dicembre, 2014
Nome: 
Carlo Dell'Aringa

Signor Presidente, è talmente vero che a nessuno sfugge l'importanza del confronto che si aprirà sul fronte europeo nel fine settimana, che si è persino detto che la vera partita economica si gioca in Europa, più che all'interno di ogni il singolo Paese. 
  Lei, signor Presidente, ha detto recentemente che tutto il mondo globalizzato ha bisogno dell'Italia. È vero, perché del contributo del lavoro italiano si avvantaggia tutto il mondo, ma questo vale ancor di più per l'Europa e dobbiamo essere consapevoli che ciò che saremo capaci di fare lo faremo per le future generazioni, non solo italiane, ma europee. 
  Abbiamo apprezzato la sua relazione, apprezzato i contenuti, gli argomenti, gli obiettivi che ha indicato, obiettivi che derivano da un'analisi corretta della situazione in cui si dibatte tutto il nostro continente. 
  Signor Presidente, come sa, siamo l'unico continente che non è riuscito a reagire in modo efficace alla crisi fin dalla sua apparizione. 
  In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti – si continua a ripetere – subito dopo la crisi hanno adottato misure importanti: hanno messo in campo 900 miliardi di dollari per una politica fiscale espansiva e da subito la Banca Centrale ha attuato una politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali, una politica che gli americani stanno ancora conducendo, nonostante il tasso di disoccupazione sia tornato ai valori fisiologici del 6 per cento. 
  E noi che stiamo facendo in Europa ? 
  Abbiamo enormi difficoltà a mettere in campo una politica fiscale da 300 miliardi di euro, per di più diluiti in tre anni, ed abbiamo enormi difficoltà ad adottare una politica monetaria espansiva, quando il nostro tasso di disoccupazione è il doppio di quello americano e non accenna a diminuire.Come lei giustamente ha detto, il piano Juncker presenta una novità importantissima, perché è la prima volta che si mette in campo una politica fiscale a livello europeo, chiamando tutti i Governi a dare il loro contributo in termini di bilancio. 
  Certo, presenta debolezze, che lei ha riassunto e sono state riassunte anche dai precedenti interventi. Ha richiamato la necessità che anche gli investimenti degli Stati membri nei progetti siano scorporati dal Patto di stabilità. Qualcuno ha detto che anche gli incentivi che i singoli Stati membri devono trovare in quel progetto devono essere tali da incentivare la partecipazione. Ma c’è un altro aspetto su cui bisogna insistere: bisogna fare presto. Bisogna fare presto. Questo piano non può entrare in funzione tra un anno o due anni. Deve entrare in funzione il più presto possibile, perché non c’è più tempo da perdere. 
  Vorrei cogliere l'occasione per accennare a un problema, che magari non è all'ordine del giorno del fine settimana, ma che incombe sempre su di noi, ma non solo su di noi, ed è l'approccio generale della Commissione nei confronti dei temi del rilancio e del rigore. Vorrei dire questo: pensiamo ancora di essere messi sotto esame e di essere bocciati. Non possiamo permetterlo. Non possiamo acconsentire alla richiesta di fare sforzi ulteriori per avvicinarci al pareggio strutturale di bilancio. Non possono chiederci di rispettare questo indicatore, che sta perdendo progressivamente credibilità e affidamento. Come sa anche lei e il Ministro dell'economia e delle finanze, il fatto di essere tuttora considerati in deficit strutturale dipende dalla modalità, del tutto criticabile e imperfetta, che la Commissione utilizza per misurare il nostro potenziale di crescita. 
  Secondo i calcoli della Commissione questo potenziale sembrerebbe essersi ridotto enormemente in questi anni di crisi, come se tutto quello che abbiamo perso in termini di PIL fosse dovuto alle nostre mancanze, alle nostre debolezze strutturali, alle nostre incapacità di usare bene i fattori produttivi, e non al fatto che, per rispettare i parametri europei del consolidamento fiscale, abbiamo dovuto fare politiche che hanno ridotto consumi e investimenti. Quei calcoli europei da cui parte questo ragionamento stanno perdendo credibilità. Sono arbitrari e si può dimostrare che potrebbero essere ragionevolmente sostituiti da calcoli che portano alla conclusione opposta. Dalle più recenti stime dei tecnici dell'OCSE risulta che il nostro Paese non è più in deficit strutturale, anzi, da un paio di anni siamo in avanzo strutturale, come dire che il Paese non ha perso la capacità di produrre, se questa fosse ancora decentemente sollecitata da una domanda aggregata adeguata. 
  Come vede, signor Presidente, i pareri tecnici possono essere di diversa natura. Ci sono i pareri, come quelli espressi – lo ha ricordato Causi – dalle interviste del Presidente della Banca centrale europea, secondo i quali solo i conti in ordine garantiscono la crescita di un Paese. Ma si sbagliano clamorosamente, perché sono convinti che l'economia si risana da sé e che i Governi e la politica devono solo rispettare parametri, come lei spesso usa dire, e agire solo sulla base di regole prestabilite e immutabili. Però, signor Presidente, vi sono anche tecnici che attribuiscono alla politica il ruolo fondamentale che le spetta, cioè di agire con discrezionalità e di interpretare in modo flessibile situazioni che sono sempre complesse, che non rispondono mai a canoni predeterminati, e di utilizzare gli strumenti a disposizione in modo flessibile e utile per affrontare le diverse contingenze che si presentano. 
  Signor Presidente, compito della politica, innanzitutto, è di delineare l'orizzonte entro cui si collocano le aspettative degli operatori. Questo bisogna fare in Italia, ma anche in Europa. Il suo Governo su questo terreno ha fatto progressi importantissimi. Innanzitutto, sta facendo uno sforzo enorme sul fronte delle riforme, che, come lei giustamente e spesso ricorda, si dovrebbero fare comunque, per il bene del Paese, che richiede giustizia più rapida, pubblica amministrazione più efficiente e un mercato del lavoro che offra più opportunità ai giovani. 
  Ma il suo Governo non si impegni da solo su questo, vuole fare ripartire l'economia e da qui sono venute le misure per cercare, pure entro i limiti stabiliti dall'Europa, di stimolare la crescita e, grazie ai provvedimenti inclusi nella legge di stabilità, il potere di acquisto delle famiglie potrà aumentare quest'anno come mai era successo da diversi anni a questa parte. Il costo del lavoro verrà diminuito come mai era successo da diversi anni a questa parte. 
  La spinta viene dall'indicazione di un futuro che illustri gli effetti positivi dei comportamenti virtuosi dei singoli operatori. Più consumi e più occupazione sono fenomeni che possono sprigionarsi dalle stesse aspettative di crescita, altrimenti le decisioni individuali sono dominate dalla paura. Il futuro si crea nel nostro Paese, ma soprattutto in Europa. Nessun Paese si salva da solo: questo è il messaggio che lei, signor Presidente, manda ogni giorno in modo insistente. Il nostro invito: insista ancora di più. Ha una forte capacità di convincimento, la usi per convincere i nostri amici europei e, in particolare, i tedeschi. 
  L'altro giorno è stata ricordata l'immagine della cordata: guai agli strattoni, guai ai pesi morti che si fanno trascinare. A lei, capo cordata, signor Presidente, va l'appoggio incondizionato del Partito Democratico e va l'augurio di tutti noi perché si possa fare quello che lei chiama il passaggio, la traversata in Europa soprattutto. Siamo ancora in mezzo al guado, ma si intravede l'altra sponda, la sponda di un futuro migliore da affidare ai nostri giovani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).