Grazie, Presidente. Mi piacerebbe che l'applauso di quest'Aula arrivasse per una notizia lungamente attesa. Ieri è stata annunciata la tregua a Gaza che apre una breccia di speranza, Presidente, in una terra che la speranza l'aveva persa. Noi, ieri, abbiamo guardato con commozione le immagini di festa a Gaza, dove, nelle ultime 24 ore, si contano ancora 80 morti e oggi siamo con il fiato sospeso per le famiglie degli ostaggi che aspettano i loro cari e non sanno quali arriveranno, se saranno vivi o morti.
Noi chiedevamo da tempo questa tregua; all'indomani del 7 ottobre, quando abbiamo visto la sciagurata reazione israeliana a Gaza, e, insieme, l'avevamo chiesta oltre un anno fa.
È un percorso difficilissimo, Presidente, questo della tregua, gli ostacoli saranno in ogni passo e anche in queste ore; all'interno del Governo israeliano c'è chi sta lavorando per far saltare quell'accordo raggiunto. Noi invece, tutti, dovremmo lavorare insieme per renderla permanente, per far sì che tutti gli aiuti umanitari necessari a salvare le vite a Gaza arrivino e che, insieme, la comunità internazionale si faccia carico della ricostruzione della Striscia.
Per questo chiediamo al Ministro degli Affari esteri di venire in quest'Aula, di informarci su quello che è avvenuto, su una notizia che è stata lungamente attesa, ma che è tardiva, perché questo accordo poteva essere raggiunto mesi fa, risparmiando alla popolazione civile di Gaza sofferenza, dolore, distruzione, morti, e al mondo intero il rischio di una guerra regionale.
Il tempo trascorso non cancella quello che è avvenuto e le responsabilità: quelle di Hamas per il pogrom del 7 ottobre, quelle del Governo israeliano per l'apocalisse a Gaza, per la Striscia sventrata, per i 26.000 feriti gravi, per i 47.000 morti, donne e bambini in larga parte, bambini mutilati, morti di freddo, di fame.
Noi dobbiamo preservare la tregua - di questo vorremmo discutere con il Ministro - ma preparare la pace, perché si tratta di una tregua che rischia di essere molto fragile e non della pace che noi vogliamo.
Si sta affermando una nuova dottrina in queste ore, Presidente: la pace attraverso la forza. Noi, invece, crediamo che la pace abbia bisogno di politica e di giustizia, politica e giustizia.
Dico “giustizia” perché abbiamo bisogno di ricostruire l'integrità e la credibilità del diritto internazionale, di un ordine basato su regole condivise, che è finito sotto le macerie di Gaza e di quella distruzione.
Per questo la legalità internazionale va riaffermata. I crimini di guerra e contro l'umanità devono essere perseguiti e sanzionati e la Corte penale internazionale deve essere rispettata. Ieri il Ministro Tajani, smentendo quello che aveva detto in questo Parlamento, avrebbe assicurato garanzie di immunità al Premier Netanyahu. E quali garanzie poteva assicurare il Ministro degli Esteri, mentre vige un mandato d'arresto della Corte penale internazionale? Stiamo dicendo che vogliamo sottrarci agli obblighi di legge previsti dall'attuazione dello Statuto di Roma, a Roma?
Anche di questo dobbiamo parlare, e dobbiamo parlare di politica - e concludo, Presidente -, perché serve politica per garantire l'unità della Striscia di Gaza e della Cisgiordania sotto l'Autorità palestinese, che deve essere accompagnata dalla comunità internazionale in questo sforzo. Serve politica per realizzare la soluzione dei due popoli e due Stati, che è l'unica che può garantire il diritto degli israeliani e dei palestinesi a vivere in pace e in sicurezza.
Serve politica e coraggio per riconoscere lo Stato di Palestina, per dire basta all'occupazione israeliana dei territori palestinesi, per attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite, tutto quello che l'attuale leadership israeliana nega.
Per questo, dobbiamo essere al fianco dell'opposizione al Governo di estrema destra che, ancora in queste ore, sta cercando di far saltare la tregua e di negare ogni prospettiva di pace, e non permettere che la questione palestinese ricada nuovamente nell'oblio, perché noi non vogliamo lasciarla a quel terrore che combattiamo.
Per tutte queste ragioni, abbiamo bisogno di una discussione molto alta perché, per preparare la pace, l'Italia intera può unirsi per svolgere un ruolo, una funzione, una discussione alta, perché non siamo stati partecipi e non abbiamo toccato palla su questo negoziato, e non dico solo l'Italia, ma anche l'Europa. Oggi abbiamo la responsabilità di costruire questo progetto di pace. Noi ci siamo, ci siamo anche per una missione di pace a Gaza. L'abbiamo proposto per tempo, ma abbiamo bisogno di fare questa grande discussione, di chiarirci in quest'Aula, altrimenti anche le gioie che stiamo provando in questi momenti, pur con tutto il carico di attesa e di preoccupazione che l'accompagnano, avranno davvero poco senso.