Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 6 Febbraio, 2017
Nome: 
Bruno Censore

A.C. 2-A

 Presidente, cercherò di attenermi ai tempi anche perché i colleghi che mi hanno preceduto, il collega Manciulli e il collega Romano, hanno esplicitato bene la posizione del Partito Democratico rispetto a questa proposta di legge d'iniziativa popolare concernente trattati internazionali, basi e servitù militari che in Commissione ci ha dato modo di approfondire aspetti interessanti della materia in oggetto, sebbene la Commissione abbia proposto, a conclusione dell'iter, la reiezione della proposta. Difatti il provvedimento, signor Presidente, presenta contraddizioni sotto il profilo costituzionale e del diritto internazionale nonché notevoli limiti sul piano della politica estera e della sicurezza nazionale. Mi limiterò a citare in alcuni passaggi le questioni più importanti. 
Diversamente da quanto riportato nella formulazione dell'articolo 1 della proposta di legge, il Parlamento autorizza, con legge, alla ratifica dei trattati internazionali il Presidente della Repubblica, che agisce come organo di garanzia dell'ordinamento costituzionale e sul piano rappresentativo dei rapporti internazionali. Inoltre, ne risulta compromesso il costante processo di adeguamento automatico e permanente dell'ordinamento interno al diritto internazionale generale, così come aveva ricordato il collega Manciulli. Stabilisce la validità temporanea dalla ratifica degli accordi che, invece, esaurisce i suoi effetti con la deposizione del Trattato presso lo Stato incaricato. Inoltre, prefigura casi di recesso automatico in violazione dell'articolo 54 della Convenzione di Vienna sui trattati internazionali, vieta la sottoscrizione di accordi segreti e dispone la pubblicazione di quelli eventualmente esistenti per i quali, secondo il diritto internazionale, vige l'obbligo di registrazione, presso le Nazioni Unite, degli accordi stipulati, con l'ovvia conseguenza di renderli pubblici pena l'impossibilità delle parti di far valere le loro ragioni in caso di controversia, mentre l'ordinamento interno dispone la pubblicazione di tutti gli accordi ex legge n. 839 del 1984, salvo le fattispecie previste dalla legge n. 124 del 2007 recante disciplina sui segreti di Stato. 
L'articolo 2 preclude la stipula e l'eventuale rinnovo di accordi militari che prevedono: la possibilità dell'uso di armi atomiche, sebbene l'Italia si sia impegnata in tal senso con riferimento al Trattato di non proliferazione nucleare come era stato ricordato; la possibilità dell'uso di armi chimiche e batteriologiche, anch'esse assolutamente proibite dalla Convenzione del 1993, la quale ne vieta l'utilizzo e il possesso. Inoltre, va ulteriormente chiarito che, per ciò che concerne la popolazione civile, di cui all'articolo 2, lettera d), è già comunemente accettato dal diritto comunitario il divieto di utilizzare armi contro la popolazione civile. Nel medesimo articolo si fa menzione della possibilità di attacchi e di impegni militari in Paesi terzi, salvo casi di legittima difesa, includendo inevitabilmente in queste limitazioni anche operazioni di peacekeeping autorizzate che prevedono, quasi sempre, il ricorso allo strumento militare. In questo contesto la suddetta disposizione sancirebbe l'immediata incompatibilità con la NATO, con l'Unione europea e con gli organismi internazionali, che prevedono il mantenimento e lo sviluppo della propria capacità individuale di resistenza ad un attacco armato, e la mutua assistenza tra Stati membri nell'esercizio del diritto di legittima difesa collettiva, così come stabilito dall'articolo 51 dello statuto delle Nazioni Unite. L'articolo 11 della Costituzione vieta la guerra di aggressione – il collega Romano ha letto questo bellissimo articolo – e consente limitazioni di sovranità necessarie per la cooperazione e la pace tra le nazioni e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo. Pertanto il rapporto di compatibilità tra la NATO e la Costituzione italiana segnalato dai proponenti nell'introduzione al provvedimento è stato chiarito dalla sentenza 1920/84 della Corte di Cassazione. Va dunque ammesso il carattere di difensivo dell'Alleanza atlantica e la conseguente limitazione di sovranità che la concessione di basi necessariamente comporta. 

Al di là delle approssimazioni del linguaggio, la ratio limitata di questa proposta di legge non si adatta alle esigenze del quadro di fronte al quale si trova l'Italia e l'Europa in particolare: dal 2008 ad oggi lo scenario internazionale è profondamente mutato, dalle primavere arabe alla guerra in Siria ancora in corso, passando per il collasso della Libia sul quale si dovrà continuare a lavorare insieme al Governo che ha dimostrato il suo impegno in questa direzione negli ultimi appuntamenti dei giorni scorsi. Tuttavia, credo possa essere riconosciuto alla proposta attualmente in esame alcuni meriti, vale a dire: aver richiamato il Parlamento ad una riflessione sul proprio ruolo e sulla propria funzione di organo deputato all'attività legislativa e all'indirizzo politico anche in relazione alle scelte di politica estera e poi, anch'esso importante, alle prospettive sulle quali è indispensabile che le Camere si confrontino rispetto al ruolo dell'Italia, che l'Italia riveste nel Mediterraneo, in Europa e nella NATO. Se agli interrogativi che pone un contesto così dinamico e complesso, anziché impegnarci innanzitutto per una politica europea di difesa e per adottare tutte le misure che possono contribuire alla stabilità e al mantenimento di un quadro multilaterale di rapporti, prospettiamo un modello sostanzialmente autolesionista dal punto di vista politico e militare, ciò può significare solo l'aver formulato una risposta sbagliata oppure il non aver compreso fino in fondo il senso della domanda.