Relatore per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 6 Febbraio, 2017
Nome: 
Andrea Manciulli

A.C. 2-A

Grazie Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge al nostro esame, presentata originariamente nel 2008 da gruppi della sinistra alternativa ed ora riproposta dal gruppo del MoVimento 5 Stelle, mira a modificare radicalmente il quadro delle alleanze politico-militari di cui è parte il nostro Paese e, segnatamente, l'appartenenza al Patto atlantico. La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, sia pure assai datata sul piano della ricostruzione del quadro geopolitico di riferimento, sottolinea l'esigenza di superare la cosiddetta «logica securitaria», sottesa alle ragioni costituenti della NATO, e considerare esaurite le motivazioni dell'adesione italiana alla NATO, sottoponendo al Parlamento la decisione sull'opportunità di non rinnovare per il futuro tale adesione. 
L'iniziativa legislativa prevede specificamente: una sorta di desecretazione di tutti gli accordi militari, fissando, accanto all'obbligo posto dall'articolo 80 della Costituzione, un ulteriore obbligo di autorizzazione parlamentare alla ratifica per tale tipologia di accordi; il divieto assoluto di autorizzazione alla ratifica di ogni accordo militare che preveda, sotto varie forme, la guerra di aggressione; la riconversione delle strutture militari in strutture civili, stabilendo un termine massimo di dieci anni per ogni struttura militare già esistente; l'adeguamento delle strutture militari esistenti alla normativa di tutela ambientale, stabilendo, nel contempo, il parere favorevole vincolante degli enti locali; la sospensione dei progetti in corso di nuove installazioni militari o ampliamenti delle basi militari esistenti, anche in deroga ad accordi internazionali sottoscritti dal nostro Paese. 
Prima di passare all'esame della proposta, richiamo i principali parametri costituzionali che delimitano il treaty power nell'ordinamento italiano: la norma di cui all'articolo 10, primo comma, della Costituzione, che delinea un procedimento di adattamento automatico e permanente, implicante che l'ordinamento, nella sua interezza, si conforma costantemente al diritto internazionale generale e alle sue modificazioni, tra cui il principio consuetudinario del diritto internazionale pacta sunt servanda; l'articolo 11 della Costituzione, che contiene un divieto e due disposizioni permissive: in particolare, vieta la guerra di aggressione, consente limitazioni di sovranità necessarie per assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni e favorisce le organizzazioni rivolte a tale scopo. 
Sulla compatibilità tra NATO e Costituzione italiana alla luce dell'articolo 11 ricordo che si è espressa la Corte di cassazione in una sentenza del 22 marzo 1984, la n. 1920. Il punto essenziale che viene in considerazione in questa sede è quello secondo cui la NATO è un'alleanza difensiva, e, quindi, non può essere in contrasto con l'articolo 11, che ammette l'uso della forza in legittima difesa. In tale contesto vanno anche valutate le limitazioni di sovranità che la concessione di basi necessariamente comporta. La legittima difesa è un diritto riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite ed è, quindi, un elemento essenziale per garantire la giustizia tra le nazioni. Quanto alle organizzazioni rivolte a tale scopo, la NATO vi rientra non solo per l'organizzazione della legittima difesa tra gli Stati membri, ma anche tenendo conto degli articoli 2 e 3 del Trattato del 1949, che impegnano le parti a risolvere pacificamente le controversie internazionali e a sviluppare relazioni pacifiche e amichevoli. 
Richiamo, altresì, le disposizioni di cui l'articolo 117, primo comma, che impone alla potestà legislativa dello Stato e delle regioni il rispetto dei vincoli tra gli altri derivanti dagli obblighi internazionali. Ricordo, inoltre, che, diversamente da quanto riportato nella formulazione della proposta di legge, il Parlamento non ratifica, ma autorizza con legge la ratifica dei trattati internazionali, in quanto l'organo competente alla ratifica dei trattati internazionali è il Presidente della Repubblica. La proposta di legge al nostro esame allinea, invece, una serie di previsioni normative del tutto al di fuori di questi parametri costituzionali: dalla previsione, all'articolo 1, comma 1, di una validità a tempo delle autorizzazioni, alla ratifica degli accordi internazionali di tipo militare, alla prefigurazione di un recesso automatico dagli accordi internazionali, discendente dal mancato rinnovo di tali accordi, che violerebbe sia le nostre regole costituzionali sia la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. 
In primo luogo, la proposta dispone, all'articolo 1, comma 1, l'obbligo di pubblicità dei trattati segreti di natura militare in vigore entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. In realtà, da più di trent'anni, la legge n. 639 del 1984 ha disposto l'inserimento nella Raccolta ufficiale e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli Accordi ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni internazionali, ivi compresi quelli a forma semplificata e che non comportano pubblicazione ad altro titolo. La stessa ha previsto la pubblicazione trimestrale in apposito supplemento alla Gazzetta Ufficiale, nonché la trasmissione ai Presidenti delle due Camere, di tutti gli atti internazionali ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni esterne: trattati, convenzioni, scambi di note, accordi ed altri atti comunque denominati. La legge dunque numera nominativamente la più ampia tipologia possibile di atti internazionali, ed espressamente reca una clausola di riserva per quelli ipoteticamente suscettibili di impegnare la Repubblica che possano avere un altro nomen iuris. Ne consegue che, non solo la categoria dei trattati segreti non compare nel dettato normativo in esame, ma che essa, qualora se ne potesse ravvisare l'esistenza, sarebbe comunque ricompresa nella predetta clausola di riserva. 
Assai critica sotto il profilo della costituzionalità appare anche la disposizione di cui all'articolo 10, in base alla quale l'autorizzazione per la costruzione, installazione ed ampliamento di basi, caserme, installazioni militari sul territorio nazionale, anche se nella disponibilità di Paesi terzi, possano essere concesse esclusivamente con il parere favorevole di un comitato misto, composto dal Ministro della difesa o suo delegato, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o suo delegato, dal presidente della regione e dai sindaci delle zone interessate, e che ogni decisione deve essere necessariamente presa con il parere favorevole dei rappresentanti degli enti locali interessati. Tale valutazione andrebbe effettuata anche in deroga alla normativa vigente in materia e dagli accordi internazionali eventualmente in corso. 
L'articolo 12 inibisce invece l'impiego di strutture civili, porti, aeroporti, ferrovie per scopi militari, compreso il passaggio di armamenti e truppe per missioni militari fuori confine. 
Su un piano generale tutte queste previsioni sembrano porsi in contrasto, come accennavo, con il principio consuetudinario pacta sunt servanda; inoltre esse potrebbero incidere direttamente sulla piena operatività di obblighi internazionali assunti dall'Italia, come ad esempio quelli derivanti dagli articoli 3 e 5 del Trattato all'Alleanza atlantica, che prevedono rispettivamente il mantenimento e lo sviluppo da parte degli Stati membri dell'Alleanza della propria capacità individuale e collettiva di resistenza ad un attacco armato, e la mutua assistenza fra gli Stati membri nel caso di un attacco armato contro uno o più di essi, in Europa o nell'America settentrionale, nell'esercizio del diritto di legittima difesa individuale e collettiva riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite. Non vi è dubbio che la riforma della NATO sia questione assai seria, ove si consideri che oggi la minaccia più grave è quella rappresentata dagli attacchi informatici alla sicurezza, che giungono con particolare intensità da aree collocate ad Oriente e verso Ovest; è un fatto che gli atti di pirateria industriale, inoltre, siano assunti per lo più in territorio cinese ai danni dell'Occidente, con conseguenze drammatiche sul piano economico. Si tratta di un contesto noto, ma privo di ogni codificazione internazionale, ormai urgentissima. Ritengo tuttavia che non sia possibile strumentalizzare l'argomento circa l'assenza di strumenti giuridici per non affrontare la minaccia alla sicurezza esistente: indubbiamente la difesa della democrazia va aggiornata al presente, così come va ripensato il ruolo complessivo dell'Alleanza atlantica. 
Mi preme comunque rimarcare che l'iniziativa legislativa al nostro esame, in quanto espressione del principio costituzionale della partecipazione popolare nel processo di decisione legislativa, è stata oggetto di un attento esame in Commissione affari esteri, esame che è stato arricchito dai contributi di alcuni giuristi ed esperti di diverso orientamento politico-culturale nel corso di alcune audizioni informali. Tra questi, alcuni hanno sottolineato i profili di criticità della proposta sia dal punto di vista costituzionale che internazionalistico, mentre altri hanno posto in rilievo la circostanza che la proposta rinvia al problema de iure condendo di una revisione della normativa vigente sul segreto di Stato, che potrebbe essere perfezionata in più punti in altra sede. 
Confido inoltre, confermando una posizione già espressa dalla maggioranza nel corso dell'esame in Commissione, che l'esame di questa proposta di legge possa favorire un proficuo confronto in Aula sulle nuove prospettive dell'Alleanza atlantica e sulle ragioni che sono sottese alla proposta stessa, che resta comunque profondamente inadeguata rispetto all'attuale contesto geopolitico, segnato da dinamiche profondamente aggressive e da richieste ed aspettative crescenti da parte dei cittadini. Per questi motivi, la Commissione affari esteri propone la reiezione integrale del testo.