Discussione generale
Data: 
Martedì, 1 Luglio, 2025
Nome: 
Andrea Gnassi

A.C. 2482

 

Grazie, Presidente. Con questo decreto-legge n. 65 vengono individuati dei provvedimenti sulle alluvioni occorse, negli anni 2023 e 2024, in Emilia-Romagna e nei Campi Flegrei. Questo provvedimento ha a che fare, in sostanza, con una delle caratteristiche che il nostro Paese ha, ossia la fragilità del suo territorio in alcuni contesti, anche in relazione ai cambiamenti climatici che stiamo vivendo.

Qualche considerazione. Con questo decreto si modifica, per fortuna in modo anche sostanziale, l'allora famoso decreto-legge n. 61 del luglio 2023, che fu il primo atto proposto dal Governo - che poi venne approvato - con il quale si tentava di dare qualche risposta a quello che avvenne.

Sono passati, Presidente, due anni. Stiamo guardando avanti. Questo è un provvedimento - poi lo dirò - che ha degli elementi positivi e che accoglie anche delle richieste che vengono dai territori. Però sono passati due anni. Sono anni lunghi. Quando si dice che il Parlamento, la politica, le istituzioni. 

Dicevo, quando a volte si dice - molto spesso a ragione, a volte invece in modo forzatamente populista o demagogico - che c'è molta distanza tra le istituzioni, il Parlamento e la politica e i cittadini, questa distanza, noi, adesso, in modo molto concreto, la misuriamo in questi due anni che sono occorsi per fare un provvedimento che raccoglie quello che, già due anni fa, alla luce della tragedia e dei problemi, dai territori veniva richiesto. Sono anni troppo lunghi.

Quando, in una fase emergenziale, per questioni emergenziali e tragedie che toccano le vite delle persone, delle famiglie e delle imprese, come quegli allagamenti che abbiamo visto, passano due anni per le prime risposte anche di senso, due anni sono una distanza troppo lunga per rispondere all'emergenza.

Ciò nonostante - come dicevo prima - non torniamo indietro, semmai guardiamo a quello che è successo per trovare uno spunto per lavorare meglio, per dare una traiettoria alle nostre riflessioni che sia un po' più di senso, un po' più puntuale, soprattutto quando parliamo di alluvioni e di emergenze legate a sismi, a fenomeni bradisismici.

Vi ricordate le polemiche? Io non voglio fare un passo indietro, ma l'alluvione fu usata, particolarmente in alcuni momenti, come strumento politico, a volte - basta leggere le cronache - anche come randello politico. Si addossarono colpe, per quei fatti, ai territori, alle amministrazioni e ai sindaci.

Vi ricordate la quantità di pioggia mai vista in serie storiche, che poi la scienza ha confermato essere secolari? L'ingressione marina - io vengo da quel territorio in Romagna - e le condizioni meteo marine che impedivano l'afflusso delle acque a mare. E così crinali degli Appennini, dove si concentrava, ripetuta nel tempo, una quantità di pioggia che si riversava immediatamente in pianura, trovando poi che cosa? Una situazione territoriale morfologica cosiddetta anche bassa Romagna, cioè un territorio che era sotto il livello del mare, quindi il mare che non prendeva l'acqua e l'acqua che cadeva: una terra che è così da quando è nata la bassa Romagna.

Ecco, nonostante quelle condizioni e quella tragedia, che lì si consumò, non si volle guardare tanto ai fatti scientifici e concreti, quanto, in una prima fase, alle polemiche. L'alluvione fu usata politicamente. C'erano persino le elezioni regionali. Presidente, come noi avvertimmo, quella è una terra che, quando viene attaccata nel profondo, anche nelle emergenze, quando bisogna mettere fatica, lavoro e cuore oltre l'ostacolo e oltre le appartenenze politiche, poi reagisce e si ricorda da chi viene attaccata. E infatti le elezioni regionali, poi, confermarono che quell'attacco politico era andato a sbattere a quella che era la ragione dei romagnoli e degli emiliano-romagnoli.

Poi, sempre per guardare col senno dell'avanti, ricordando, come dire, il prima, beh, quelle polemiche quando anche da parte del Governo furono utilizzati argomenti, mi ricordo l'allora Ministro Musumeci, forse anche memore delle sue prestazioni da governatore, da presidente della regione Sicilia, quando le sue esternazioni con la gente sui tetti che tentava di salvarsi lo vedevano impegnato a Roma in conferenze stampa un po' surreali. Comunque poi, quelle polemiche furono sgombrate perché, purtroppo - ecco qui il tema -, il cambiamento climatico lo stiamo vivendo anche oggi, no? Fuori da quest'Aula, con 40 gradi. Lo abbiamo visto con le alluvioni che sommersero la Germania, la Polonia, l'Austria, il ciclone Boris, decine e decine di morti, e poi, ancora, in Spagna col ciclone Dana, Valencia, 70 morti. Ci furono vittime anche dalle nostre parti.

Dico questo perché, allora, noi fummo colpiti e non fummo pronti, non fummo reattivi. Addirittura il Governo volle, in qualche modo, rompere l'equilibrio di un'organizzazione, di un'architettura istituzionale del Paese che esiste, regioni, comuni, per imporre da Roma un commissario. Ovviamente il generale Figliuolo è una risorsa del Paese, è una risorsa dello Stato. Nulla e nessuno di noi ha mai avuto qualcosa contro il commissario Figliuolo, ma c'era un'impostazione, un'impostazione politica: siete incapaci, vi commissariamo! Quando dai territori, fossero il Friuli Venezia Giulia, piuttosto che il Veneto, piuttosto che l'Emilia Romagna, se l'architettura istituzionale del Paese è questa, centrata sulle regioni che hanno - come dire - un ordinamento procedurale con le protezioni civili, con i comuni, allora, davvero, bisognava forse investire in responsabilità su quei territori, sul presidente della regione, qualunque esso fosse: Acquaroli nelle Marche, Bonaccini prima in Emilia Romagna, ora De Pascale.

Allora, dobbiamo organizzare anche i nostri provvedimenti avendo sempre la cognizione profonda del senso che questi producono, degli atti che producono. Oggi, siamo in una fase diversa. Siamo in una fase diversa, c'è il commissario Curcio.

È stato fatto tutto quello che si doveva? Si, ci sono segnali però non è stato fatto tutto quello che si doveva fare. Vedete, a noi capitò di dire alcune parole anche in dialetto della nostra lingua, perché la Romagna è una terra che non si piange addosso e neanche le cartoline edulcorate dei bravi romagnoli che spalano nel fango, anche quelle cartoline lì, ci stanno un po' strette perché poi siamo abituati dalle nostre parti, come nel resto del Paese, anche a guardare i fatti. La Romagna si è data coraggio, ha lavorato, ha saputo decidere in momenti drammatici. Ne cito uno: la notte, quelle notti tra il 19, 20 e 21 maggio, quando la cooperativa agricola braccianti di Ravenna, d'intesa col sindaco e il prefetto di allora - col sindaco De Pascale di allora, ora è il presidente della regione - presero e si assunsero la responsabilità di una decisione drammatica cioè rompere gli argini, allagare i campi per centinaia e centinaia di ettari di quelle cooperative di braccianti, per salvare Ravenna. Si tagliano gli argini per allagare campi e così distruggere raccolti, lavoro, ma si salvarono delle vite.

Tutto questo per dire cosa? Per guardare al provvedimento di oggi con la memoria al passato, perché ci ricordiamo, “amarcord”, e allora, come ci dicevano e ci dicono anche le nostre nonne e i nostri genitori, “a ma racmand”, è un monito, è un monito che suona anche dolce: mi raccomando, questo Parlamento, il Governo deve fare le cose che sa che deve fare, non deve perdere tempo in polemiche.

Dicevo prima, ci sono alcuni punti importanti. Oggi, ci avviamo ad una cornice normativa più adeguata, stabilire quali sono le norme stesse entro le quali il commissario si può muovere. Ci sono ancora le promesse che sono lì, scolpite non nel vento ma nel fango, dei famosi rimborsi cento per cento per i beni immobili. Perché guardate, l'impianto normativo sulle calamità è ancora quello legato ai terremoti: quando c'è un terremoto vengono colpiti i beni immobili, quando c'è un'alluvione vengono colpiti i beni mobili, si allagano i primi piani, le cucine, i garage, i motorini per andare a lavorare.

Allora, questo provvedimento ha dei passi avanti, si mettono in piedi alcune procedure che aiutano la relazione, anche fattuale-operativa del commissario con le regioni. Però, ci sono punti che rimangono inevasi.

Tra l'altro, tutti i punti migliorativi erano quelli che noi avevamo proposto già nel luglio 2023, che non sono stati messi nel decreto-legge n. 61 di allora. Sono passati due anni ed oggi alcuni miglioramenti ci sono, ma rimangono inevasi alcuni punti come, ad esempio, il riconoscimento delle piccole difformità come elemento fondamentale per poter accedere ai contributi. Non è un condono, sono piccole cose, accatastamenti. C'è poi il non riconoscimento degli indennizzi per i beni immobili, per i quali, in questo provvedimento, sono stati inseriti tetti che non sono compatibili né con le promesse fatte, né con i bisogni: 6.000 euro di tetto massimo, quando 2.500 euro - finisco - per una cucina. E ancora: le opere strutturali necessarie per mettere in sicurezza quei territori. Si dice che gli interventi, la pianificazione territoriale e la programmazione strategica devono farle le regioni e i comuni. Certo che sì, ma ci vogliono leggi speciali se ti chiami bassa Romagna, se sei sotto il livello del mare; ci vuole una relazione nelle procedure, tra commissario, Governo; ci vogliono quegli 8,5 miliardi. Sì, sono state messe alcune risorse: c'è un miliardo per proseguire, però non c'è un impianto legislativo che possa guardare con strategicità agli interventi da fare.

Per questi motivi, riconoscendo alcuni passi avanti e memori di quello che è successo, il nostro voto sarà contrario, con l'auspicio che però, anche con il nuovo commissario, si possa davvero cambiare marcia e fase.