Dichiarazione di voto di fiducia
Data: 
Martedì, 2 Luglio, 2024
Nome: 
Silvio Lai

A.C. 1933

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, siamo davanti a un altro voto di fiducia su un decreto che in questo caso, in particolare, ha solo sfiorato questo ramo del Parlamento. Ormai siamo ai record demoliti ogni giorno. Sui tempi siamo al minimo storico: tre ore in Commissione e una giornata in Aula. Sui contenuti siamo a un'approvazione al buio o un testo sconosciuto a due terzi dei parlamentari, totalmente esclusi dalla discussione. Sì, perché i gruppi possono anche aver discusso i contenuti principali, ma il ruolo di ogni singolo parlamentare di maggioranza o di opposizione, la possibilità di partecipare e influire sulle dinamiche che si sviluppano all'interno delle Commissioni competenti, di portare un contributo di esperienza e di conoscenza del proprio territorio non ci sono più.

Questa è una fiducia al buio e voi siete accecati.

Vi state affidando a un'ondata di consenso, come altre ce ne sono state in questi ultimi anni. Ondate che, però, si sono dissolte con la stessa velocità con la quale erano nate, quando queste avevano dato alla testa, interpretando il proprio mandato come un mandato assoluto, per poi raccogliere i cocci di istituzioni sfibrate e cittadini delusi. Siamo esattamente qui oggi, il punto più alto è stato toccato e ora si iniziano a scorgere gli errori e le marce indietro, il nervosismo di chi si era abituato a credere di avere il tocco di Mida e si ritrova, invece, le mani sporche di altro, deluso dai familiari sporchi e maleducati che aveva chiuso nella stanza e nascosto agli ospiti, con il pranzo con i suoceri di C'è ancora domani.

Se non si fanno onestamente i conti con se stessi, la vera natura emerge sempre prima o poi, come le importanti e necessarie inchieste giornalistiche mostrano o come emerge spesso dai fatti di cronaca: gli spari, i saluti romani, le dichiarazioni violente e volgari di un consigliere comunale o regionale. Tuttavia, c'è chi lo ha già capito anticipatamente e lascia la barca ancora in navigazione.

Cito questo caso, perché è strettamente legato al testo su cui il Governo chiede oggi la fiducia. Vede, Presidente, le elezioni europee hanno segnato dati inequivocabili, poi li si può interpretare come si vuole. La decantata vittoria del Governo non esiste, tiene una percentuale, ma si riducono i voti, 2 milioni dopo solo due anni. Un'Italia così isolata in Europa non si era mai vista e dare la colpa agli europei, brutti e cattivi, non nasconde per niente il danno di immagine e credibilità portato dalla Premier, che sacrifica il Paese per provare a tenere insieme un gruppo politico europeo che si sfalda ogni giorno di più. La destra cresce certamente, ma le forze europeiste tengono. In Europa, le elezioni europee, come in Francia ieri.

Naturalmente, siamo certi che l'Italia avrà il suo commissario, ma non per merito di qualcuno, ci mancherebbe pure, lo prende anche il più piccolo degli Stati. Tuttavia, se l'esito sarà quello che si annuncia in queste ore, ovvero la promozione del Ministro Fitto, lì avremo l'unico vero vincitore di questa partita europea della Premier: Fitto che fuggirà dalle sue responsabilità di aver pasticciato come un dottor Frankenstein sul destino del Sud, per assumere un ruolo di commissario europeo - qualunque esso sia, anche la più finta e piccola delle deleghe andrà bene - pur di fuggire dal caos realizzato.

Sembrate già nella fase nella quale ognuno inizia a pensare per sé, a guardare l'orizzonte per scegliere il momento giusto per lasciare la barca che affonda, e, nel frattempo e senza vergogna, è ben attaccato ad ancoraggi più solidi. Lo dimostrano le posizioni diametralmente opposte di Forza Italia e Tajani, da una parte, e di Salvini e della Lega, dall'altra parte, sulla Commissione europea, con la Presidente Meloni che si rifugia in un gattopardesco voto di astensione, in attesa di sapere se avranno qualcosina in più da usare per la sua piccola propaganda in Italia.

Naturalmente, questo giudizio generale, che inquadra anche questo decreto, non attenua la necessità di rendere anche palese il merito di questi atti concreti che vi vantate state producendo e gli effetti che, invece, produrranno. Questo decreto poteva essere molto importante - è vero -, invece potremmo commentarlo con “tanto rumore per nulla”. Non c'era mica bisogno di un decreto per istituire l'ennesima - forse l'ottava o la nona - cabina di regia per rafforzare il modello imperiale del Ministro per la coesione. Un'ennesima messe di assunzioni di dirigenti e funzionari in un Ministero: altro che Roma ladrona o altro che salviamo il Sud, questo è semplicemente un ulteriore costo burocratico, che si aggiunge alla riduzione delle risorse per il Mezzogiorno, perché questo lo dicono i dati, se volete leggerli. Proprio in questi giorni è stato pubblicato, in una rivista di economia internazionale, uno studio sull'impatto economico del PNRR in Italia che presenta dati impressionanti. L'investimento pubblico del PNRR ammonta a 131 miliardi - più o meno l'8 per cento del PIL calcolato sul 2020, tanto per dare una dimensione - di cui 52,4 miliardi nel Mezzogiorno e 78,6 nel Centro-Nord. Il dato che emerge è che la spesa in infrastrutture del 40 per cento, questa divisione, avrebbe migliorato di un solo punto percentuale il divario di produttività tra Mezzogiorno e Centro-Nord, portando dall'attuale 75 per cento a un futuribile, se tutto va bene, 76 per cento. Mi ha fatto molto riflettere questo dato, perché indica chiaramente una strada da percorrere che porta in una direzione ostinatamente contraria a quello che fate voi e che fate percorrere voi al Paese.

Con questo decreto, ovvero anche con l'autonomia differenziata che si basa su lasciare le risorse dove si formano, non si colma niente, si accentua semplicemente la differenza tra territori a favore di quelli già avanti, che diventano ulteriormente attrattivi per le imprese e per le persone che, però, non possono che arrivare da dove imprese e servizi non ce ne sono, quindi emigrano. Si prende atto che esiste un divario infrastrutturale che incide sulla capacità produttiva, un divario infrastrutture che diventa drammatico nelle isole e, certamente, non si affronta con il ponte dello Stretto: un investimento imponente in un unico luogo, tutto finanziato con fondi di coesione per il Sud che vincono nei prossimi vent'anni.

Si affronta, invece, con gli investimenti in infrastrutture interne di connessione, altrimenti lo si peggiora questo divario. Nel vostro PNRR rivisto, il vincolo del 40 per cento al Sud permane, ma su un perimetro ridotto che esclude sia Rete ferroviaria italiana che ANAS. Quindi, si riduce enormemente il dato: alcuni media hanno parlato addirittura dal 40 al 19 per cento. Ebbene, il paradosso è che il PNRR, come modificato da voi, non consentirà neanche di mantenere intatto il divario tra Nord e Sud, ma lo aggraverà.

Non solo, perché non è soltanto quello che aggraverà la situazione. Sul Fondo perequativo infrastrutturale siamo addirittura al ridicolo. Diventa un fondo dedicato esclusivamente al Mezzogiorno, tanto proclamato, solo che dei 4,6 miliardi iniziali sono rimasti soltanto 700 milioni e tutto per il 100 per cento di questa cifra, ma che non equivale neanche al all'80 per cento lo stanziamento originario. Insomma, dovevano esserci 3,7 miliardi di Fondo perequativo per il Sud e spariscono 3 miliardi perché servono a coprire il gioco delle tre carte del Ministro Fitto. Lo stesso vale per le misure di assunzione di donne giovani.

Se le misure di sostegno sono identiche, queste approfondiscono il divario e causano solo una cosa: emigrazione dal Sud al Nord. Se questo è quello che disegnate e volete, state andando nella direzione giusta. Ora, a questo danno quantitativo, cioè gli investimenti da voi ridotti nel Mezzogiorno che accentueranno le differenze, si somma un dato che è dato dall'accentramento perpetrato con una sequenza di normative che hanno impregnato tutte le vostre disposizioni e che, peraltro, hanno anche prodotto un ritardo di quasi un anno sulla realizzazione del PNRR. Per quanto ci riempiate di notizie sul record di rate richieste e non pagate del programma italiano - peraltro l'unico ad avere una rateazione così numerosa, quindi, quando noi siamo alla sesta e gli altri sono alla quarta, in realtà sono più avanti loro - sarà il pacco che l'attuale Ministro della coesione lascerà al suo successore una volta fuggito a Bruxelles.

Una mostruosità costruita in 24 mesi, cabine di regia facili da far partire e impossibili da gestire nei tempi dati, che esploderanno in tutte le loro contraddizioni. Ora guardiamo al disegno complessivo degli ultimi tre decreti che riguardano PNR e politiche di coesione Sud. Il primo, il decreto-legge PNRR, ha introdotto il principio del definanziamento, per cui alcune misure sono state spostate dal PNRR ad un finanziamento ultroneo, differente, peraltro già destinato al Sud e, quindi, è stato in qualche modo impoverito il Sud: una riscrittura totale del Piano che ha messo anche in imbarazzo regioni, comuni e persino sistema sanitario, per la sottrazione delle risorse delle case della salute, ad esempio.

Poi, nel decreto-legge Sud, il secondo, avete introdotto la riforma del Fondo di coesione e, quindi, definito degli accordi di coesione che hanno spostato su Palazzo Chigi il potere della scelta delle priorità per i territori regionali. Con quella cosa, avete anche fatto la zona economica speciale unica, dove siamo passati al principio che tutto è ZES, senza nessuna selettività e possibilità di scelta da parte dei territori su vocazioni specifiche o coordinamento delle politiche. Guardate che “tutto ZES” vuol dire “niente ZES” e “ZES centralizzata” vuol dire ritardi.

Tant'è vero che in questo decreto c'è ancora un mese in più prima di far partire il programma che consente di fare poi in qualche modo le autorizzazioni alle imprese. Vuol dire deresponsabilizzazione dei territori e oscurità delle scelte, come dice la Corte dei conti. Inoltre, con il “decreto Coesione”, sul quale oggi avete chiesto la fiducia, ancora rafforzate ulteriormente la centralizzazione delle scelte con un'altra cabina di regia. Fra un po' dovrete fare una cabina di regia per coordinare le cabine di regia e lo consiglio al Ministro che sostituirà Fitto dopo questa partenza. Eppure, il disegno del PNRR era esattamente il contrario.

La Missione 1 serviva a destinare le risorse al potenziamento della capacità amministrativa nazionale e locale, dando a quella nazionale le funzioni di controllo e coordinamento e a quella locale compiti di progettazione e realizzazione. Ma questo non sta succedendo, si ottiene, invece, con il vostro meccanismo un controllo ossessivo che rallenta - come dimostra oggi il “pericoloso quotidiano di sinistra” Sole 24 ore - e crea - come dice anche lì una “pericolosa struttura comunista” come la Corte dei conti - zone d'ombra, perché non tutto si può controllare.

Presidente, mi permetta di concludere: oggi in quest'Aula parliamo di coesione, centralizzando tutto e per paradosso - ma non lo è - solo una settimana fa, con una procedura accelerata e senza consentire i necessari approfondimenti, senza ascoltare le valutazioni che provenivano dal Paese, dai sindaci, dalle regioni e persino dalla Conferenza episcopale italiana, avete votato la possibilità di una estrema regionalizzazione e avete allontanato così le speranze di tanti giovani e tante comunità che, da sempre, lottano per ridurre le disuguaglianze e affermare diritti e giustizia sociale.

Mi ha fatto un po' tenerezza, oggi, il Ministro Musumeci, che ha definito la richiesta del presidente del Veneto come assolutamente precoce. Attraverso lei, Presidente, chiedo al Ministro: ma lei pensava davvero che fosse solo una finta? Nel nome di un patto politico, fatto di interessi, avete diviso così i cittadini in categorie: quelli che potranno curarsi, formarsi, costruirsi un futuro e quelli che vedranno ridotte le loro aspettative, costretti, per sopravvivere decentemente, ad emigrare. Oggi voi non avete diritto a parlare di coesione, ma solo di separazione. Per questo, la nostra battaglia continua qui nel Parlamento e nelle piazze, utilizzando tutti gli strumenti, compresi i referendum, per bocciare le vostre politiche contro quel Paese e quella patria “una e indivisibile” - come dice la Costituzione - che hanno voluto coloro che ci hanno liberato dal nazifascismo, che ideologicamente purtroppo è ancora nella vostra gioventù, perché così vi è stato insegnato.

Per questo e per quello che state facendo, come democratici e cittadini italiani, votiamo “no”, convintamente, a questa fiducia.