La risposta del ministro Bonafede è imbarazzante, ai limiti della decenza politica. Anche oggi non dice in Aula la verità sui suoi reali rapporti con un faccendiere come Lanzalone, che lei ha contribuito ad accreditare prima presso un luogo oscuro che eterodirige i cinquestelle e poi presso il sindaco di Livorno e soprattutto presso quello di Roma Virginia Raggi. Lanzalone è stato al centro di relazioni e affari opachi con pesanti risvolti giudiziari, che hanno sepolto ancora di più se è possibile quella patente che vi siete autoassegnati di difensori dell’onestà e della trasparenza. Ma la sua risposta è gravissima anche perché il ministro non dice una parola a difesa dell’informazione e dei giornalisti che sono stati attaccati, insultati, intimiditi da suoi compagni di partito che ricoprono importanti ruoli istituzionali come Di Maio o che come Di Battista da qualche resort caraibico hanno stilato vergognose liste di proscrizione. La libertà di informazione è un bene fondamentale, ci sono persone che per garantirla anche in Costituzione hanno pagato con la vita e che oggi rischiano la vita per inchieste contro le mafie, i neonazismi e la criminalità. Lei ministro assiste in silenzio a queste minacce ai giornalisti e agli editori e questo rivela da parte vostra la voglia di avere una stampa asservita e non come deve essere in democrazia un contropotere. Salvini intimidisce i magistrati e lei silente. Di Maio insulta i giornalisti e lei silente. I dissidenti Nugnes e De Falco vengono spediti ai campi di rieducazione. E lei silente e quindi complice.
Lo afferma il deputato Pd Walter Verini, intervenendo in Aula durante la replica al question Time con il ministro Bonafede.