Serve educazione a uso responsabile della rete
“Non si può morire per 2600 like. Così il padre di Carolina Picchio, la ragazza 14enne suicida per un video diffuso in rete. Stiamo vedendo e vivendo, quasi quotidianamente, storie terribili di violenza, anche solo psicologica, nata e diffusa nel web, che coinvolgono soprattutto minori. E a fronte di una evidente impreparazione da parte delle vittime di reagire in modo adeguato e al disorientamento delle famiglie e della scuola, abbiamo il dovere di intervenire.
Oggi la Camera ha approvato una legge (che passa al Senato) per contrastare bullismo e cyberbullismo. Perché la rete, grande strumento di innovazione, può trasformarsi in una gogna tremenda.
Dobbiamo difendere le vittime e punire i persecutori. E la legge va in questa direzione. Chi è vittima di cyberbullismo può chiedere di rimuovere o bloccare i dati personali diffusi in rete e se il gestore del sito non lo fa entro 24 ore interviene il Garante della privacy. Nelle scuole, dove si registrano con più frequenza casi di bullismo, sarà individuato un insegnante come referente e al preside spetterà di informare subito le famiglie dei ragazzi coinvolti. Per atti persecutori come lo stalking online è stata rafforzata l’aggravante, con la reclusione da uno a sei anni.
La principale “arma” contro questi fenomeni resta l’educazione. Da recenti indagini emerge che non solo la scuola è l’ambiente più a rischio, ma che nelle famiglie c’è scarsa attenzione per questi fenomeni. Si tende a minimizzare, mentre dovremmo evitare di lasciare soli i nostri ragazzi trasmettendo con insistenza i valori del rispetto della persona - e delle donne in particolare -, dell’amicizia, delle relazioni umane. E poi, tutt’altro che secondario, c’è anche l’educazione ad un uso responsabile delle tecnologie per preparare adeguatamente gli adolescenti al mondo dei social e del virtuale. Dobbiamo essere liberi di frequentare il web, ma senza subirlo”.
Lo scrive Ettore Rosato, presidente dei deputati Pd, in un post su Facebbok