“Questo decreto potrebbe essere chiamato il ‘decreto delle occasioni perdute’”. Lo ha dichiarato in Aula Gianluca Benamati, vice-presidente della Commissione Attività produttive della Camera, nel corso della discussione generale sul Decretone.
“Su un tema essenziale come quello del lavoro – ha spiegato - il reddito di cittadinanza poteva essere l’occasione per un dibattito serio su cosa significa il lavoro oggi e quali sono le sue prospettive per domani, sui cambiamenti del lavoro e, di conseguenza, sul cambiamento del sistema di protezione sociale dei lavoratori. Ma su questo il dibattito non c’è stato. Si è spento sull’ambizioso credo di essere sempre i primi a realizzare le cose e sulla negazione di tutte quello che è stato fatto in precedenza. Eppure, la precedente legislatura dei temi del lavoro e del contrasto alla povertà si è occupata. Nell’assistenza ai lavoratori ci siamo mossi da un sistema di casse integrazioni, basato sul mantenimento del legame tra l’azienda e il lavoratore, alla Naspi, ammortizzatore focalizzato sulla persona. Si è introdotto il reddito di inclusione contro la povertà. Questo decreto non inventa nulla. Gli strumenti c’erano. Allo stesso modo, non si può pensare che solo il lavoro sia una risposta alla povertà. Vi sono fasce di povertà non intercettate dal lavoro. Il reddito di cittadinanza non coglierà gli obiettivi che si prefigge. Innanzitutto per motivi di risorse – raggiungerà al meglio forse la metà dei poveri interessati. Ma soprattutto perché si rivolge a due realtà, come il lavoro e la povertà, che non sono sinergiche e hanno quindi bisogno di strumenti diversi. Un sistema ibrido costituito da un lato, da politiche attive del lavoro e, dall’altro, da misure per il contrasto alla povertà e l’inclusione, con una scorribanda nel settore della previdenza, non è certezza di un ottimo risultato. Dà solo la certezza di raggiungere alcuni cittadini ma non di scalfire il problema. Questo sistema creerà una distinzione tra disoccupati premium e disoccupati affidati al cuore di chi passa”.
“Non è uno strumento efficace di politica attiva del lavoro ma qualcosa che creerà una dipendenza. Se queste misure erano pensate per sostenere una crescita che non c’è, non siamo affatto in questo orizzonte”, ha concluso.