“Questo è il governo della retorica e della mistificazione. Usare la parola ‘dignità’ è importante, ma la prima dignità sarebbe la verità che questa maggioranza deve al Parlamento e al Paese. Curioso che il ministro Centinaio da giorni festeggi il ritorno ai voucher e oggi in aula lo stesso Governo, per voce del sottosegretario Cominardi, dica l’esatto opposto. Quello che è stato fatto con il decreto 87 è una mera destrutturazione della norma sul lavoro accessorio approvata nella scorsa legislatura senza alcuna miglioria nelle procedure di incontro tra domanda e offerta. Si agita la bandiera della sburocratizzazione e della semplificazione, ma in realtà l’unico cambiamento è rappresentato da una coda in più in posta e l’ampliamento da tre a dieci giorni per le dichiarazioni delle ore di lavoro. Questa estensione creerà zone d’ombra pericolose, in cui si potrà insinuare e ‘stabilizzare’ il lavoro nero”.
Così la capogruppo Dem in Commissione Agricoltura, Maria Chiara Gadda, intervenendo oggi in Aula durante la discussione sul Decreto Dignità.
“Si alza il muro dell’opacità - aggiunge la deputata Dem - ma le aziende non chiedono questo. Non vogliono strumenti per nascondere il lavoro nero ma per lavorare in modo semplice e nella regolarità. Se le associazioni fossero state ascoltate in audizione, cosa non avvenuta nonostante le nostre richieste, il governo avrebbe forse compreso cosa serve davvero al settore. Con le autocertificazioni, si è inoltre spostato il tema della responsabilità sulle denunce fallaci solo sul lavoratore, e ben sappiamo come la necessità di lavorare possa spingere le persone a sottovalutare le implicazioni di una dichiarazione mendace. A questo punto sarebbe saggio tornare indietro, entrare nel merito delle peculiarità del lavoro agricolo ed evitare di prendere in giro imprese e lavoratori. Siamo di fronte a un testo - conclude Maria Chiara Gadda - che a parole vuole dare dignità al lavoratore, nei fatti farà perdere posti di lavoro ed aumenterà quelle zone di opacità che sarebbe invece opportuno combattere”.