Mansour Dehmardeh è un ragazzo iraniano, ha 22 anni. Oggi, insieme ad altri tre suoi coetanei, è stato condannato a morte, in via definitiva, dal regime di Khamenei. L’accusa è di “Corruzione sulla Terra” e “guerra contro Dio”.
Mansour è un ragazzo disabile, lo scorso 3 ottobre è stato arrestato nel contesto della brutale repressione delle proteste antigovernative a Zahedan, capoluogo della provincia del Sistan-Baluchistan, dove vive la minoranza beluci del Paese. Moltissimi sono stati incarcerati, altri deportati con la forza in Afghanistan.
Dopo dieci giorni di torture, in cui gli hanno spaccato il naso e i denti, e non ha avuto la possibilità di nominarsi un avvocato di fiducia, Mansour ha confessato di aver lanciato tre pietre e dato fuoco ad una gomma durante le manifestazioni. Un tribunale lo ha condanato a morte, per tre pietre scagliate e una gomma bruciata.
In Iran, in questo momento, ci sono centinaia di persone che rischiano la condanna a morte o la cui esecuzione è imminente. Con la collega Lia Quartapelle abbiamo deciso di “adottare” le ragazze e i ragazzi arrestati e condannati, per diffonderne la storia e difenderne la vita facendo pressione sul governo iraniano per fermare le esecuzioni.
Nei giorni scorsi, in qualità di deputato della Repubblica Italiana, ho inviato una lettera ufficiale all’Ambasciata iraniana a Roma per chiedere l’immediato rilascio di Mansour e per avere notizie sul processo e sulle sue condizioni psicofisiche, denunciando la violazione dei più elementari diritti umani. Non è arrivata alcuna risposta. Non fermiamo le nostre proteste. Fermiamo l’orrore in Iran.
Lo scrive su Facebook il vicecapogruppo del PD alla Camera Peppe Provenzano.