“Richiedere agli immigrati la certificazione formale rilasciata dallo Stato di origine sulla propria condizione patrimoniale, peraltro ‘tradotta in lingua italiana e legalizzata dall’autorità consolare italiana’, è veramente espressione della volontà di rendere ancora più difficile la vita di persone che vivono già una condizione difficile, e ciò soprattutto se si considera che per giurisprudenza costante ai limitati e specifici fini di utilizzo dell’Isee consentita l’autocertificazione anche con riferimento alla proprietà e ai redditi situati all’estero, in ragione di un regime derogatorio rispetto alla normativa di diritto ‘comune’ di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 445 del 2000. Una previsione dunque che domani sarà messa nel nulla dalla giurisprudenza ma che oggi consente di esibire muscoli estrogenati contro i più deboli fra i deboli”.
Così Antonio Viscomi, deputato Dem della commissione Lavoro, in una nota diffusa a margine della discussione sul cosiddetto Decretone alla Camera.