“Ho atteso la risposta di Matteo Renzi per commentare le sue recenti dichiarazioni sul regime saudita. Una risposta che è venuta ieri e che rende ancora più grave - se possibile - l’irresponsabilità politica dell’aver definito “rinascimentale” un regime ferocemente oppressivo e l’irresponsabilità morale e istituzionale del ricevere un compenso economico da una dittatura straniera mentre si svolgono le funzioni di Senatore della Repubblica Italiana.
I diritti umani sono una cosa seria. La loro difesa distingue coloro che in politica si battono per un orizzonte illuminista da coloro che considerano del tutto secondario il rispetto per le libertà fondamentali della persona. Non penso alla differenza tra destra e sinistra, ma a qualcosa di ancor più basico e fondamentale: libertà di parola, di stampa, di associazione. Tutte libertà che in Arabia Saudita vengono negate e represse, con il corollario dell’assenza di una molteplicità di diritti e tutele che ormai da decenni costituiscono il dato di partenza del tessuto normativo di qualunque entità statale che ambisca ad essere considerata come un “paese civile”.
Prendere atto del tratto repressivo e autoritario di quel regime rende impossibile o inopportuno “intrattenere rapporti con l’Arabia Saudita”, come si chiede retoricamente Renzi nella sua ultima newsletter? Ovviamente no. Ma è la qualità di quei rapporti a fare la differenza, insieme allo status di colui che intrattiene quei rapporti.
Matteo Renzi non è Ministro degli Esteri, non svolge una funzione di rappresentanza dell’Italia all’estero, non ha ruoli ufficiali nella definizione delle strategie geopolitiche del nostro paese. Non è dunque tenuto a quell’equilibrio tra difesa dell’interesse nazionale, convinzioni e ruoli nelle alleanze internazionali che è proprio di chiunque svolga una funzione diplomatica o di governo. Quando incontra un qualunque leader straniero egli rappresenta dunque sé stesso, le proprie idee politiche e quelle della propria parte politica: con il grado massimo di libertà e responsabilità che gli deriva dall’assenza di ruoli ufficiali. Nel corso del suo incontro con Moḥammad bin Salmān ha descritto in termini estremamente positivi il contesto dei diritti civili dell’Arabia Saudita (paragonandolo a quella stagione della storia italiana che è universalmente associata al trionfo delle libertà individuali, della creatività artistica, civica ed economica), e in particolare ha lodato la legislazione saudita sul lavoro.
Questo è il punto: avendo avuto occasione di incontrare bin Salmān, avrebbe potuto censurare le molteplici violazioni delle libertà fondamentali della persona che si compiono quotidianamente in quello Stato o anche solo incoraggiare il Principe a fare di più per superare i limiti più inaccettabili di quel regime. Ha scelto invece di elevare l’Arabia Saudita ad esempio di civiltà, progresso e tolleranza. Analogamente alle tante occasioni in cui Matteo Salvini, quando era anch’egli privo di ruoli diplomatici o di governo, ha espresso valutazioni estremamente positive sul regime liberticida di Putin negando (o sottovalutando) le numerose violazioni delle libertà fondamentali che si compiono in Russia. E su questo punto non c’è stata alcuna retromarcia da parte di Renzi, né ieri né in nessun’altra occasione in cui egli sia recentemente tornato su quel colloquio pubblico. E il fatto che nel frattempo sia stato pubblicato il rapporto USA sulle responsabilità dirette di bin Salmān nell’assassinio del dissidente Jamal Khashoggi non fa molta differenza: già prima di allora il regime saudita era quello che è.
Quanto al tema del compenso che Renzi avrebbe ricevuto, c’è davvero poco da aggiungere. Non basta specificare la “legittimità legale” di quel compenso o l’impegno a pagarvi le tasse. Nessuno discute dell’onestà fiscale di Matteo Renzi o della sua determinazione a rispettare la legge italiana. Qui si parla dell’opportunità politica (e morale, se è consentito) di ricevere soldi da una istituzione di promozione legata ad una dittatura ferocemente oppressivo per elevare lodi e apprezzamenti pubblici a quello stesso regime. E di farlo da Senatore della Repubblica italiana, eletto con suffragio libero e universale in una grande democrazia com’è la nostra. E anche qui, spiace ricordarlo, non abbiamo letto di alcuna retromarcia o ripensamento.
Eppure sarebbe bastato davvero poco. Come l’affermare una cosa semplice, anzi due: “Ho sbagliato a definire ‘rinascimentale’ il regime saudita, che nega diritti basilari e reprime libertà fondamentali. Ho già comunicato le mie dimissioni dal board della Future Investment Initiative e devolverò ad Amnesty International i compensi che ho già ricevuto”. E’ quello che fa un leader politico quando si accorge di avere commesso un errore grave e quando intende preservare il proprio potenziale di coerenza e autorevolezza”. Lo scrive sulla sua pagina facebook, Andrea Romano, deputato del Pd.