“In queste settimane sta esplodendo la questione che riguarda l’inefficienza e l’inadeguatezza del processo telematico. Noi crediamo nel valore della digitalizzazione e una parte delle risorse del PNRR sono destinate proprio alla digitalizzazione dei processi e il governo si è fatto vanto di averli anche spesi. Ma se li ha spesi ci preoccupiamo ancora di più, perché i risultati sono zero. Già sul processo telematico penale abbiamo avuto un rinvio al 1 gennaio 2025 perché il governo si era reso conto che non funzionava. Ma stiamo arrivando alla fine del 2024 con i medesimi problemi, tanto che è arrivata la richiesta da parte di molti interlocutori della giurisdizione sulla impossibilità di far funzionare il sistema dal 1 gennaio 2025. Stiamo parlando di processo penale che coinvolge i diritti dei cittadini, quei temi su cui il governo fa sfoggio di furore ideologico e bandierine, però nel frattempo nemmeno lo strumento digitale funziona. Siamo molto preoccupati perché il rischio è che dal primo gennaio il sistema sarà ingestibile.” Lo ha detto Federico Gianassi, capogruppo PD in commissione giustizia di Montecitorio, intervenendo nella conferenza stampa del PD “La giustizia non giusta. Giudici di pace e processo telematico”.
Giudici di pace rinviano processi al 2030 e le app del processo telematico non funzionano
“Abbiamo definito la giustizia non giusta perché purtroppo siamo di fronte ad un governo e ad una maggioranza, in particolare ad un ministro, che si occupano dei grandi sistemi, penso alla separazione delle carriere, alla riforma della corte corte dei conti, al sistema delle intercettazioni piuttosto che all’abolizione di reati come è accaduto con l’abuso in ufficio, tutte ‘grandi riforme’ che però non toccano la vita quotidiana dei cittadini.
La verità è che la giustizia italiana non funziona. Ricordo che in questo momento è operativo in Italia soltanto il 37% dei giudici di pace necessari per lo svolgimento dei processi a loro affidati. Questo porta ad avere udienze che sono state già rinviate al 2028 o addirittura al 2030. Cose che succedono quotidianamente. Allo stesso modo ricordiamo che il processo telematico non funziona, le app non funzionano e spesso i giudici e i cittadini non riescono ad accedervi. Dunque noi vogliamo una giustizia più veloce, digitalizzata ma vogliamo che funzioni. Nonostante i fondi del Pnrr, il governo però non si occupa né di giudici di pace né di processo telematico ma solo bandierine ideologiche”. Lo ha detto Debora Serracchiani Deputata Pd e responsabile nazionale giustizia intervenendo in conferenza stampa “La giustizia non giusta. Giudici di pace e processo telematico”.
La giustizia non giusta: giudici di pace e processo telematico. Criticità
Oggi, mercoledì 11 dicembre alle ore 11:30 si terrà la conferenza stampa in sala Berlinguer della Camera (ingresso via degli uffici del vicario, 21) “La Giustizia non giusta: giudici di pace e processo telematico”.
Parteciperanno la responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, i capigruppo in commissione Giustizia di Camera e Senato, rispettivamente Federico Gianassi e Alfredo Bazoli, e il capogruppo Pd in commissione Antimafia, Walter Verini.
Per accrediti ospiti e giornalisti pd.ufficiostampa@camera.it.
La giustizia non giusta: giudici di pace e processo telematico. Criticità
Domani, mercoledì 11 dicembre alle ore 11:30 si terrà la conferenza stampa in sala Berlinguer della Camera (ingresso via degli uffici del vicario, 21) “La Giustizia non giusta: giudici di pace e processo telematico”.
Parteciperanno la responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, i capigruppo in commissione Giustizia di Camera e Senato, rispettivamente Federico Gianassi e Alfredo Bazoli, e il capogruppo Pd in commissione Antimafia, Walter Verini.
Per accrediti ospiti e giornalisti pd.ufficiostampa@camera.it.
“Il carcere ormai è una vera e propria emergenza nazionale. Riteniamo che ci siano delle persone che non devono neanche entrarci: sono quei detenuti che hanno un disagio psichiatrico, hanno una dipendenza o addirittura una doppia diagnosi sia psichiatrica che di dipendenza. In carcere non solo non possono essere curati, ma non riescono neppure a migliorare quelle che sono le loro condizioni. A queste persone dobbiamo fare una proposta alternativa”. Così la deputata dem Debora Serracchiani, responsabile nazionale Giustizia del Partito Democratico, a margine della conferenza stampa a Montecitorio organizzata dal Coordinamento nazionale comunità accoglienti.
“Le proposte alternative ci sono – ha aggiunto Serracchiani - dall'affidamento in prova, all'ingresso nelle comunità terapeutiche. Quest’ultime oggi ci dicono che hanno posti a disposizione. Tuttavia, manca la volontà politica di far sì che queste persone invece di stare in carcere possano andare in quelle comunità. Questo è un problema di sicurezza anche per noi che siamo fuori. Prima o poi quei detenuti escono, se escono peggio di come sono entrati è un problema di sicurezza anche per noi”.
"Hanno tra i 19 e i 28 anni, sono israeliani e palestinesi e hanno una cosa in comune: rifiutano la guerra. E per questo pagano un prezzo altissimo.
Sofia Orr, israeliana di 19 anni, ha subito 85 giorni di carcere per essersi rifiutata, sono le sue parole, "di prendere parte all'occupazione e ora al genocidio" del popolo palestinese. Daniel usa un nome di fantasia e parla protetto da una mascherina perché teme ritorsioni come l'arresto e il licenziamento perché ha scelto di non arruolarsi nell'Idf. "In Israele ci sono manifestazioni contro la guerra che vengono represse con arresti - ha raccontato -. Le persone vengono sorvegliate e la polizia interviene anche solo per un post che esprime empatia per i bambini uccisi a Gaza". Sono rappresentanti di Masarvot, rete di attivisti israeliani nata nel 2015 contro l’occupazione della Palestina che sostiene gli obiettori di coscienza. E poi c'è Tarteel Yasser Al Junaidi, giovane donna palestinese di Hebron, in Cisgiordania, e attivista di "Community Peacemaker Teams - Palestina" che ha sottolineato il clima pesante in cui i palestinesi trascorrono la loro esistenza. "Cresciamo nella violenza sapendo che le nostre voci non saranno mai ascoltate e che le nostre vite non hanno valore. Per questo che noi palestinesi nasciamo naturalmente attivisti". "A Hebron la vita è durissima: ai checkpoint vengono controllati fisicamente anche i bambini che vanno a scuola e le nostre manifestazioni pacifiche sono soffocate con la violenza. Chiediamo ai governi europei di fare pressione perché questo cessi," è stato il suo appello.
Le loro voci di attivisti pacifisti e non violenti sono state ascoltate questa mattina al Comitato diritti umani della Camera, che presiedo, e oggi pomeriggio in una conferenza stampa voluta dalla Rete italiana pace e disarmo e dal Movimento nonviolento che li sta accompagnando in un tour in tutta Italia nell'ambito della campagna di obiezione alla guerra.
Storie di grande coraggio e forza di giovanissimi che si ribellano con strumenti non violenti e che vogliono costruire la pace tra israeliani e palestinesi. "Senza giustizia non ci sarà pace" hanno detto. E per avere giustizia chiedono che la comunità internazionale fermi Netanyahu e la sua guerra. E chiedono che i loro diritti di obiettori vengano tutelati. Sono loro "la meglio gioventù" che può davvero porre le basi per un futuro migliore fondato sul rispetto reciproco e la convivenza civile e è a loro che andrebbe passato il testimone.
Presenteremo un'interrogazione per chiedere al governo cosa intenda fare affinché il governo israeliano riconosca l'obiezione di coscienza e garantisca il diritto di espressione a chi invoca la pace. Inoltre chiederemo che a chi come queste ragazze e a questi ragazzi si rifiuta di prestare il servizio militare di ottenere lo status di rifugiato nel nostro Paese". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
Nordio stravolge princìpi fondanti dell'UE. Pensa ad Italexit?
“In attesa di leggere approfonditamente nel merito il testo del Decreto Legge approvato dal Governo ci permettiamo di ricordare al Ministro Nordio due concetti basilari e persino banali della nostra appartenenza all'UE, che però nella conferenza stampa di ieri sono stati clamorosamente stravolti e calpestati. Primo, un decreto legge è soggetto al pieno rispetto del diritto UE e delle pronunce della Corte di giustizia proprio come un decreto ministeriale. Secondo, i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare non solo i decreti ministeriali ma anche e soprattutto le norme di legge se incompatibili con la disciplina europea. È un principio fondamentale del primato e dell'effetto diretto del diritto UE già affermato da decenni di giurisprudenza della Corte di giustizia, accolta anche dalla Corte costituzionale. È grave solo pensare che cambiando la fonte normativa nazionale sui Paesi sicuri cambi la natura degli obblighi europei per gli Stati membri e per i giudici. A meno che non pensi ad un'Italexit, il Governo non può derogare a questi princìpi e, se ne faccia una ragione, deve rispettare norme, regole e diritti europei” così in una nota il capogruppo democratico nella commissione politiche europee della Camera, Piero De Luca.
“Oggi denunciamo un’ingiustizia che si sta consumando sempre a danno di noi donne. In Sicilia si studia come aumentare le discriminazioni sotto ogni profilo: politico, sociale ed economico. L’Assemblea regionale (Ars) sta per discutere il ddl n,105 dove, all’art. 2, si riduce l’obbligo di alternanza di genere al 20 per cento nelle giunte dei comuni al di sopra dei tre mila abitanti. Già con l’Autonomia differenziata il Paese è stato abbondantemente scisso in due, ora questa ulteriore legge discriminatoria acuisce ancora di più le disuguaglianze e accentua la distanza dei comuni siciliani sul campo della rappresentanza di genere dal resto del Paese. Noi diciamo ‘no’ con un emendamento già presentato all'Ars”. Così la deputata siciliana del Pd, Stefania Marino, durante una conferenza stampa presso la Sala Berlinguer del gruppo dem alla Camera, insieme alla presidente del Gruppo Pd a Montecitorio Chiara Braga, i deputati siciliani Anthony Barbagallo e Giovanna Iacono, le senatrici Anna Maria Furlan, Vincenza Rando, il senatore Antonio Nicita e Roberta Mori, portavoce delle democratiche.
"Chiediamo a tutte e tutti – ha concluso Marino - uno scatto d’orgoglio e una legislazione nel rispetto dell’uguaglianza e della democrazia paritaria per gli enti locali e un’accelerazione anche per il processo di aggiornamento del sistema elettorale regionale con la previsione della doppia preferenza di genere. Dobbiamo fare sentire la nostra voce. Questa è una battaglia che riguarda tutte e tutti noi e il futuro delle prossime generazioni. Chiediamo che ci sia da parte di tutte le istituzioni, le organizzazioni e la società civile, anche a livello trasversale, un coinvolgimento per difendere la presenza di genere nelle giunte comunali siciliane. Ci vediamo il 15 ottobre davanti l’Ars per manifestare contro questa legge ingiusta e discriminatoria".
Noi non archiviamo. Verità e giustizia per Ilaria e Miran
Si svolgerà oggi, martedì 19 marzo, alle ore 11.30, presso la Sala Stampa della Camera, la conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il trentesimo anniversario dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo del 1994.
Partecipano: Mariangela Greiner, portavoce del cartello Noi non archiviamo; Vittorio Di Trapani, presidente Fnsi; Daniele Macheda, segretario Usigrai; Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti; Beppe Giulietti e Giulio Vasaturo, rispettivamente presidente e avvocato di Articolo 21; Walter Verini, capogruppo del Partito Democratico in commissione Antimafia.
L’iniziativa si pone l’obiettivo di rilanciare l’impegno a non archiviare la vicenda, di rinnovare la battaglia per la verità e la giustizia, di dare impulso alle nuove indagini avviate dalla Procura di Roma e di tutelare il giornalismo d’inchiesta.
Noi non archiviamo: verità e giustizia per Ilaria e Miran
Si svolgerà martedì prossimo, 19 marzo, alle ore 11.30, presso la Sala Stampa della Camera, la conferenza stampa di presentazione delle iniziative per il trentesimo anniversario dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo del 1994.
Partecipano: Mariangela Graimer, portavoce del cartello Noi non archiviamo; Vittorio Di Trapani, presidente Fnsi; Daniele Macheda, segretario Usigrai; Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti; Beppe Giulietti e Giulio Vasaturo, rispettivamente presidente e avvocato di Articolo 21; Walter Verini, capogruppo del Partito Democratico in commissione Antimafia.
L’iniziativa si pone l’obiettivo di rilanciare l’impegno a non archiviare la vicenda, di rinnovare la battaglia per la verità e la giustizia, di dare finalmente nuovo impulso alle indagini della Procura di Roma (anche in presenza di fatti ed elementi di cui tenere conto) e di tutelare il giornalismo d’inchiesta.
Domani alle ore 11.30 i parlamentari reggiani democratici il senatore Graziano Delrio e l’onorevole Andrea Rossi, con la presenza del sindaco Luca Vecchi, accompagneranno la responsabile nazionale giustizia del Partito Democratico Debora Serracchiani in un sopralluogo presso il carcere di Reggio Emilia.
L’iniziativa si inserisce all’interno delle visite e degli approfondimenti organizzati dalla deputata Serracchiani in merito alla situazione delle carceri italiane e dopo il pestaggio reso noto la scorsa settimana avvenuto proprio presso la casa circondariale reggiana.
In merito al gravissimo episodio i gruppi del Partito Democratico di Camera e Senato hanno presentato interrogazioni urgenti al ministro della giustzia Nordio, chiedendo di riferire con urgenza al Parlamento e quali iniziative intenda adottare per ricostruire i fatti e individuare le responsabilità.
Al termine della visita, alle ore 14.00, la stampa è invitata per una conferenza stampa presso la federazione del Partito Democratico di Reggio Emilia in via Gandhi 22.
Dichiarazione di Arturo Scotto , capogruppo Pd in commissione Lavoro
Giorgia Meloni parla ormai solo degli italiani che ce l’hanno fatta. La sua conferenza stampa descrive un paese che non esiste perché non vede quanto anche sotto il suo governo la diseguaglianza sia cresciuta. Oggi è il “fat cat day”, che per i grandi manager di tutto il mondo significa una cosa semplice: a meno di una settimana dall’inizio del 2024 hanno già guadagnato quanto il proprio dipendente in un intero anno solare. Spesso arrivano a prendere addirittura 300 volte in più chi lavora per loro. Mi domando se di fronte un’ingiustizia così sfacciata come si faccia a dire no a una misura di civiltà come il salario minimo e continuare indebolire il lavoro favorendo attraverso leggi sbagliate contratti a termine, precari o intermittenti. Giorgia Meloni deve spiegare questo: il resto sono chiacchiere”.
Dichiarazione di Michela Di Biase, deputata Pd
“Dalla premier Meloni in conferenza stampa una visiona distorta delle politiche carcerarie. Il problema del sovraffollamento, secondo Meloni, si risolverebbe solo aumentando la capienza dei penitenziari. E’ una considerazione che perde di vista le reali condizioni di detenzione in Italia ed i reati per i quali centinaia di detenuti sono reclusi in carcere. Da una parte continuano gli annunci per investimenti sull’edilizia carceraria che non vedono luce, dall’altra si continuano ad aumentare le fattispecie di reato per decreto. Tutto questo negando che la soluzione più efficace sarebbe invece investire su forme di detenzione alternative al carcere. Su questo tema bisogna superare gli slogan e assumere coraggio. Le percentuali del sovraffollamento nei penitenziari italiani hanno raggiunto numeri intollerabili per uno stato di diritto, con la conseguenza di un aumento dei disturbi neuropsichiatrici e del tasso di suicidi”. Lo afferma la deputata del Partito Democratico Michela Di Biase, componente della Commissione Giustizia
“La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in conferenza stampa riferisce di un suo allarme per gli eccessivi tempi della giustizia italiana. Se il suo grido di dolore fosse sincero, allora dovrebbe immediatamente bloccare l’ennesima proposta di riforma della prescrizione voluta dalla sua maggioranza di destra e dal ministro Nordio: perché l’unico risultato certo sarebbe quello di far saltare i risultati positivi raggiunti proprio sui tempi dalle riforme Cartabia. Darei alla premier un consiglio, anziché tornare a discutere di prescrizione, si concentri sull’attuazione delle riforme Cartabia a cui sono agganciati tre miliardi del Pnrr sulla giustizia che sarebbe delittuoso perdere, sul dramma delle carceri che sono al collasso e sulla mancanza di operatori e agenti di polizia penitenziaria”.
Lo dichiara il capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi.
"L'onorevole Siani è l'alfiere di una legge che la scorsa legislatura riuscì a tenere insieme un po' tutti tranne l'allora opposizione di Fdi anche se alcuni a titolo personale votarono comunque a favore della legge. Nella convinzione che fosse una legge sulla quale avremmo potuto trovare un'ampia condivisione, è stata la prima scelta del Pd, nel senso che appena si è insediata questa legislatura la prima proposta del Pd come gruppo di opposizione è stata proprio quella sulle detenute madri. Ma è accaduto un fatto molto grave, il primo di una serie di eventi che poi si sono ripetuti nel tempo: la maggioranza ha completamente stravolto il testo della legge con emendamenti che oggi ritroviamo nel pacchetto sicurezza. Per questo motivo ritirammo la legge. E per questo motivo è ancora più urgente portare avanti la nostra battaglia ed impedire che si perda di vista il bene del bambino come bene primario". Lo ha detto Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del libro di Paolo Siani "Senza colpe, bambini in carcere" a Montecitorio.