Grazie Presidente. L'omertà è ancora la regola più importante per le mafie. Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla. Sull'omertà si basa il potere della criminalità organizzata. Se tutti guardano via, se nessuno ha il coraggio di denunciare, se tutti fanno finta di niente... Solo poi le mafie possono agire indisturbate. Non ci sono mafie senza omertà. Non c’è omertà senza mafie.
Agli antipodi dell'omertà c’è la trasparenza, una delle caratteristiche fondamentali di una società democratica e di uno stato di diritto. E c’è un mestiere – quello del giornalista d'inchiesta – che per la sua stessa natura deontologica, ambisce a rendere visibile ciò che non lo è, a descrivere e a svelare la verità, senza voltarsi dall'altra parte.
Ma sempre più frequentemente quegli stessi giornalisti sono vittime di ritorsioni e violenze. Ogni anno in Italia circa 300 giornalisti subiscono intimidazioni ed attacchi, e il numero è in crescita. Minacce ed attentati contro i giornalisti costituiscono un attacco alla libertà di stampa, garantita dalla stessa Costituzione italiana.
Da qualche anno a questa parte è aumentato il numero dei giornalisti a cui lo Stato garantisce una scorta, volta a tutelare la loro incolumità.
Proprio per sottolineare l'importanza del giornalismo nella lotta contro le mafie, e la necessità di spezzare i vincoli dell'omertà, la Commissione Antimafia, per la prima volta, ha dedicato a questo tema un'indagine specifica, realizzata nel comitato presieduto dall'onorevole Fava. Un'indagine dalla quale sono emerse in particolare quattro importanti tendenze:
la maggior parte dei tentativi di intimidazione avviene in provincia al di fuori del palcoscenico nazionale. Spesso i bersagli sono piccole testate giornalistiche, radio o canali televisivi di piccole dimensioni;
ad essere particolarmente in pericolo sono i giornalisti freelance, i quali in casi di vertenze legali vedono messa in gioco la loro stessa sopravvivenza finanziaria;
un carente pluralismo nel panorama mediatico di determinate regioni va a vantaggio delle mafie;
le mafie hanno capito che i media sono un importante strumento di potere e per questo cercano di influenzarli a proprio vantaggio o addirittura di impossessarsene.
1) In relazione alle intimidazioni e alle minacce in provincia: si tratta di uno sviluppo inquietante. Per i giornalisti che operano a livello locale le mafie non sono qualcosa di astratto. Per loro le mafie hanno un nome e un cognome. Il giornalista che denuncia il boss locale su un quotidiano del posto o su una piccola radio ha buone possibilità di incontrarlo la mattina dopo al bar. I mafiosi sanno bene dove parcheggia la sua macchina, in quale bar va a fare colazione, dove va a passeggiare, dove vanno a scuola i suoi figli... Proprio in Sicilia, ma anche in Calabria o in Campania ci sono innumerevoli giornalisti che hanno ricevuto minacce e aggressioni. Si va dalle lettere minatorie con pallottole, a colpi sparati contro la macchina, a veri e propri incendi a danno della propria autovettura. Di notte vengono posizionate taniche di benzina sui balconi, giornalisti vengono picchiati in mezzo alla strada, i loro familiari vengono aggrediti o persino rapiti. L'intimidazione può avvenire però anche in modo più sottile ma non meno pericoloso. Qualche volta viene detto a un giornalista anche solo una frase del tipo: «hai scritto un mucchio di schifezze, stai attento». Oppure si fa vivo un avvocato, che dice: «Il mio cliente è molto arrabbiato per quello che hai scritto». Proprio nei piccoli centri e nelle zone agricole le mafie cercano di diffamare i giornalisti e di mettere in giro falsità sul loro conto.
2) Emerge inoltre che le mafie traggono grosso vantaggio dalla situazione di precarietà occupazionale– in cui versa un numero sempre più consistente di giornalisti. Le mafie non intimidiscono solo attraverso auto in fiamme o con la violenza fisica. Sempre più spesso i mafiosi, quando vengono denunciati i loro affari sugli organi di stampa, mettono i loro avvocati alle calcagna dei giornalisti e li portano in tribunale con le loro inchieste. Li accusano soprattutto di diffamazione. E richiedono risarcimenti milionari. Per un giornalista freelance questo può significare la rovina finanziaria. Anche perché molto frequentemente gli editori, nel momento in cui si arriva allo scontro giudiziario, prendono le distanze, lasciando soli i giornalisti freelance.
Il numero dei giornalisti precari in Italia è aumentato fortemente negli ultimi anni. I loro guadagni sono bassi soprattutto al Sud Italia. (Spesso ricevono anche solo 15/20 euro ad articolo). Per questo un freelance ci pensa due volte prima di correre il rischio di scrivere in modo critico sulle mafie. Magari preferisce lasciare perdere, rinunciando a una ricerca su un tema scottante.
3) Un problema altrettanto grave sono le concentrazioni monopolistiche nel panorama dell'informazione in alcune regioni italiane, soprattutto al Sud Italia. In Sicilia, per esempio, i più grandi giornali, molte radio e canali televisivi sono nelle mani di uno stesso editore: La situazione di monopolio sul mercato dei media, soprattutto in zone rurali, ha come conseguenza il fatto che certi temi rimangono storie a diffusione locale e non vengono prese in considerazione al di fuori della Sicilia. Se una radio locale manda in onda una notizia critica, che però non viene rimbalzata dai media siciliani regionali, allora il tema viene scordato molto presto e non raggiunge il panorama nazionale. Un monopolio dei media rende più facile tacere su determinate cose.
Certo nei grandi giornali siciliani ci sono anche giornalisti coraggiosi, che si impegnano contro Cosa nostra e i suoi affari. Anche il servizio pubblico della RAI e le redazioni locali dei grandi giornali nazionali contribuiscono notevolmente a fornire notizie critiche sulle mafie, nonostante tutte le difficoltà.
In generale però la molteplicità dei media è una condizione fondamentale per una società trasparente le mafie non temono nulla di più della trasparenza, che è il contrario dell'omertà.
4) negli ultimi anni le mafie sono diventate organizzazioni ultramoderne, che sanno quanto siano importanti i media. Sono emerse ad esempio intercettazioni che rivelano come la mafia cerchi di influenzare gli organi di informazione includendo giornalisti nelle loro attività. In questo modo cercano di condizionare l'opinione pubblica. A volte succede che le mafie comprino direttamente mezzi di comunicazione.
Dunque, le mafie cercano di esercitare il loro potere sui media e si spingono fino al tentativo di coinvolgere giornalisti nei propri progetti. Come si può impedire che questo avvenga ?
Innanzitutto attraverso il rafforzamento del giornalismo e dei giornalisti. In Italia vediamo come si rafforzi la tendenza a far lavorare i giornalisti in condizioni lavorative precarie, una cosa che danneggia il giornalismo e anche la società. Giornalisti impiegati in modo stabile sono più forti e possono lavorare in maniera più coraggiosa. Questo crea un beneficio per i media ma soprattutto per la società. In questo senso vanno particolarmente lodati gli sforzi che il Governo sta compiendo contro la precarizzazione del mondo del lavoro, sia attraverso la riforma del Jobs Act, sia attraverso i benefici alle aziende che assumano in regola ed a tempo indeterminato sia con la delega sull'editoria che abbiamo votato in queste ore. Rendere le condizioni precarie di lavoro sempre meno attraenti per i datori di lavoro va a vantaggio anche dei giornalisti.
E poi c’è la questione delle denunce per diffamazione a danno di giornalisti. A questo proposito è molto positivo che in Commissione Giustizia in sede di analisi della riforma al Processo Civile sia stato approvato proprio in questi giorni un emendamento dei relatori che introduce sanzioni pesanti per chi agisce in giudizio inutilmente, magari allo scopo di intimidire qualcuno in mala fede. Assume dunque la funzione di strumento di dissuasione a tutela dei giornalisti. Ed il provvedimento è già calendarizzato in aula per le prossime settimane.
Quello che ritengo però più importante è che a tutti i livelli della società, e anche della politica, si parli sempre più spesso di quanto sia importante avere organi di informazione liberi e giornalisti coraggiosi che lottano contro la criminalità organizzata.
Mi auguro che i media e i giornalisti non si stanchino di portare sulle prime pagine i crimini delle mafie e di denunciare i mafiosi. Perché senza un giornalismo libero e forte, che ha il coraggio di denunciare le attività delle mafie e di renderle pubbliche, la criminalità organizzata non può essere sconfitta.