Discussione sulle linee generali - Relatrice
Data: 
Giovedì, 3 Marzo, 2016
Nome: 
Chiara Scuvera

A.C. 75-A ed abbinate

Presidente, oggi arriva in Aula la prima legge nazionale sul commercio equo e solidale, una legge attesa da dieci anni e frutto del lavoro nel tempo di tanti parlamentari, che ringrazio, dell'impulso delle associazioni e dei movimenti civici. Un importante passo avanti, considerata la vitalità e la capacità di ripensarsi del fair trade italiano, tant’è che il nostro Paese è la prima piattaforma nazionale riconosciuta per l'integrazione con il sistema mondiale. Grazie, Presidente. Già, il mondo, quel pianeta che richiede sostenibilità ambientale e nuova economia, partecipazione delle persone e democrazia, diffusione della conoscenza e condivisione dei saperi e del saper fare, non solo per essere più giusto ma semplicemente per avere un futuro. È una necessità, e di questo la politica ha più consapevolezza oggi, come ci dice lo storico accordo sul clima di Parigi e l'Agenda europea per il cambiamento, che indica la necessità di sostenere i piccoli produttori rurali è in generale lo sviluppo economico locale nei Paesi del sud del mondo. 
In questo senso è necessario che l'Unione dia vita ad una nuova normativa europea, anzi ad una normativa europea: cogliendo la sfida che alcuni Paesi membri, come la Francia e la Germania, e ora anche l'Italia, e ancor prima nel nostro Paese le regioni, lanciano con una normativa quadro di riconoscimento e di sostegno del commercio equo e solidale, nel segno dell'utilità sociale e dell'iniziativa economica sancita nell'articolo 41 della Costituzione, che vale naturalmente rispetto a tutte le imprese.  E siamo nei princìpi; poi naturalmente bisogna vedere anche nella pratica, nelle politiche concrete, sulla strategia.. Se nella nuova Strategia in materia di commercio e di investimenti presentata dalla Commissione europea nell'ottobre 2015 c’è l'obiettivo di affrontare in modo più sistematico la questione del commercio equo ed etico, con riferimento alla materia degli aiuti al commercio e allo sviluppo; e quindi c’è un'attività di sensibilizzazione nell'Unione europea in collaborazione con le autorità locali. Ancor prima, nel 2014 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con cui ha chiesto un riesame della Strategia dell'Unione in materia di politica dello sviluppo sostenibile, e nella Comunicazione «Commercio, crescita e sviluppo» del 27 gennaio 2012, la stessa Commissione ha sottolineato come gli incentivi al commercio, quindi al commercio in generale, possono derivare da uno spostamento del mercato verso prodotti più sostenibili. 
Siamo in un momento in cui abbiamo l'occasione di ripensare e di riconvertire l'economia: l'idea che la produzione equa, etica e biologica favorisca la crescita, e in particolare la crescita sostenibile inclusiva, nei Paesi in via di sviluppo, comportando differenziazione del prodotto, più potere negoziale, e quindi un prezzo più giusto, si sta facendo strada; si sta facendo strada l'idea che questa strategia sia conveniente per il mondo. Sempre l'Europa ha riconosciuto il significativo sviluppo del commercio equo e solidale nei vari Paesi membri e la sua importanza sul mercato europeo, che nel 2012 aveva un valore annuale di 1 miliardo e mezzo, e riconosce che il commercio equo e gli altri regimi sostenibili sono dei meccanismi dinamici, che devono naturalmente applicare standard e criteri con trasparenza per consentire ai consumatori scelte informate. 
Allo stesso tempo la Commissione europea ritiene che questi standard e questi meccanismi non debbano essere troppo farraginosi, troppo rigidi e troppo burocratici per non ostacolare il sistema: in questo senso si muove la proposta di legge che adesso arriva in Aula, ed è il frutto del lavoro di tutti i gruppi, che ringrazio davvero per la collaborazione. Cioè, non una proposta di legge burocratica, che tende ad ingessare un sistema, ma una proposta di legge i cui principi ispiratori sono dinamismo, sussidiarietà e promozione. Disciplinando l'oggetto e le finalità, infatti, l'articolo 1 attribuisce al commercio equo e solidale una funzione rilevante nella crescita economica e sociale delle aree economicamente marginali del pianeta, nella pratica di un modello di economia partecipata, fondata sulla cooperazione internazionale e sulla giustizia sociale, attenta alla conservazione dell'ecosistema, rispettosa dei diritti delle persone che partecipano allo scambio economico, e nell'incontro tra culture diverse; ciò per stimolare un più ampio e trasparente accesso al mercato nazionale delle merci prodotte, trasformate e distribuite attraverso le relative filiere, favorendo la leale concorrenza – e questo è un punto fondamentale – e l'adeguata protezione dei consumatori. Proprio per questo, sono definite ed individuate le organizzazioni, i loro enti rappresentativi e gli enti di promozione delle filiere e dei prodotti: anche al fine del loro riconoscimento pubblico, cioè anche come visibilità pubblica, sempre nella logica della sussidiarietà, sono previsti strumenti di promozione del sistema e della diffusione di buone prassi in materia.
L'articolo 2 contiene le definizioni di commercio equo e solidale e di accordo di commercio equo e solidale, nonché di filiera di commercio equo e solidale. Per filiera si intende l'insieme delle fasi di produzione, trasformazione, importazione e distribuzione di un prodotto, quando al produttore sono assicurate le condizioni dell'accordo; individuando anche le condizioni alle quali la filiera è definita integrale: una filiera è integrale quando l'accordo è stipulato con il produttore da un'organizzazione del commercio equo, e la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio è svolta da una o più organizzazioni del commercio equo. 
Gli articoli da 3 a 5 recano la disciplina dei soggetti, ossia le organizzazioni, gli enti rappresentativi delle organizzazioni e gli enti di promozione delle filiere e dei prodotti. Rinviando al dettaglio della normativa per i requisiti, sottolineo che le organizzazioni e i relativi enti rappresentativi presidiano la filiera integrale (e in questo senso sottolineo che la Commissione ha fatto la precisa scelta di escludere dal novero delle organizzazioni gli enti pubblici, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali e gli enti da essi istituiti o diretti) attraverso un registro della filiera integrale del commercio equo e solidale, tenuto dall'ente rappresentativo, con dei requisiti molto rigorosi di non lucratività, e prevedendo la previa sottoscrizione di un disciplinare di filiera. 
Gli enti di promozione del commercio equo e solidale, anch'essi senza scopo di lucro e con un ordinamento interno a base democratica, invece presidiano la promozione e il sostegno delle filiere, attraverso la concessione in licenza di uno o più marchi, che possono essere utilizzati in riferimento ai prodotti la cui conformità a standard internazionalmente riconosciuti è certificata da organismi di certificazione accreditati. Le organizzazioni e gli enti di cui agli articoli sopra esposti pubblicano poi sul proprio sito web gli elementi informativi che presentano utilità per il consumatore, secondo criteri di correttezza e veridicità; evidenziando anche se per lo svolgimento delle proprie attività si avvalgano o meno di organismi di valutazione della conformità accreditati, proprio per garantire l'affidabilità del sistema. I soggetti vengono resi visibili ai cittadini, alle imprese e ai consumatori attraverso un apposito elenco nazionale, istituito dall'articolo 6 e tenuto dalla Commissione per il commercio equo e solidale che è disciplinata dall'articolo 7. Anche per essa vi è stata un'integrazione con un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; proprio per instaurare questa cooperazione con il MISE, e quindi non agire su canali separati, è una Commissione che svolge delle importanti funzioni di vigilanza. Nelle quattro sezioni dell'elenco sono contemplati e hanno spazio gli enti rappresentativi, ma anche le imprese, che sono licenziatarie dei marchi. L'iscrizione nell'elenco, lo abbiamo detto, ha una funzione di pubblicità delle informazioni, per consentirne la consultazione da parte dei cittadini e delle imprese e promuovere la cultura del commercio equo e solidale: quindi non si pensa ad un elenco burocratico, ma in prospettiva si potrebbe pensare ad un'interattività di esso, quindi ad una funzione anche promozionale. Inoltre, le imprese che sono iscritte nell'elenco hanno la possibilità, al momento della prima iscrizione o anche successivamente, di chiedere alla Camera di commercio di indicare, tra le informazioni economico-amministrative, l'iscrizione all'elenco nazionale del commercio equo e solidale. 
L'articolo 9, su cui intendo soffermarmi, contiene forse il cuore della legge, perché noi diamo una particolare tutela della filiera, anche per evitare infiltrazioni degli «equofurbi» in essa e proteggere i consumatori, ed in generale in quella che è la vera, la reale produzione equa e solidale. Infatti si stabilisce che i relativi prodotti, importati o distribuiti da un'organizzazione del commercio equo nell'ambito del sistema di filiera integrale, sono presentati, etichettati e pubblicizzati con delle precise denominazioni di «prodotto del commercio equo e solidale», ed altre che sono esplicitate nella normativa. 
In alternativa, possono essere presentati, etichettati e pubblicizzati con tali denominazioni soltanto dai licenziatari dei marchi, congiuntamente i marchi concessi in licenza dagli enti di promozione delle filiere e dei prodotti. È vietato, quindi, l'uso delle denominazioni di enti rappresentativi delle organizzazioni, o di organizzazioni e di enti di promozione o altri denominazione similari per le imprese e gli enti, per i soggetti che non sono iscritti nell'elenco nazionale o se questa iscrizione sia stata sospesa e revocata. È poi vietato descrivere un prodotto nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, con termini che suggeriscono in modo ingannevole all'acquirente terzo, che le materie prime utilizzate provengono da una filiera del commercio equo e solidale o sono stati prodotti, distribuiti o commercializzati secondo le prassi del commercio equo e solidale, o introdurre dei riferimenti non veritieri all'iscrizione nell'elenco nazionale. Quindi, queste rappresentano pratiche commerciali scorrette o ingannevoli, a seguito delle quali è prevista sia una tutela amministrativa, ma anche una tutela giurisdizionale. 
All'articolo 10 sono previste, in via meramente programmatica, alcune azioni di promozione che lo Stato e le regioni, molte delle quali sostanzialmente svolgono già un'opera di sostegno al commercio equo e solidale. 
All'articolo 11 abbiamo delle particolari norme nella cornice della normativa europea, che promuovono l'acquisto da parte delle pubbliche amministrazioni, per i servizi soprattutto di ristorazione collettiva, di prodotti di commercio equo e solidale, e qui tengo a precisare che non c’è una penalizzazione delle imprese di ristorazione collettiva che non sono parte delle filiere, ma anzi si tende a valorizzare un sistema integrato tra i commerci, e questo è l'obiettivo anche della legge: promuovere il commercio. 
L'articolo 12 istituisce una giornata nazionale da celebrare annualmente, con la collaborazione degli enti iscritti all'elenco. Nell'articolo 14 abbiamo previsto delle norme di coordinamento tra la normativa nazionale e le normative regionali, perché le regioni sono state apripista, Presidente, di questo processo; infatti, hanno già una normativa regionale la Toscana, l'Abruzzo, l'Umbria, la Liguria, il Piemonte, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, la Puglia, la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Lazio, e svolgono già delle azioni di promozione e di sostegno del sistema. 
Si istituisce anche un fondo nazionale all'articolo 15, inoltre, all'articolo 17, sono previste delle disposizioni transitorie e finali, che coordinano soprattutto le iniziative con riferimento all'elenco nazionale.