Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, quella che ci apprestiamo a votare è una mozione molto importante e lo è nei contenuti che sono già stati ampiamente dibattuti nella discussione generale, sui quali anch'io ritornerò a breve, e lo è anche nel percorso, a partire dalla prima firmataria, Sandra Zampa, che ringrazio, che come gruppo del Partito Democratico abbiamo cercato e abbiamo voluto fortemente estendere alle altre forze politiche. Certo, dispiace che anche in quest'occasione si sia scelto di sottrarsi ed invece di non onorare la memoria con lo stesso spirito unitario delle nostre madri costituenti, ma non importa, per noi è un'occasione appunto di onorare compiutamente la memoria, è un compito che per parte nostra ci siamo impegnati ad assolvere con rispetto e con deferenza nei confronti dei nostri predecessori, padri e madri costituenti che avevano dato forma alle loro idee e temprato le loro coscienze nella resistenza al regime, nell'esilio, nella prigionia, nella clandestinità, infine nella lotta partigiana e di liberazione. Rispetto all'esempio di queste donne e uomini, ognuno di noi si sente piccolo, ma tra i loro insegnamenti c'era e c’è innanzitutto quello di prendersi le proprie responsabilità quando le cose non vanno e di impegnarsi in prima persona, nonostante gli ostacoli sembrino insormontabili, per cambiare. Ventuno sono state le madri costituenti, ma l'elenco si allunga se pensiamo alle tante staffette partigiane (insegnanti, medici, scienziate, giornaliste, magistrate, sindache), donne che hanno rotto le convenzioni dell'epoca e ci hanno portato avanti nella modernità. Si sono fatte largo in un mondo politico quasi esclusivamente maschile, facendo valere la loro determinazione e le loro qualità. Nel secolo appena concluso le prime di loro hanno appunto potuto studiare, laurearsi, scegliere se e con chi sposarsi, se e con chi avere figli, con quale nome farsi chiamare, votare, lavorare. Erano esponenti caparbie, di un'avanzata più ampia, una lunga marcia che le donne avevano intrapreso da tempo nella società, una marcia che non è stata facile, soprattutto che ha avuto anche importanti momenti di conflitto. Pensiamo al contributo femminile, ancora troppo raccontato, ai moti, agli scioperi nelle campagne e nelle città all'inizio del Novecento, e poi, appunto, nella Resistenza, dove le donne italiane – quelle di cui Mussolini aveva detto che nello Stato fascista la donna non deve contare, quelle alle quali tutti i Governi avevano rifiutato il diritto di voto – entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Presidente. Così ci ha raccontato, proprio in quest'Aula, Marisa Rodano, in occasione del 25 aprile. La battaglia per la liberazione ha dato poi forma alle domande inascoltate da decenni e le ha indirizzate verso il prossimo obiettivo, che era il suffragio universale. La legislazione e il Governo, però, rappresentavano il baluardo più alto. In quello che è il campo delle decisioni importanti si abbatteva sul genere femminile il peggiore repertorio di stereotipi, come la fragilità emotiva, la discontinuità dovuta al mettere al mondo i figli e altri ancora, semi che non sono del tutto estirpati. Il 10 marzo del 1946, poi, si svolsero le prime elezioni amministrative dopo la caduta del fascismo: per la prima volta le donne andarono alle urne in 436 comuni, ma ancora mancava per loro l'elettorato passivo, che arrivò con il referendum e per le prime elezioni politiche. Lì, davvero per la prima volta, non con un numero molto elevato, ma altamente qualificato, donne italiane venivano elette nell'Assemblea parlamentare. Il cammino iniziò allora, ma è stato lungo e complesso ed è bene forse mettere di fianco a questo cammino alcune date che ci ricordano – lo dico soprattutto alla collega Saltamartini che diceva che i simboli non sono importanti – come i simboli e le date siano assolutamente importanti, ed è bene ricordare la fragilità di questo percorso in quest'Aula. Lo dico perché solo nel 1963 si sono ottenuti l'accesso delle donne alla magistratura e la nullità delle clausole di nubilato nei contratti di lavoro; solo nel 1968 l'adulterio femminile non è stato più considerato reato; solo dal 1970 è stato possibile divorziare; dal 1975 vi è stata parità tra i coniugi nel diritto di famiglia; dal 1978 l'aborto non è sempre stato reato; dal 1981 il delitto d'onore non è più riconosciuto nel diritto penale e solo dal 1996 la violenza sessuale è reato, così come solo dal 2012 si è completata la piena parità giuridica tra i figli nati fuori e dentro il matrimonio. Guardando a questo cammino e a chi lo ha percorso mi vengono in mente le parole di Simone de Beauvoir: «donne non si nasce, lo si diventa». Se allora settant'anni fa si trattò di conquistare il diritto di voto, noi oggi dobbiamo tornare a dare senso e contenuto a quel voto, sfidando l'astensionismo, che contiene anche lo scoraggiamento di molte di loro, e a dare forma ad una lettura della società che ci porti a far uscire la questione femminile dagli steccati di genere nella quale spesso appare rinchiusa, per farla diventare, invece, una delle chiavi con cui leggiamo la società a trecentosessanta gradi. Per questo, ciò che chiediamo al Governo con questa mozione è un forte impegno per celebrare degnamente le costituenti, con iniziative di ampio respiro, sia di carattere nazionale, che locale, non solo nelle istituzioni, ma nel Paese, nelle piazze, come nelle scuole.
Chiediamo a tutto il Paese di riprendere in mano con forza, con costanza e a tutto tondo iniziative culturali oltre a quelle legislative, che non si muovano solo per sanare le eccezioni in un'ottica di minoranza ma che promuovano un avanzamento, che è per tutti, non solo per qualcuno. Per non cadere nella ritualità, serve un impegno in questo senso, innanzitutto di noi rappresentanti, del Governo, delle istituzioni democratiche, e in secondo luogo serve chiedere lo stesso a tutte le forze attive della società, agli imprenditori, ai sindacati, alle associazioni, nessuno può sentirsi escluso da uno sforzo che non può essere solo di giornata ma capillare, quotidiano e duraturo nel tempo. Il mondo delle madri costituenti, quello contro le quali si sono scontrate e hanno combattuto, non è infatti del tutto passato, gli echi li troviamo ancora fortemente nel presente. Accade quando la cura dei figli e della famiglia grava ancora prevalentemente sulle loro spalle, quando a parità di titoli di studio gli stipendi sono sempre inferiori ai colleghi maschi; o ancora, tenuto conto che siamo al di sotto della media mondiale per disparità di salario (centoventiquattresimi su 136 Paesi), quando gli assegni pensionistici sono per loro costantemente più leggeri, troppo leggeri. Non è solo una questione di numeri né di economia, ma pur con alcune eccezioni, nelle università, nelle professioni e nei posti in cui si prendono decisioni il cromosoma Y fa ancora curriculum più della competenza e del merito. Moltissime sono così obbligate a rimanere ai livelli più bassi o a scegliere ancora tra lavoro e famiglia, eppure i dati OCSE-PISA ci dicono che le donne, quando possono studiare, sono in generale più brave e motivate dei colleghi maschi, con migliori competenze, sia nella secondaria che all'università. Anzi, negli ultimi anni, nei Paesi dell'OCSE c’è stato persino il sorpasso delle donne laureate sugli uomini. Il rovescio della medaglia continuano ad essere, però, i milioni di bambine escluse nel mondo dalla scolarizzazione. Con le migrazioni epocali in corso, molte di loro arrivano qui: ricordiamole anche oggi, ricordiamole qui, facciamone il nostro modo di mettere tutte le donne al centro, come qualcuno ha scritto, a partire dalle più indifese, perché più profughe di loro non c’è nessuno. Come settant'anni fa, le donne continuano oggi ad essere vittime di violenza, a sud come a nord del mondo. Guardando a tutte loro, ieri come oggi, non possiamo cavarcela dicendo che il contrasto alla violenza di genere è un valore universale, non è così. È frutto di conquiste non scontate nate dalla tenacia e dal lavoro delle donne stesse; è merito di donne che sono diventate donne, appunto, e che hanno aperto la strada a molte altre. A noi hanno lasciato il compito di proseguire l'opera. Oggi nel mondo molte altre donne diventano donne. Penso a quelle che votano in Iran, che scrivono in Tunisia una Costituzione, che inserisce la parità, da protagoniste. In Italia, certo in condizioni di partenza diverse, molti passi avanti sono stati fatti, altri si stanno facendo grazie all'impegno in primis del Partito Democratico e a molte parlamentari di tutti gli schieramenti. Aumentare la presenza delle donne nei luoghi di studio e lavoro è la prima cosa, ma da sola non basta, serve sia accompagnata da nuove politiche di conciliazione, da un nuovo modo di lavorare. È stato uno dei punti più caratterizzanti anche del Jobs Act e lo è ora per quello degli autonomi. Anche nell'ultima di legge di stabilità abbiamo conquistato molti avanzamenti. In questa legislatura – la più rosa della storia, è stato ricordato – abbiamo approvato la Convenzione di Istanbul, abbiamo cancellato le dimissioni in bianco, rafforzato la democrazia paritaria, la maternità, la genitorialità condivisa: tanto, se confrontato col passato, ma ancora molto rimane da fare. Insomma, le cose quindi sono davvero molte, per compierle dobbiamo però, colleghe e colleghi, farlo tutti insieme, uomini e donne. Lo dico, però, alla collega Spadoni: va fatto anche in Europa, perché non esiste che qua si dicano delle cose e poi, insieme al Front National, in Europa si scelga di abolire le norme di genere sul bilancio dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, evidentemente significa che dobbiamo davvero approfondire culturalmente e dobbiamo soprattutto far tornare ad appassionare alla politica le giovani donne. Questo possiamo e dobbiamo farlo con una nuova stagione di mobilitazione per i diritti e contro tutte le discriminazioni di genere e le violenze di genere. È, quindi, guardando al loro presente e al loro futuro che questa mozione sancisce degli impegni chiari, che per noi vengono da lontano. Aggiungo ancora che in Aula abbiamo distribuito le mimose proprio per ricordare le costituenti; l'abbiamo voluto fare per ricordare e onorare la loro memoria e l'abbiamo fatto per augurare a ciascuna di noi buon 8 Marzo a tutte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dichiarazione di voto
Data:
Martedì, 8 Marzo, 2016
Nome:
Chiara Gribaudo