A.C. 3828-A
Grazie, Presidente. Con questa legge e con quella ora all'esame del Senato – poi arriverà qui alla Camera – sul pareggio di bilancio di regioni e comuni, con conseguente modifica della legge n. 243, completiamo un percorso avviato nel 2012 con le modifiche all'articolo 81 della Costituzione, poi proseguito con la legge rinforzata n. 243 di attuazione dell'articolo 81, e si conclude con le modifiche conseguenti alla legge di contabilità, prima due decreti legislativi e ora con questa legge sul contenuto della legge di bilancio. È importante, innanzitutto, che vi sia stata un'ampia condivisione dei gruppi parlamentari, trattandosi di questione relativa alle regole; condivisione e coinvolgimento in tutte le fasi, dall'indagine conoscitiva fino alla discussione in Aula.
È la dimostrazione che sulle regole questa maggioranza è disponibile al più ampio confronto e a convergenze significative; quando non si ha questo esito, molte volte non dipende da noi. Poi, ognuno può collaborare come crede e, magari, anche votare contro; resta il fatto che il dialogo vero c’è stato e noi lo abbiamo ricercato. Il MoVimento 5 Stelle ha espresso una contrarietà, per i richiami l'articolo 81 della Costituzione, alla legge n. 243. Questa legge è in loro attuazione, non può che richiamarle e richiamare il quadro europeo. Si tende a dare una connotazione negativa al cosiddetto pareggio di bilancio di cui all'articolo 81 della Costituzione; si dice che imbriglia la politica, che non ha più spazio per fare scelte per lo sviluppo, la crescita, il lavoro e l'equità.
L'articolo 81 non prevede un pareggio in senso stretto, ma l'equilibrio tra entrate e spese, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Su questo punto vorrei fare alcune considerazioni: in primo luogo, per un Paese con un alto rapporto tra debito e PIL, come il nostro, è d'obbligo, di fatto, avere serietà dei conti, un'azione per l'equilibrio di bilancio, altrimenti si rischia il default, al di là delle regole europee e delle norme costituzionali. Secondo, quella norma costituzionale non impedisce né la flessibilità né l'azione politica: con il Governo Renzi abbiamo spostato, con tre provvedimenti distinti, il pareggio strutturale di bilancio di tre anni, dal 2016 al 2019, seguendo le norme dell'articolo 81 e senza che l'Unione Europea ce l'abbia impedito. Terzo, il problema vero è cambiare le politiche europee: meno austerità, più sviluppo, più occupazione, più integrazione europea. Ebbene, chi oggi, in Europa, più del Governo italiano, parlando di Governi, sta ponendo questo tema ? Flessibilità, migranti, politiche di cooperazione per lo sviluppo, modalità di calcolo dell’output gap. Se cambia, come lo fa l'OCSE e come l'Italia ha chiesto, insieme ad altri Paesi, l'Italia è già oggi in pareggio strutturale di bilancio. Quindi, l'obiettivo di medio termine non è vero che sia irraggiungibile. Altre strade, come quelle che ho sentito qui oggi delineare dal MoVimento 5 Stelle producono sostanzialmente che cosa ? Un debito senza limiti, ci portano fuori dall'euro e ci portano al fallimento di questo Paese. È bene che i cittadini lo sappiano che quello è lo sbocco verso cui ci portano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tutti questi temi, insieme alla ripresa del sogno europeo, sono temi posti dal Governo italiano e su cui abbiamo già ottenuto e conseguito risultati. Vengo alla legge al nostro esame, che ha un primo rilevante elemento da sottolineare: il passaggio da due leggi, quella di stabilità e quella di bilancio, ad una sola, la legge di stabilità che le incorpora entrambe. Non è solo una questione formale, ha conseguenze sui documenti da presentare ed esaminare, sulla tempistica, ma soprattutto sull'obiettivo di fondo, fare esaminare e intervenire il Parlamento sul complesso delle entrate e delle spese, mentre finora è avvenuto solo sui contenuti della legge di stabilità, quindi comunque su aspetti marginali, almeno quantitativamente. Questa è la vera revisione della spesa, non solo un intervento tecnico, ma quel piano industriale della pubblica amministrazione a base zero, di cui da tempo parliamo. E poi interventi per spendere meglio, non solo per tagliare e basta, e questo vale anche per le entrate. È una riforma che ritengo abbia bisogno di un'altra riforma per funzionare: il superamento del bicameralismo paritario, come prevede la riforma costituzionale che il Parlamento ha approvato; solo così ci sarà il tempo per coinvolgere davvero tutte le Commissioni e cambiare il modo di lavorare del Parlamento.
Insieme a questa si sono introdotte diverse novità sulla trasparenza, ad esempio sulla quota di interessi che proviene dai derivati finanziari, sulla maggiore severità nell'impedire norme microsettoriali localistiche, sul superamento del Patto di stabilità interno (lo prevede la legge n. 243, in questa legge ripresa). Come realizzare il pareggio di bilancio, che sostituisce il vecchio Patto di stabilità, lo stabiliremo con le modifiche alla legge n. 243 in discussione al Senato. L'impossibilità di utilizzare l'8 per mille e il 5 per mille per altri fini è uno sbocco da tempo ricercato, sottolineo però, su una questione sollevata dal MoVimento 5 Stelle nel dibattito, che per l'edilizia scolastica non sarà comunque sufficiente, anche se non distribuissimo nulla per le altre quattro finalità dell'8 per mille dello Stato: occorrono comunque provvedimenti e misure ad hoc per l'edilizia scolastica. Poi il superamento delle clausole di salvaguardia, obiettivo condivisibile per non avere coperture finanziarie parallele, per evitare meccanismi automatici di aumento della pressione fiscale e per intervenire in caso di sforamenti sul complesso delle spese o di un Ministero o dello Stato. Le modalità con cui abbiamo previsto di intervenire permettono di evitare qualsivoglia rischio di sospensione di diritti soggettivi con atti amministrativi. È evidente in tutto questo impianto il collegamento e la coerenza con le regole e le procedure europee – non può che essere così –: questa non può essere la sede né per cambiare le regole, né per cambiare le politiche europee, ma in altre sedi lo stiamo facendo. Due aspetti conclusivi: abbiamo rafforzato la parte del bilancio di genere, utile per contrastare le disuguaglianze e le discriminazioni di genere, questione che ha implicazioni anche economiche e per lo sviluppo, come la questione dell'occupazione femminile. Infine, la novità degli indicatori di benessere equo e sostenibile: forse non è un caso che proprio oggi, tra le prove della maturità, ci sia anche un tema quale: «Il PIL è la misura di tutto» ? Sappiamo che non è così. Ebbene, quindi che il DEF si debba occupare di questi indicatori e poi a febbraio una relazione al Parlamento del Ministro dell'Economia e Finanze, che si coinvolga l'Istat con un apposito comitato. Più informazioni quindi, ma soprattutto: non solo il PIL come indicatore e misuratore di tutte le cose. Abbiamo ripreso una proposta di legge del collega Marcon, ma anche un importante lavoro fatto nella precedente legislatura, richiesto, proposto e continuamente sollecitato dall'onorevole Massimo Vannucci, a cui vorrei dedicare l'approdo di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il ruolo di questa novità potrà
aumentare dopo la prima fase, soprattutto se a livello mondiale ed europeo vi sarà l'assunzione di questi indicatori come elementi essenziali e determinanti per le politiche economiche. Difficile si possa fare in un Paese solo. Quindi, Presidente, il gruppo del Partito Democratico esprime voto favorevole – ringraziando il Governo, il presidente della Commissione, l'intera Commissione e gli uffici per il lavoro svolto – su un buon provvedimento, anche se non c’è la programmazione quinquennale e ventennale come richiesto dal MoVimento 5 Stelle. Ma anche l'Unione Sovietica non c’è più e non possiamo rifarla con la legge di contabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).