A.C. 3953
Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, nell'affrontare un provvedimento così importante vorrei partire dal ricordo dei tragici fatti del Bangladesh, perché sono e siamo convinti che Dacca è solo una tappa, e non è purtroppo l'ultima tappa d'un viaggio nel terrore in cui l'ISIS sta trascinando l'intero mondo occidentale. L'attentato in Bangladesh dimostra ancora una volta che ormai nessuno è immune dalla violenza jihadista. Siamo chiamati a combattere un nemico che non ha alcuna paura di morire e vuole mettere in discussione i valori e lo stile di vita del mondo occidentale. Anche e soprattutto i gravi attentati che tempo fa si sono verificati in Europa hanno confermato il legame tra i conflitti in atto nelle regioni che circondano il vecchio continente e la sicurezza all'interno dei nostri Stati.
Noi rischiamo tanto quanto gli altri Paesi europei; il pericolo terroristico è presente naturalmente anche nelle nostre città, anche se possiamo contare – e va a merito alle nostre Forze armate – per il lavoro e il sistema di sicurezza del nostro Paese, che è stato ed è capace di garantire, e fino ad ora ha saputo mettere in atto egregiamente, azioni di prevenzione. Questo terrore che bussa alle nostre porte non deve farci dimenticare, però, che la guerra, che la vera guerra si sta combattendo altrove, in luoghi lontani, dove ogni giorno centinaia di innocenti perdono la vita. Gli echi del terrore e delle atrocità di questi conflitti sono arrivati per la prima volta, come dicevo prima, anche vicino alle nostre case. Le rivendicazioni dei militanti dell'ISIS non si limitano a colpire in Siria e in Iraq, ad esempio, ma appunto attraverso azioni kamikaze vigliacche ed imprevedibili hanno colpito il cuore dell'Europa.
Riuscire a sedare quei conflitti vuol dire riuscire a ridurre i rischi del terrorismo in casa, ed è per questo che oggi la proroga delle missioni internazionali acquista un significato particolare. Forse oggi è tristemente più facile capire l'importanza di costruire in quelle terre lontane e nei teatri in cui stiamo operando pace e stabilità, perché solo così potremo scongiurare ed allontanare il pericolo del terrorismo. Ciò, però, non può far venire meno il fatto che noi italiani siamo lì innanzitutto perché abbiamo una strategia di politica estera, a differenza di quanto viene detto, perché siamo al fianco di quelle centinaia di innocenti che perdono la vita ogni giorno, perché non ci tiriamo indietro, perché siamo vicini a quelli costretti a scappare o a nascondersi, agli sfollati, ai rifugiati.
Il nostro Paese è un attore di primo piano e un contributore apprezzato dalla comunità internazionale, sia da un punto di vista numerico di personale inviato che soprattutto di qualità dello stesso. Tutto ciò viene rimarcato e confermato anche da questo provvedimento, che, anche se arriva in ritardo, ha dentro uno sforzo forte nella lotta contro il terrorismo di cui parlavo prima.
In particolare, viene rafforzata la partecipazione all'attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica e il Daesh. Inoltre, su richiesta della coalizione internazionale e d'intesa con il Governo italiano, l'Italia si è resa disponibile a garantire la protezione dell'area della grande diga di Mosul. Attenzione, vorrei ricordare che, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, in caso di un malaugurato crollo di quella diga, ci sarebbero centinaia di migliaia di vittime e si verificherebbe una delle più grandi catastrofi umanitarie della zona con la mancanza d'acqua per un'intera area che comprende 200 milioni di persone. È il caso di dire che noi saremo a Mosul, quindi, non solo al fianco di una grande azienda italiana, ma anche e soprattutto a sostegno di una grande necessità umanitaria.
Altro fronte che ci vede impegnati e di cui siamo orgogliosi è quello del Mediterraneo, dove l'Italia, dalla fine del 2013, con la missione Mare Nostrum, si è assunta oneri e responsabilità per far fronte al massiccio aumento dei flussi migratori. L'Italia ha operato dall'inizio di questa legislatura affinché l'area del Mediterraneo divenisse una priorità per l'Unione europea e per la NATO. In questo quadro, la missione EUNAVFOR MED, con il contrasto ai traffici di esseri umani nel Mediterraneo centrale, è stata estesa di un anno e sono state aggiunte altre due funzioni, una di addestramento della Guardia costiera libica e l'altra di contributo al controllo dell'embargo che continua ad essere violato. E ancora, sempre nell'ambito del Mediterraneo, è stato potenziato il dispositivo aeronavale di sorveglianza e di sicurezza nel Mediterraneo centrale, la cosiddetta operazione Mare Sicuro, in relazione a straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto al terrorismo e al fine di assicurare la tutela degli interessi nazionali, già autorizzata dal precedente «decreto missioni» e soprattutto a fronte del grave deterioramento del quadro di sicurezza determinato dalla crisi libica. Per cui, risulta necessario adottare misure per assicurare la tutela degli interessi nazionali esposti a maggiore rischio e connessi all'avanzata della minaccia terroristica.
Mi piace ricordare che proprio ieri, su una di queste navi della Marina Militare che qualcuno dice non servire a nulla, «Bettica», è nata una bimba di nome Manuela, la cui mamma era stata recuperata ieri da un gommone in difficoltà durante un servizio di pattugliamento di routine nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Noi di questo siamo orgogliosi, e siamo orgogliosi che, grazie a Mare Sicuro e agli interventi che questo Governo ha chiesto e sta svolgendo nel Mediterraneo, riusciamo a salvare tante, tante vite umane. Siamo in Afghanistan, e ci stiamo con orgoglio, perché ci viene richiesto, così come siamo nei Balcani. La missione UNIFIL, in Libano, è di grandissimo impegno nella cooperazione allo sviluppo, per la quale sono state autorizzate risorse per 90 milioni di euro finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e al sostegno alla ricostruzione civile di una serie di Paesi. Altro che non avere una strategia ! Altro che non essere presenti nello scenario internazionale ! Se per tutte le operazioni internazionali si chiede all'Italia di intervenire e di guidarle, una buona ragione ci sarà o no ? Se si chiede all'Italia di essere presente con i propri contingenti, con le proprie intelligenze, con i propri uomini, vuol dire che questo Paese è nelle condizioni – e lo diciamo con orgoglio – di essere in tutti gli scenari internazionali e, in quegli scenari internazionali, marcare la differenza.
In questi ultimi giorni, in Commissione prima e in Aula dopo, si è parlato di questo emendamento fatidico sul – permettetemi di chiamarlo così – caso Regeni. Si sono fatte illazioni, si sono dette delle cose che probabilmente avremmo voluto evitare, quasi come che dietro quell'emendamento ci fosse il tentativo di chissà quale sabotaggio nei confronti dell'Egitto, Stato alleato, o chissà quale secondo fine. Quell'emendamento votato al Senato è servito a dare un messaggio politico: quando si sta in un rapporto di alleanza, ci vuole correttezza tra alleati; quando si sta in un rapporto di alleanza, che noi rispettiamo, lo si fa nel rispetto di tutti i termini di un'alleanza. L'Italia ha voluto mandare un messaggio forte, ha voluto mandare un messaggio chiaro all'Egitto, che è un Paese alleato. Gli si è voluto dire che, quando si sta assieme, lo si fa – permettetemi di parafrasare un termine caro – nella buona e nella cattiva sorte.
L'abbiamo fatto non perché vogliamo strumentalizzare. Nessuno si permette di strumentalizzare la morte di un cittadino italiano, di un giovane cittadino italiano, ma perché vogliamo difendere la dignità di quel giovane cittadino italiano, che è cosa ben diversa, e siamo interessati a mantenere un rapporto costante, un rapporto costante di dialogo con l'Egitto, che ci porti, da un lato, a scoprire la verità e, dall'altro lato, a recuperare i grandi rapporti che ci sono.
Mi avvio alle conclusioni. Le missioni internazionali sono parte integrante di una politica estera per la pace, la stabilizzazione e l'affermazione delle organizzazioni internazionali. Nella realtà complessa di oggi sono uno degli strumenti per affrontare le crisi e attuare una politica internazionale di stabilizzazione. Non dobbiamo mai sottovalutare il ruolo fondamentale che il nostro Paese sta svolgendo e che continuerà con orgoglio a svolgere. Per tutte queste ragioni annuncio il voto favorevole del Partito Democratico.