Discussione sulle linee generali – Relatrice per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 18 Luglio, 2016
Nome: 
Anna Ascani

A.C. 1159-A

Grazie Presidente. Colleghi, la Commissione Cultura riferisce oggi sulla proposta di legge n.1159, Vacca ed altri. Prima di entrare nei dettagli tecnici della relazione sul testo della proposta, anticipo subito che la Commissione riferisce in senso contrario ad essa, non perché la sua maggioranza sia contraria ad una revisione delle norme vigenti sulla contribuzione studentesca al fine di operarne una rimodulazione a favore degli studenti attivi e meno abbienti, ma perché, ancora una volta, i posizionamenti di parte hanno avuto la meglio sul merito dei problemi, portando ad una prematura interruzione del lavoro positivo che pure si stava svolgendo in modo proficuo nel Comitato ristretto. 
Come previsto dal Regolamento della Camera, i gruppi di opposizione hanno diritto a una propria quota dei tempi e degli argomenti del lavoro parlamentare. Questo strumento è una importante garanzia per le minoranze parlamentari e può essere usato in vario modo, purtroppo però anche in maniera strumentale. Il Partito Democratico, gli altri gruppi di maggioranza e, mi sia consentito, anche altri gruppi di opposizione, erano e sono ben consapevoli di quanto sia importante per i giovani e per il futuro del nostro Paese il tema dell'accesso agli studi universitari e di come sia necessario e urgente dare piena attuazione dell'articolo 34 della Costituzione che, con la lingua solitamente luminosa ed efficace del suo testo, stabilisce che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi. Questo obiettivo sociale e culturale è ancora molto lontano, nonostante tanto spesso si parli, un po’ a sproposito, di università di massa. Vorrei ricordare, infatti, che l'Italia soffre di un cronico ritardo nel numero dei laureati sulla popolazione totale e anche su quella giovanile, situandosi purtroppo agli ultimi posti tra i Paesi OCSE. Ad esempio, secondo l'ultimo rapporto OCSE, Education at a Glance del 2015, tra gli italiani di 25-34 anni, i laureati costituiscono solo il 24 per cento, a fronte di una media europea del 39 per cento e una OCSE del 41 per cento. 
Una delle ragioni di questa cospicua differenza può essere fatta risalire alle pesanti spese che le famiglie devono sostenere per mandare i figli all'università, spesso lontano dai luoghi di residenza. Spese che diventano insostenibili per i ceti meno abbienti e tra questi oneri ci sono certamente i contributi da pagare gli atenei, le cosiddette tasse universitarie che, sempre secondo il rapporto OCSE già citato, si situano per importo medio ai primi posti in Europa. Negli ultimi otto anni il tema delle tasse universitarie è diventato molto caldo, soprattutto da quando per iniziativa del Governo Berlusconi fu apportato un taglio molto consistente al Fondo di finanziamento ordinario delle università statali. Questo taglio ha costretto le università ad accrescere la pressione fiscale sugli studenti, mentre d'altra parte la crisi economica globale che si abbatteva su tutti i Paesi, ed in particolare sul nostro, restringeva le risorse a disposizione delle famiglie soprattutto quelle del ceto medio impoverito. Il Governo Renzi ha saputo trovare risorse significative nel bilancio dello Stato per sostenere e incrementare gli interventi per il diritto allo studio universitario, ma anche queste non sono ancora sufficienti ad assicurare una borsa di studio a tutti gli studenti che la meritano, a causa del cronico ritardo che, anche sotto questo aspetto, l'Italia ha accumulato rispetto alle medie europee. Risulta, dunque, evidente la necessità di intervenire sul fronte della contribuzione studentesca, in modo da incentivare l'iscrizione all'università dei diplomati provenienti dalle fasce deboli della popolazione e lasciando alle università l'autonomia di stabilire contribuzioni realmente eque e progressive rispetto ai redditi delle famiglie degli studenti. Questo è, a grandi linee, il contesto della vicenda. 
Esaminiamo ora brevemente i principali contenuti della proposta Vacca che abbiamo oggi in esame. La proposta di legge intende modificare la disciplina dei contributi pagati dagli studenti universitari contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n.306 del 1997, come di recente modificato dal DL n. 95 del 2012, ma non interviene invece in materia degli esoneri che rimangono regolati dal decreto legislativo n. 68 del 2012. L'articolo 1 propone, innanzitutto, proprio l'abrogazione delle novità normative introdotte dal DL n. 95 del 2012, ripristinando sostanzialmente la disciplina previgente. Ricordo che la normativa del 1997 fissava per ogni ateneo un limite massimo complessivo del gettito della contribuzione; questa non può superare ogni anno il 20 per cento dell'importo ricevuto dall'Ateneo come fondo di finanziamento ordinario.
Con la modifica introdotta nel 2012, questo limite percentuale rimane lo stesso, ma non si applica più alla contribuzione complessiva, ma soltanto a quella versata dagli studenti in corso. Mi permetto di ricordare che il limite del 20 per cento stabilito dalla legge fu nel passato superato da molti atenei, dando origine anche ad un contenzioso giurisdizionale nel quale alcuni atenei sono risultati soccombenti. In generale, posso dire che questa forma di contenimento della contribuzione non si è rivelata veramente efficace, così che un suo ripristino sic et simpliciter andrebbe valutato con cautela. 
In effetti, l'articolo 2, comma 3, lettera b), della proposta di legge Vacca stabilisce delle penalizzazioni per le università che non rispettassero il limite del 20 per cento, ma penalizzazioni erano previste anche prima e non hanno dato grande prova di sé. La novità forse maggiore è contenuta nell'articolo 2, comma 3, lettera c), che dispone l'esonero dalla contribuzione universitaria per tutti gli studenti il cui ISEE familiare sia inferiore a 11 mila euro, cioè quella che in gergo è denominata una no tax area. Questo esonero si aggiunge a quello già previsto per gli studenti beneficiari di una borsa di studio del diritto allo studio universitario, come pure per gli studenti idonei, ma non beneficiari. Come è stato osservato dal servizio studi vi è peraltro una certa mancanza di coordinamento tra le due norme che ho citato. 
Il 15 maggio 2014, la collega Ghizzoni ed altri deputati del Partito Democratico, hanno presentato un'altra proposta di legge sullo stesso tema a dimostrazione di quanto anche la maggioranza abbia avuto e abbia a cuore il problema. A differenza della proposta Vacca, quella Ghizzoni prevede però una riforma organica e completa della normativa sulla contribuzione universitaria. Le due proposte convergono almeno sull'introduzione di una no tax area, con ciò intendendosi un valore di ISEE familiare diverso tra le due proposte, al di sotto del quale uno studente è esonerato da ogni contribuzione all'università. La proposta Ghizzoni chiede però che per ottenere l'esonero lo studente sia effettivamente attivo, cioè abbia superato un certo numero di esami. Le due proposte di legge hanno sofferto di una lunga attesa, con il lavoro parlamentare sul tema sospeso dal novembre 2014 all'aprile 2016. Tuttavia, era di recente ripreso di buona lena nel Comitato ristretto un lavoro istruttorio molto proficuo a cui non era mancato il contributo del Governo, con l'intervento del sottosegretario Faraone, che ha garantito il suo impegno a reperire risorse per l'introduzione della cosiddetta no tax area. Un lavoro istruttorio non facile perché non erano inizialmente disponibili i dati disaggregati sulla contribuzione media pagati dagli studenti in base all'ISEE familiare. Ricordo infatti che gli atenei sono autonomi nello stabilire le regole di contribuzione dei loro studenti, ma la grande maggioranza degli atenei prevede riduzioni di contribuzione proprio in base all'ISEE, cioè al reddito al patrimonio della famiglia. Sono stati così ottenuti dall'INPS e dal MIUR, solo qualche settimana fa, dati sulla platea degli eventuali beneficiari di un intervento di riduzione delle tasse, dati mai disponibili prima d'ora per il Parlamento. Una no tax area corrisponderebbe ovviamente ad un calo di gettito per le università che dovrebbero quindi poter ricevere un finanziamento statale che compensi i mancati introiti, non potendosi accettare che si intervenga sulla ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario già pesantemente ridotto, come ricordavo poc'anzi. Nel contempo, occorrerebbe anche evitare che le università spostino il carico contributivo sugli studenti delle fasce ISEE immediatamente superiori a quelle della no tax area. 
Credo di aver dato con questi cenni uno spaccato della complessità dei problemi che sono emersi nella discussione del Comitato ristretto e che avrebbero richiesto una maturazione, anche solo di qualche settimana in più, per giungere ad una proposta condivisa da sottoporre all'attenzione dell'Aula. Invece, la decisione tanto legittima, quanto forse di sapore strumentale del MoVimento 5 Stelle, di insistere per la calendarizzazione di questo provvedimento oggi in Assemblea, ha interrotto questo percorso e ha provocato il disabbinamento delle due proposte di legge. Rinvio i colleghi alla resocontazione parlamentare in Commissione per ogni approfondimento. 
Una volta disabbinato il progetto di legge a prima firma Ghizzoni, la proposta Vacca giunge quindi oggi in Aula con il mandato della Commissione alla relatrice a riferire negativamente in Assemblea. Tuttavia il tema resta, come ho cercato di dire all'inizio, strategico e merita dunque un'attenzione e un impegno particolare, cui non si può certo rinunciare a causa di una brusca e unilaterale volontà di interrompere il lavoro. Mi auguro che si possa trovare il modo di riprendere questi temi al di fuori dei pur legittimi interessi di parte, rimettendo al centro l'interesse dei ragazzi e delle loro famiglie, che coincide in questo caso, più che in altri, con l'interesse del Paese e del suo futuro molto prossimo. Grazie per l'attenzione.