Grazie, Presidente, la prima cosa che mi sento di sottolineare è che credo sia stato, quello di oggi, un confronto positivo, una discussione certamente opportuna e ringrazio anche chi l'ha sollecitata, a partire dal MoVimento 5 Stelle, prima di affrontare la discussione sulla nota di aggiornamento al DEF e sulla legge di bilancio.
Però voglio anche dire: non una discussione che era necessaria perché si fosse di fronte a dei fallimenti, io questo mi sento di negarlo. Siamo uno dei Paesi più virtuosi nel rapporto deficit-PIL, che stiamo continuamente riducendo, e questa non è un'operazione certamente di poco conto, che non si può fare se non c’è anche un controllo molto ferreo della spesa e un'operazione complessiva di revisione della stessa.
Abbiamo fatto operazioni di riduzione delle imposte molto rilevanti, in modo particolare a favore del lavoro e delle imprese, per miliardi e miliardi, solo 18 nella legge di stabilità per il 2015 e abbiamo proseguito in quella per il 2016. Anche questo non si può fare se non c’è appunto un controllo della spesa.
Abbiamo qualificato la spesa: è aumentata per quanto riguarda la scuola, la sanità (poi magari meno di quello che si pensava inizialmente, però non si è certamente tagliata), le politiche sociali (dove alla fine del 2012 eravamo a zero), c’è stata una ripresa degli investimenti pubblici a partire dal 2015 e favoriti quelli privati, ad esempio con il superammortamento, abbiamo superato il patto di stabilità interno, è finita la stagione dei tagli ai comuni (quantomeno ai comuni, poi ci sono problemi ancora su regioni e province, certamente, ma almeno in quella direzione), si sta consolidando un percorso sui costi standard.
Si possono certamente prendere ad esempio regioni virtuose, io potrei fare l'esempio della mia, dell'Emilia Romagna, ad esempio per quanto riguarda il welfare e anche per le indennità dei consiglieri e del presidente, che sono certamente più virtuose di quelle della Lombardia, ma insomma, sappiamo che anche in questo campo ci sono esperienze certamente molto virtuose e altre che hanno bisogno di profonde innovazioni.
E poi c’è una questione che credo vada sottolineata: questo Parlamento ha approvato la riforma della pubblica amministrazione, la legge delega per la riforma della pubblica amministrazione e stiamo andando avanti con i decreti legislativi per la sua attuazione: è in discussione quello sulla dirigenza, è in discussione quello sulle camere di commercio in questi giorni, è stato fatto quello sulle partecipate, che è un processo, non una decisione che si assume un giorno dall'alto, ma un processo che sta continuando.
Abbiamo avuto settori, come quelli della giustizia, dove si è fatta la riorganizzazione dei tribunali o il processo telematico.
Abbiamo ridotto e contenuto la spesa pubblica più di altri Paesi, a tutti i livelli, certamente più a livello territoriale che a livello centrale, ma a tutti i livelli, non solo quelli territoriali (rimando alle considerazioni che hanno fatto il Viceministro Zanetti, l'onorevole Galli e altri).
Abbiamo tagliato molto in alcuni comparti (personale, consumi intermedi), ma questo non vuol dire che non si debba continuare la revisione della spesa, soprattutto come sua qualificazione.
Spendere meno è meglio e questo non è di destra, mi sembra che quanto meno sia un assunto, un approdo nuovo di questo dibattito: la qualità e l'efficienza delle istituzioni e della pubblica amministrazione sono essenziali per affermare i principi e i valori della prima parte della Costituzione. I più deboli hanno più bisogno dell'efficienza e del buon funzionamento dello Stato e delle autonomie territoriali, i forti fanno senza.
Ma per questi processi c’è bisogno di anni.
La spending review non deriva da politiche liberiste, d'altra parte non comporta che, se si recuperano risorse rilevanti, ciò faccia venir meno l'esigenza di flessibilità a livello europeo: siamo sotto il 3 per cento di deficit-PIL, ma c’è bisogno di ritardare il processo verso il pareggio di bilancio strutturale e ricordo che, se si calcola in modo diverso l’output gap, noi siamo già al pareggio.
Il fiscal compact non può certamente essere un tabù: un conto è avere un controllo dei conti, in un Paese con alto debito pubblico, se no i mercati presentano loro il conto, in termini di aumento degli interessi del debito pubblico. Noi abbiamo in tanti settori una percentuale di spesa sul PIL più bassa di altri Paesi, ma ce n’è uno dove l'abbiamo più alta; non è solo la previdenza, è anche quello degli interessi sul debito pubblico. Quindi, quella è una questione fondamentale. Un conto è avere il controllo dei conti, altro è la filosofia dell'austerità, che determina bassa crescita, disoccupazione e, alla fine, aumento del debito pubblico rispetto al PIL, una filosofia che va combattuta e sconfitta.
Non affrontiamo poi questa discussione nemmeno perché il Governo abbia impedito al Parlamento di fare la sua parte sulla revisione della spesa. Il Governo ha fatto la sua, il Parlamento ha esaminato, ha proposto e ha votato in questi anni. È giusto porsi l'obiettivo di un ruolo più forte del Parlamento sulla revisione della spesa – lo condividiamo –, non può essere un ruolo solo della V Commissione (Bilancio), deve coinvolgere tutte le Commissioni di merito ed entrare nello specifico. Infatti, la revisione della spesa non è un'operazione solo tecnica, è soprattutto un'operazione politica.
Ma allora bisogna cambiare anche il modo di lavorare e di essere del Parlamento. Una condizione l'abbiamo costruita, ovvero la nuova legge sul bilancio, un'unica legge di bilancio, un esame unitario del complesso delle spese e delle entrate e delle loro variazioni e modifiche. E la legge di bilancio che affronteremo nelle prossime settimane certamente confermerà e svilupperà il lavoro di questi anni.
L'altra condizione è in mano ai cittadini, a mio avviso, con il referendum costituzionale. Se si mantiene il bicameralismo paritario, scordiamoci la possibilità di un lavoro più proficuo e più approfondito del Parlamento. Condivido quindi l'obiettivo, sostenuto in varie mozioni, di valorizzare il ruolo del Parlamento. Non dipende solo dal Governo, forse, dipende ancora di più dal Parlamento, stesso. Dico: facciamolo insieme ! Governo e Parlamento, studiamo i modi.
Però voglio aggiungere che in una discussione di questo genere perseguiamo anche l'oggettività delle nostre valutazioni. Nel dibattito io ho sentito due cose. Si è detto: ci sono state proposte di riduzione delle indennità che avrebbero determinato forti risparmi. Però, allora non si dica che non avere più 315 senatori con le indennità, ma 100 senza indennità, determina risparmi risibili, perché sento dire questo nel dibattito, ad esempio sulla riforma costituzionale, senza contare che tutti quanti, anche 215, comunque non avrebbero più né diaria né il contributo per i rapporti sul territorio.
E valorizziamo anche le autoriforme fatte da questo Parlamento. Alla fine del 2011 siamo passati, a partire dal gennaio 2012 e per il futuro, dal sistema dei vitalizi a un sistema contributivo. È una riforma fatta, non da fare. E ricordo che avrebbe determinato un aumento del netto in busta, tenendo fermo il lordo. È per questo, per non aumentare il netto, che si è invece ridotto il lordo. Lo dico per giustizia rispetto a quello che è stato fatto nella scorsa legislatura.
Quindi va bene chiedere un più forte ruolo del Parlamento, ma prima di chiedere il rispetto del Governo dobbiamo essere credo noi a rispettare fino in fondo il Parlamento. In questa direzione va la mozione di maggioranza. Ringrazio il Governo per l'accoglimento e per il parere favorevole. Sulle altre, il gruppo del Partito Democratico voterà in conformità all'indicazione del Governo, ma credo che, almeno dal punto di vista degli impegni, si possa registrare oggi una sostanziale convergenza degli intenti in questo Parlamento, in questa Camera, e questo è certamente un aspetto molto positivo.