Data: 
Mercoledì, 12 Ottobre, 2016
Nome: 
Marina Berlinghieri

Signora Presidente, cari colleghi, i temi posti all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo ci hanno visti impegnati in un grosso lavoro di discussione e proposta nei mesi scorsi, tanto che a volte sembra di ritrovarci qui a cadenze fisse a dire sempre le stesse cose e a constatare che niente succede. Gli interventi che mi hanno preceduta hanno ben messo in luce la situazione che abbiamo di fronte e che appare evidenziare sempre di più le difficoltà dell'Unione europea, non tanto nel trovare le soluzioni ai problemi ma a trovare quella condivisione politica di strategia che porta ad attuare le soluzioni individuate. Lo stato dei processi decisionali all'interno delle istituzioni europee sta mostrando in maniera sempre più evidente i suoi limiti, gli ultimi vertici europei sono stati caratterizzati dal rinvio costante ai successivi Summit per le decisioni da assumere, anche quando queste ultime sono rilevanti per la stessa sopravvivenza dell'Unione. L'Europa non sembra all'altezza delle sfide che ha di fronte, anzi, appare in una situazione di difficoltà sempre crescente e che si manifesta, nonostante alcuni apporti costruttivi e proposte ambiziose con visione di lungo termine siano stati avanzati. Le spinte nazionalistiche e populistiche, insieme frutto e causa dei problemi dell'Unione, stanno mettendo a dura prova l'Europa e ad aggravare il quadro il mutamento di scenario e di equilibri politici a livello globale. Siamo alle prese con uno scontro che vede due visioni contrastanti dell'Europa, tra quella che coltiva odi e paure, rispondendo a problemi globali con anacronistici nazionalismi o continuando a perseguire progetti rovinosi e quella che invece propone di governare le trasformazioni epocali con politiche comuni, improntate a giustizia sociale, libertà, universalismo dei diritti, pena il declino irreversibile del continente. Dunque, che fare di fronte a una situazione come questa ? Io credo che innanzitutto dobbiamo continuare a fare una cosa fondamentale: dobbiamo coltivare la voglia di guardare al futuro dell'Europa, al nostro futuro con fiducia e speranza, con la consapevolezza che non siamo soltanto il vecchio continente ma che abbiamo una storia, dei valori che sono fondamentali perché ogni uomo e ogni cittadino possa realizzare sé stesso e perché l'umanità tutta possa vivere in pace e questa consapevolezza identitaria ci deve guidare, anche se siamo abbastanza sicuri che le difficoltà che ci saranno non saranno granché minori di quelle che abbiamo avuto fino ad ora. Rispetto al progetto europeo non dobbiamo lasciarci vincere dall'atteggiamento di timore e di sfiducia, di interpretazione parziale di ogni cosa che avviene, ma dobbiamo avere lo sguardo lungo della speranza, la pazienza e la tenacia che servono per costruire le cose grandi, anche quando questo sguardo lungo ci chiede di evidenziare con forza le criticità e i problemi. Con questo atteggiamento dobbiamo continuare ad essere presenti sui tavoli delle istituzioni europee, laddove si fa sempre più fatica a gestire i grandi problemi dell'oggi e il nostro Paese e il nostro Governo finora in questo non ha mancato. Con il Migration compact abbiamo infatti presentato un piano di lungo respiro per la gestione dei flussi migratori, consapevoli che la migrazione costituisce una delle maggiori sfide del nostro tempo, che richiede perciò risposte politiche strutturali di lungo periodo, comuni e condivise tra gli Stati membri. Dobbiamo quindi proseguire attivamente nel lavoro di rafforzamento della solidarietà e della coesione all'interno dell'Unione in favore di una politica migratoria comune efficace e di lungo termine. Dobbiamo lavorare per sostenere l'applicazione degli strumenti giuridici già esistenti per il rispetto dei trattati, per sanzionare l'inadempimento dei diritti fondamentali dell'Unione europea e degli obblighi legali, valutando anche l'adeguatezza di ulteriori strumenti sanzionatori. Le politiche commerciali, altro tema fondamentale: l'Unione europea è chiamata a rivedere la propria strategia commerciale in considerazione di un suo tendenziale declino e dell'emergere di nuove potenze commerciali. Attualmente l'Unione europea è il più grande blocco commerciale del mondo e controlla un terzo del commercio mondiale, ma da qui al 2020 – 4 anni – potrebbe scendere fino circa il 26 per cento. Il centro di produzione della ricchezza si sta spostando verso est, verso l'Asia e il Pacifico e in particolare verso la Cina. In questo campo l'Europa, forte della sua storia e dei suoi valori, non può giocare di rimessa e quindi, siccome è difficile, meglio lasciar perdere; fare dei buoni accordi commerciali con regole chiare, che non tendono al ribasso, aiuta tutti, noi per primi, e da questo punto di vista allora bisogna continuare a lavorare sostenendo l'esigenza di una politica commerciale comune più trasparente e democratica, tenendo conto che l'opinione pubblica è sempre più interessata alle dinamiche della globalizzazione. Bisogna attivarsi in favore di un rafforzamento dei Parlamenti nazionali nella fase ascendente del processo negoziale, unitamente a un potenziamento delle competenze del Parlamento europeo in tema di politica commerciale quale luogo di rappresentanza e di ricomposizione delle istanze dei cittadini e dell'opinione pubblica europea, allo scopo di scongiurare il ritorno a veti nazionali che vanificano il percorso di integrazione europea. 
Per chiudere, le sfide che abbiamo di fronte sono grandi, ma per chi vuole misurarsi con la costruzione del bene comune lo sono sempre; non è stato diverso per chi ci ha preceduto e noi oggi siamo attrezzati per affrontarle. Il prossimo marzo ci sarà la celebrazione per l'anniversario dei Trattati di Roma; rendiamoci protagonisti, Parlamento e Governo, affinché sia un'occasione decisiva per scuotere l'Europa e rilanciare su nuove basi il processo di integrazione ispirato al progetto dei padri fondatori.