Data: 
Lunedì, 16 Gennaio, 2017
Nome: 
Veronica Tentori

A.C. 3258-3337-3725-3807-A

Discussione sulle linee generali

Grazie, Presidente. Il provvedimento in esame si inserisce in un ambito complesso ma, allo stesso tempo, ricco di opportunità: la sharing economy o economia della condivisione che rappresenta in questo momento economico e sociale una vera e propria sfida per noi legislatori. Pag. 42Credo sia importante partire da questa premessa per comprendere più a fondo la novità e la complessità cui ci troviamo di fronte quando affrontiamo il tema dell’home restaurant oggetto della presente legge. La sharing economy infatti è un fenomeno in costante evoluzione. Si tratta della condivisione di beni e servizi tra utenti per il tramite di piattaforme digitali che intreccia temi quali innovazione, nuovi modelli di consumo, stili di vita, nuovi modelli di business e modi di fare impresa, nuove forme di relazioni tra persone e di fare comunità. Quando parlo di innovazione, infatti, non mi riferisco solamente a quella di tipo tecnologico che permette, grazie ad un device come lo smartphone, di essere connessi direttamente e in tempo reale con chiunque in ogni momento e che ha permesso di abilitare in un rapporto molti a molti la condivisione diretta di beni e servizi tra le persone, ma anche all'innovazione sociale. Le persone oggi sono disponibili a condividere le proprie risorse e le proprie capacità con gli altri, prediligono l'accesso a beni e servizi piuttosto che l'acquisto e il possesso e, qualora possiedano già dei beni, tendono ad ottimizzarne l'impiego condividendoli con gli altri piuttosto che lasciarli inutilizzati o dormienti tanto che alcuni preferiscono definire questo tipo di economia «economia degli asset sottoutilizzati». Questa nuova forma di consumo si sta sviluppando nei più svariati settori. Attualmente in Italia abbiamo una crescita particolare delle attività correlate al turismo come gli alloggi e appunto la ristorazione oppure i trasporti. Mettere quindi a disposizione una stanza della propria casa, che resterebbe vuota, per dare ospitalità attraverso una piattaforma online oppure condividere un viaggio con la propria auto insieme ad altri utenti per dividere i costi del carburante.

  Nel caso dell’home restaurant, di cosa stiamo parlando ? Di cittadini che vogliono condividere con altri la propria abilità culinaria e, dunque, attraverso piattaforme digitali che svolgono un ruolo di intermediari organizzano eventi enogastronomici in abitazioni private. Gli utenti della piattaforma interessati all'evento culinario, come ad esempio una cena, possono quindi iscriversi tramite il sito web e partecipare, generalmente pagando una quota. Ne risultano delle cene che mettono a tavola persone che non si conoscono tra di loro, creando nuove relazioni e conoscenze che permettono al cuoco amatoriale di condividere la propria abilità e, contestualmente, ricevere un piccolo ricavo. Le attività di cui stiamo parlando, infatti, non costituiscono una professione per chi le svolge; sono di tipo occasionale e non si inseriscono nel contesto di norme che vanno a regolamentare i professionisti del settore, in questo caso della ristorazione, spesso anche molto articolate e pensate per pubblici esercizi e per attività commerciali di natura diversa rispetto a quanto oggi stiamo andando a regolare con la legge in discussione. Su questo, appunto, mi riferisco anche a quello che è appena stato detto nell'intervento della collega Giammanco; con questa legge, infatti, vogliamo promuovere quel tipo di economia della condivisione, in questo caso legata all'ambito degli eventi culinari, che non viene svolta a livello professionale ma occasionale; per questo ritengo si possa chiarire ulteriormente questo aspetto, andando a precisare nella definizione di home restaurant che si tratta di un'attività occasionale e ho depositato un emendamento in tal senso che spero possa essere accolto nei lavori d'Assemblea. Si tratta di un concetto importante da sottolineare, a mio parere fondamentale per fare in modo che questa legge che appunto va ad occuparsi di un settore specifico sia coordinata e in armonia con la legge quadro in materia di sharing economy che, al momento, è in fase di discussione congiunta qui alla Camera nelle Commissioni parlamentari Attività produttive e Trasporti. Obiettivo di entrambe le leggi deve essere, infatti, quello di promuovere la sharing economy, cogliendone le opportunità, e contestualmente fornire una cornice di regole che devono essere più semplici possibili per consentire tutela del consumatore e della leale concorrenza Pag. 44oltre che garantire trasparenza. Una legge, in questo caso, si rende necessaria proprio perché serve chiarezza per tutti i soggetti coinvolti in questa filiera, il gestore della piattaforma digitale, ovvero il soggetto economico, e gli utenti che attraverso questa piattaforma mettono a disposizione i propri beni e servizi o ne fruiscono. Chiarezza e trasparenza per chi intraprende e per chi consuma sono la base per generare fiducia e per fare in modo che queste attività innovative possano integrarsi con le forme di impresa tradizionali. Inoltre, la fiducia è anche la base per attrarre investimenti che, laddove il rischio regolatorio è troppo elevato, non sono certo favoriti. La mia convinzione è che regolando in maniera equilibrata e trasparente queste nuove forme di consumo sia possibile ampliare l'offerta e, quindi, creare maggiori opportunità per i cittadini e per i consumatori. Importante sarebbe, allo stesso tempo, cogliere questa occasione per rivedere le norme cui oggi sono soggetti gli operatori tradizionali dei settori coinvolti per attuare una semplificazione laddove si individuino necessità di adeguamento ai tempi, alle nuove tecnologie e laddove si sia in presenza di regole obsolete e anacronistiche. Quindi, occorre: non complicare questo nuovo ambito, ma, piuttosto, semplificare gli ambiti tradizionali, cogliere le opportunità dell'economia della condivisione, in questo caso dell’home restaurant senza ostacolarne lo sviluppo e contestualmente abbattere i rischi e le distorsioni che potrebbero generarsi da una totale assenza di regole. Proprio qui sta la sfida complessa e allo stesso tempo entusiasmante cui il legislatore si trova di fronte: regolare senza soffocare, come ha affermato anche la Commissione europea nelle proprie comunicazioni sulla sharing economy nel mese di giugno 2016. La legge in discussione si muove in questo solco e credo, anche grazie al lavoro importante svolto in Commissione, sia un tentativo importante per contemperare tutte le esigenze, avendo come obiettivo l'interesse collettivo, considerato che è la prima volta che si cerca di trovare una soluzione concreta ai problemi complessi cui le nuove forme di economia, anche a causa dell'uso sempre più intenso delle piattaforme digitali, ci pongono di fronte. Ci sono tuttavia dei punti che vanno migliorati in questo testo e ne parlerò tra poco.
  Da questo punto di vista probabilmente sarebbe stato più lineare procedere in prima battuta con la definizione delle regole trasversali ai diversi settori, cioè con la legge quadro  Pag. 45sulla sharing economy, per fissare le soluzioni alle principali questioni, tra cui la parte relativa alle definizioni, ai rapporti tra i soggetti in campo e alla parte fiscale, per poi procedere con le diverse norme verticali di settore, tra cui appunto quella dell’home restaurant. Nonostante ci troviamo oggi a discutere, prima, questa norma di settore, attraverso un proficuo e approfondito lavoro in Commissione, essa può considerarsi in gran parte omogenea e conforme alla norma quadro nella parte definitoria e nell'impostazione. Mantengo, invece, dei dubbi riguardo la parte fiscale che nella legge oggi al nostro esame limita l'attività di home restaurant attraverso la soglia di proventi fissata dall'articolo 4 che va ad accavallarsi con la soglia già prevista sul numero di coperti; un punto che confido possa essere migliorato attraverso i lavori d'Aula. In ogni caso sicuramente l'aspetto fiscale sarà affrontato più compiutamente nella norma quadro e, quindi, potrà anche vedere questa parte migliorata ed omologata in seguito.
  Un importante passo avanti che, oggi, invece, possiamo evidenziare è quello inerente la parte definitoria, attraverso l'introduzione della figura dell'utente operatore cuoco. Chi è l'utente operatore cuoco e perché lo fa ? Non si tratta di un professionista della ristorazione, ma di un cittadino che vuole mettersi in gioco attraverso la propria abilità in cucina – possiamo dire: un cuoco amatoriale –, condividendo l'esperienza con altre persone, un hobby che lo porta anche, talvolta, ad arrotondare i propri redditi e integrare le proprie entrate mensili. Questo soggetto è, sì, un utente e, quindi, un consumatore, perché opera attraverso la piattaforma digitale che è il vero soggetto economico ed è anche un operatore, ovvero fornitore del servizio, in quanto organizza l'evento e cucina. Oggi, in assenza di norme specifiche, tutte le responsabilità ed i rischi connessi allo svolgimento dell'attività in questione sono in capo all'utente operatore cuoco che, però, non svolgendo questa attività come prevalente o a livello professionale, ma semplicemente amatoriale, non è detto che sia dotato dell'adeguata struttura per farsi carico di tutti gli adempimenti e delle garanzie necessarie per tutelare chi usufruisce del servizio. Per questo abbiamo deciso di limitare il più possibile le incombenze in capo all'utente operatore cuoco e porre maggiori responsabilità in capo al soggetto economico strutturato, ovvero il gestore della piattaforma digitale. In questo modo è più facile favorire la partecipazione degli utenti alle  Pag. 46piattaforme in quanto più sicuri dal punto di vista del rispetto delle regole e, dunque, meno a rischio di incorrere in sanzioni o addirittura in illeciti e allo stesso tempo è possibile fornire maggiori garanzie a tutti i consumatori. A proposito di favorire la partecipazione, un altro elemento che potremmo ragionare nei lavori di Assemblea è quello legato all'utente operatore cuoco che vuole provare a sperimentare l'attività e che potrebbe essere scoraggiato se messo subito di fronte a numerosi adempimenti burocratici anche onerosi. In ogni caso, credo che questa chiarezza normativa sia un fattore positivo anche per il gestore della piattaforma digitale che può, finalmente, muoversi con maggior sicurezza, abbattendo notevolmente i rischi generati dall'assenza di un riferimento normativo specifico. Certo, non bisogna complicare la vita a chi vuole intraprendere; spesso siamo di fronte a start-up innovative, per lo più ideate e gestite da giovani; in particolare nel campo dell’home restaurant tante sono italiane in quanto l'enogastronomia e la tradizione culinaria fanno parte del DNA del nostro Paese e, quindi, trovano terreno fertile anche nella domanda. Per esempio, da questo punto di vista, credo siano possibili degli ulteriori miglioramenti nei lavori d'Aula per andare a snellire le procedure in capo agli utenti e ai gestori delle piattaforme e renderle più semplici, soprattutto laddove possono essere svolte per via telematica con semplice comunicazione.
  Un altro aspetto su cui faccio una riflessione è quello che l'articolo 5, comma 3, prevede che chi svolge attività turistico-ricettiva in modo occasionale non possa svolgere home restaurant, impedendo, per come è formulato, che uno stesso cittadino possa sperimentare attività di sharing economy diverse; forse serve un approfondimento per evitare, poi, appunto, di entrare in contrapposizione con la norma sulla sharing economy che stiamo discutendo.
  Per concludere, questa prima approvazione della legge sull’home restaurant resta un passo importante che ci ha permesso di cominciare a discutere ed affrontare un tema seppure in maniera parziale e su un singolo settore che è quello di come cambiano i modelli di consumo e le forme di lavoro e di impresa, anche a causa della digitalizzazione e delle nuove tecnologie.  Credo che questa sarà una delle sfide più grandi e decisive cui la politica dovrà dare risposte nei prossimi mesi. Il cambiamento non può essere arrestato o impedito, ma abbiamo il dovere di approfondire i fenomeni per conoscerli, comprenderli ed orientarli affinché diventino un'occasione di crescita per la collettività e non un motivo di scontro o di esclusione. Spesso sono gli enti locali che si trovano a dover gestire le conseguenze di questi conflitti e provano a gestirle sui territori con i mezzi che hanno a disposizione, ma che, a volte, non sono sufficienti. Faccio un esempio: recentemente, la Corte costituzionale ha bocciato la normativa della regione Piemonte che era intervenuta sulla materia dei servizi di trasporto basati sulle piattaforme informatiche di sharing economy, dichiarando che si trattava di materia relativa alla concorrenza e che le norme in materia di concorrenza sono di esclusiva competenza dello Stato. Auspicava, quindi, una legislazione nazionale sulla materia. Un'ulteriore conferma dell'urgenza di approvare una norma nazionale che vada a fornire una cornice per quanto riguarda la sharing economy, una proposta che è già al vaglio delle Commissioni qui alla Camera e che può dimostrare che la politica è in grado di dare delle risposte e non attendere le sentenze.
  Mi auguro che, dopo questo primo passo importante sull’home restaurant, si possa procedere velocemente anche con l'approvazione della legge quadro sulla sharing economy. Se lo faremmo, potremmo essere i primi in Europa a portare un contributo fattivo ad un dibattito – quello sull'innovazione dei modelli di consumo e d'impresa – che rappresenta nel campo delle politiche industriali e del lavoro una delle più grandi sfide del nostro tempo.