Discussione congiunta
Data: 
Lunedì, 23 Gennaio, 2017
Nome: 
Ernesto Preziosi

Doc. XXIII, nn. 10 e 23

Grazie Presidente. Desidero soffermarmi in primo luogo sull'opportunità dell'istituzione della Commissione d'inchiesta. Come si diceva, non pochi si sono chiesti se fosse stato necessario attivare questo percorso di una nuova Commissione. Eppure la Commissione stessa, con i due anni di attività, con le due relazioni conclusive dei rispettivi anni, ha dato una risposta di novità, che si aggiungono ad elementi utili alla ricerca per affrontare quella pagina con modalità diverse, che non si escludono e che vedono impegnati, su quello stesso filone di accertamento della verità, anche il potere giudiziario e, come dire, l'apporto degli storici. 
Vi è indubbiamente, nel percorso giudiziario, un grande aiuto, anche attraverso la conoscenza degli atti, che sono stati acquisiti dalla Commissione, di quelli che sono stati i vari processi, che sono stati dedicati dall'autorità giudiziaria all'accertamento della verità sul caso Moro.
E vi è poi la ricerca della storia che, accanto alla cronaca o alla migliore informazione d'inchiesta, utilizza un metodo diverso, un metodo scientifico, per approfondire e per giungere alla verità storica, attraverso l'utilizzo delle fonti, l'interpretazione dei fatti e delle testimonianze. 
Questi due percorsi, quello giudiziario e quello storico, hanno compiuto solo in parte il loro compito. Nuovi fascicoli sono stati aperti dalla Procura di Roma e, come sappiamo, la ricerca storica non è mai conclusa, per quanti volumi si possano pubblicare, ed avrà anzi, dai lavori della Commissione, io ritengo, nuove piste, lungo cui incamminarsi, oltre che il vantaggio di una digitalizzazione delle fonti, che può essere un vantaggio non di poco conto per chi studia e per chi è abituato a utilizzare quelle fonti. 
Vi è poi il livello politico. Il Parlamento può istituire commissioni d'inchiesta ed è importante che esista questo livello, che è cosa altra, come ho detto, da quello giudiziario e da quello storico, ma che si incontra con queste realtà, al fine di stabilire nel modo migliore una verità, per quanto conoscibile. 
Come sappiamo, le Camere sono autorizzate dalla Costituzione ad istituire Commissioni, in virtù dell'articolo 82 della Costituzione, e la dottrina si è interrogata anche sul senso, sulla funzione stessa e sulle modalità di queste Commissioni, distinguendo tra una natura strumentale delle Commissioni, a causa della connessione con le funzioni legislative, di indirizzo e di controllo, spettanti alle Assemblee, e una funzione maggiormente autonoma. Al Parlamento, secondo una parte della dottrina, dovrebbe essere riconosciuta piena capacità di svolgere un'attività emancipata e svincolata dal punto di vista funzionale. 
Perché allora avere riaperto una Commissione sul caso Moro ad oltre 36 anni dalla strage di via Fani e da quell'omicidio ? Il Parlamento, nell'approvare l'istituzione di una Commissione d'inchiesta, ha ritenuto di instaurare qualche cosa che poteva davvero, in dialogo con le realtà, specie con la magistratura e con il potere giudiziario, accertare qualche cosa di nuovo, non solo nei singoli fatti, ma nell'interpretazione complessiva. 
E, svolgendo il suo compito, la Commissione ha raggiunto le finalità di trovare nuovi elementi, che potessero integrare le conoscenze acquisite dalle precedenti Commissioni per un verso e dalle attività della magistratura, e l'altra finalità che ci si era proposti, cioè quella di individuare eventuali responsabilità sui fatti, riconducibili ad apparati. Si diceva nella prima relazione: a strutture e organizzazioni comunque denominati, ovvero a persone a esse appartenenti o appartenute. Questo secondo punto è un punto delicato e di grande importanza, rispetto alla finalità politica anche della Commissione d'inchiesta bicamerale. 
In questo quadro, in ossequio anche al principio costituzionale della leale collaborazione tra poteri dello Stato, la Commissione ha ritenuto di segnalare tempestivamente a diversi uffici giudiziari, per l'eventuale seguito di competenza, questo o quel fatto rilevato nei lavori della Commissione medesima. 
In particolare è stata attivata più di una volta la procura della Repubblica di Roma e numerose sono state le acquisizioni, come dicevo, documentali e gli accertamenti svolti dai collaboratori della Commissione e dagli organi di polizia messi a disposizione in questo caso, così come numerose sono state le audizioni, oltre che di testimoni oculari e dei protagonisti, anche di magistrati e di studiosi. 
Come è stato notato nelle conclusioni del primo anno di lavoro della Commissione, le indagini sul caso Moro presentano e presentarono fin dall'inizio evidenti profili di criticità, riconducibili a diversi fattori, che richiamo perché mi paiono importanti. Quali sono questi fattori di criticità ? Le tensioni tra potere Esecutivo e autorità giudiziaria nell'affrontare una vicenda di così drammatico rilievo per la storia del Paese hanno contribuito a rallentare l'azione degli inquirenti e ad evidenziare, in più di un caso, la perizia degli stessi; la pressione esercitata dall'elevata attenzione mediatica e politica che il sequestro Moro suscitava; e, ancora, l'intervento diretto di esponenti di Governo nella conduzione delle indagini; la difficoltà di gestire l'enorme mole di informazioni, che, in buona fede o con qualche aspetto interessato, affluivano dalle fonti più disparate, senza considerare eventuali interferenze e condizionamenti di altro genere. 
Ebbene, il lavoro della Commissione, contenuto in sintesi nelle due relazioni, ci dice che anche l'avvenuta proroga dei lavori della Commissione medesima sta dando quei risultati che ci si poteva augurare.
E non sono solo le ulteriori acquisizioni documentali, come dicevo, o gli accertamenti fatti, ma anche l'apertura di nuovi profili, di nuove piste su cui lavorare e che il presidente opportunamente richiamava nell'intervento fatto poco fa. 
La Commissione ha avuto uno spazio importante nel fare l'approfondimento anche di quel mondo difficile che riguarda le relazioni internazionali e i rapporti fra i vari servizi di sicurezza ed è proprio su questo filone che abbiamo avuto forse le aperture di lettura più interessanti dei lavori della Commissione. 
Un passaggio importante è quello che riguarda proprio – come veniva richiamato – i rapporti tra le Brigate Rosse e i palestinesi, il ruolo avuto dal colonnello Giovannone, la via della trattativa, sicuramente una pagina importante, così come l'altra pagina che in maniera particolare mi ha in qualche modo interessato, seguendo i lavori, è quella della pista dell'istituto Hyperion: riguardo a questo istituto, così come aveva segnalato nella sua audizione dell'11 novembre del 2015 il magistrato Calogero, che aveva indagato a lungo su Hyperion, ebbene lui diceva di essere convinto che quella scuola di lingue gravitasse nell'orbita della CIA e che le tre sedi (Parigi, Londra e Bruxelles) fossero un modo di garantire di monitorare il territorio e all'occorrenza porre in atto gli interventi per la politica di sicurezza mondiale perseguiti dagli Stati Uniti e questo è un altro punto molto importante e molto interessante, così come – e credo che sia sottolineato nella relazione del secondo anno dei lavori – le zone grigie che vanno emergendo non riguardano appena esclusivamente le indagini compiute a suo tempo o i loro limiti, ma anche – e in maniera tutt'altro che marginale e secondaria – la versione brigatista codificatasi sulla base del memoriale Morucci e degli interventi pubblicistici di molti terroristi, a partire dalla fine di quegli anni Ottanta. 
Torno alla domanda iniziale: perché, in definitiva, continuare la ricerca della verità ? Perché farlo in una sede politica ? Perché coinvolgere il Parlamento ? La forza della democrazia è nella sua capacità di verità. 
La pagina della storia nazionale in cui l'ordinamento democratico ha saputo reggere alla spinta dissolvitrice del terrorismo non può rimanere velata da una mezza verità, da dubbi e segreti, da intrecci irrisolti politico-criminali, perché il rischio che determinati fatti si possano ripetere è sempre all'ordine del giorno. 
Voglio dire che, nel partecipare ai lavori della Commissione, ancora una volta mi è parsa evidente la necessità, in questa presente stagione, di una presa di coscienza ancora più forte dell'importanza della politica e della sua responsabilità. 
Il caso Moro dice molto, al di là delle risultanze processuali, dice molto alla politica di oggi, a questo Parlamento, alle forze politiche che vi sono rappresentate, formazioni politiche nuove rispetto a quel contesto storico, ma anche per questo nella necessità di confrontarsi su ciò che rende vive e democratiche le istituzioni, sul senso stesso delle istituzioni democratiche e sul primato della politica. 
Nel richiamare l'importanza della politica, del suo ruolo e della sua necessità, mi pare interessante citare un autore tedesco, un filosofo, Anders, allievo di Husserl, che parlando della sindrome di Nagasaki diceva così: «La sindrome di Nagasaki implica che ciò che ieri è veramente accaduto può accadere ancora e di nuovo anche oggi, fino a che non ne avremo cambiato fondamentalmente i presupposti, poiché il ripetersi del mostruoso non solo è possibile, ma è probabile e la probabilità di vincere la lotta contro la ripetizione è minore della probabilità di perderla». 
È un rischio, è una difficoltà che il pensiero di uno statista come Moro sulla democrazia e sulla democrazia sociale non appena sulla democrazia affidata alle istituzioni, ci potrebbe avere insegnato in più di un aspetto come coniugarlo con il presente. 
Allora la storia del popolo italiano – e concludo – è la storia tutta intera di questo Paese, senza buchi neri o omissioni, tutt'al più con la comprensione e con le cicatrici che portano alla comprensione dei suoi traumi. 
Il lavoro della Commissione ha contribuito a questa chiarificazione e può fare ancora, nella parte che le rimane, il suo compito in maniera egregia. 
Non c’è futuro senza passato ed ogni cittadino deve disporre di elementi di conoscenza sulla storia del proprio Paese e di strumenti culturali che gli consentano di interpretare la realtà che lo circonda, fino al passato più recente.
È uno sforzo di riappropriazione della storia cui deve contribuire anche la politica, nella certezza che la conoscenza dei fatti e delle motivazioni che hanno portato a quei fatti è ancora fondamentale per la storia del nostro Paese. 
L'ultima battuta è di un intellettuale bosniaco, Matvejevic, che riferendosi alla storia dolorosa del suo Paese diceva: «Prima di voltare pagina, bisogna leggerla». 
È il punto di fondo anche del caso Moro e di questa vicenda.