Data: 
Mercoledì, 25 Gennaio, 2017
Nome: 
Gianni Cuperlo

Grazie Presidente, «la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri»: è una frase molto bella di Gustav Mahler, che forse può applicarsi anche alla memoria, per quel legame profondo che congiunge azioni e pensiero di chi c’è stato prima con chi vive il presente e con chi verrà dopo di noi. 
La giornata della Memoria dovrebbe essere questo, un richiamo alla maturità, perché a modo suo quel 27 gennaio, che lei ha appena ricordato, segnò l'ingresso del mondo nella sua età adulta; Auschwitz divenne simbolo del male assoluto, raccontò il confine che il nazismo aveva violato, non il confine tra lecito e illecito, ma il confine con ciò che non poteva più essere considerato umano e quello fu il momento in cui il mondo seppe qualcosa che ci ha cambiati per sempre: seppe della negazione e distruzione di un popolo, quello ebraico e non solo, consegnato alla memoria come testimone e vittima del male assoluto. 
Quindici anni più tardi, di quello stesso male il mondo sentì raccontare la banalità. 
«Perché non entri nel partito nazista ?», chiese nel 1932 un amico al giovane Adolf Eichmann. Lo ha raccontato lui l'episodio, il carnefice, e lo ha fatto con queste parole: «Io gli risposi: già, perché no ?»
Perché no: la risposta banale per un male infinito. 
C’è una fase molto nota di Primo Levi, dice: «Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo». 
Io non credo che il nostro tempo stia coltivando di nuovo le radici del male assoluto, anche se la cronaca del mondo ci consegna tragedie che non sono meno disumane. 
Quello che temo è una Europa che si inchini di nuovo alla banalità, la banalità delle risposte, delle soluzioni, la banalità dei muri – concludo – perché alla fine questo la storia ci ha trasmesso: l'idea che un continente, il nostro, segnato per secoli da odi che hanno diviso popoli e nazioni, dopo la verità di quel 27 gennaio doveva ricongiungere le sue anime, le sue lingue, il suo sangue e questo è accaduto, ma non per caso. È accaduto perché le armi hanno sconfitto il male, ma la banalità, quella, è stata sconfitta dalla politica. 
Il Giorno della Memoria può dirci questo: che non affideremo mai più il nostro destino alle armi, ma soprattutto mai più sacrificheremo la politica al ricatto osceno della banalità.