A.C. 3772-A
Onorevole signor Presidente, Onorevoli colleghi, Onorevole rappresentante del Governo Il testo approvato dalla Commissione Giustizia è diretto a garantire un'adeguata tutela giuridica ed economica a favore dei figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, cioè dell'omicidio commesso nei confronti del proprio coniuge o convivente.
In questi casi l'omicidio comporta, per i figli della vittima, la perdita non solo del genitore ucciso, ma anche del genitore autore della violenza. Recenti casi di cronaca dimostrano che, al dramma della violenza e della perdita del genitore, per i figli si aggiungono innumerevoli difficoltà di ordine pratico ed economico, che ora la proposta intende attenuare, intervenendo in diverse direzioni.
Il lavoro svolto in Commissione, con il contributo di tutte le forze politiche, ha consentito di ampliare e meglio specificare il campo di applicazione della proposta di legge oggi all'esame dell'Aula; sia attraverso un proficuo dibattito, sia attraverso la presentazione e la successiva approvazione di importanti emendamenti.
Dalla formulazione delle disposizioni emerge che non necessariamente, ai fini dell'ambito di applicazione delle diverse disposizioni, l'autore dell'omicidio deve essere il genitore del figlio rimasto orfano. Tale condizione soggettiva è espressamente prevista solo dall'articolo 5 della proposta, che interviene in materia di pensione di reversibilità. Il campo d'applicazione della proposta di legge richiede infatti che l'omicidio sia commesso in ambito domestico e che a seguito dell'omicidio rimangano degli orfani.
Per quanto attiene alla figura di figlio, la proposta di legge si riferisce ai figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti della vittima di un omicidio commesso dal coniuge – anche legalmente separato o divorziato – dalla parte dell'unione civile – anche se l'unione è cessata – o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. Come si è detto, il figlio orfano non necessariamente deve essere figlio anche dell'omicida.
Si fa presente che il testo approvato dalla Commissione riconosce benefici non solo ai figli minorenni della vittima, ma a tutti i figli economicamente non autosufficienti, senza il limite, previsto dal testo originario, dei 26 anni.
Passando all'articolato della proposta di legge, il primo articolo intende rafforzare, già dalle prime fasi del processo penale, la tutela dei figli della vittima, modificando l'articolo 76 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), per consentire loro l'accesso al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti di reddito. Inserendo un nuovo comma 4-quater, il provvedimento prevede che, se è commesso un delitto di omicidio dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dalla persona che è stata legata da relazione affettiva o convivenza stabile con la vittima, i figli della vittima minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti possano essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato anche in deroga ai limiti di reddito. Il patrocinio gratuito dovrà coprire tanto il processo penale, quanto tutti i procedimenti civili conseguenti alla commissione del reato, compresi i procedimenti di esecuzione forzata.
L'articolo 2, introdotto dalla Commissione, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all'articolo 577 c.p..
Rispetto alla norma vigente, che punisce l'omicidio del coniuge con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Si prevede infatti l'ergastolo per l'omicidio del coniuge (anziché la pena della reclusione da 24 a 30 anni) e, inoltre, all'omicidio del coniuge viene parificato l'omicidio del coniuge anche legalmente separato, della parte dell'unione civile e della persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente. Con i vigenti limiti di pena (reclusione da 24 a 30 anni) viene invece punito l'omicidio del coniuge divorziato o della parte della cessata unione civile.
Mantenendo l'attenzione verso il procedimento penale, e dunque alla fase che precede l'accertamento definitivo della responsabilità penale dell'autore del reato, la proposta di legge intende rafforzare la tutela dei figli della vittima rispetto al loro diritto al risarcimento del danno.
A tal fine, l'articolo 3 novella l'articolo 316 del codice di procedura penale, che disciplina l'istituto del sequestro conservativo, inserendovi il comma 1-bis. La riforma stabilisce l'obbligo per il pubblico ministero che procede per omicidio del coniuge (anche separato o divorziato), della parte dell'unione civile (anche se l'unione è cessata) o della persona legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza:
di verificare la presenza di figli della vittima (minorenni o maggiorenni non autosufficienti);
-di richiedere il sequestro conservativo dei beni dell'indagato in ogni stato e grado del processo.
In ordine alla formulazione del testo si osserva che la disposizione fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non – come ad esempio l'articolo 1 – ai figli maggiorenni «economicamente» non autosufficienti. Su questo punto ritengo opportuno che l'Aula valuti l'approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni, di cui anticipo la sua presentazione al Comitato dei nove.
La tutela degli orfani di crimini domestici viene perseguita anche attraverso modifiche alla disciplina della provvisionale, la cui finalità è quella di anticipare il più possibile la liquidazione del danno patito dalle vittime del reato.
La provvisionale è infatti una somma di denaro liquidata dal Giudice in favore della parte danneggiata, come anticipo sull'importo integrale che le spetterà in via definitiva. Accade, infatti, in base alla normativa vigente che, dopo un lungo processo penale nel quale i figli si sono costituiti parte civile, alla condanna penale del genitore potrebbe accompagnarsi solo una generica condanna per la responsabilità civile, che obbliga la parte civile ad avviare una causa civile per ottenere la liquidazione del danno.
In particolare, l'articolo 4, comma 1, della proposta di legge, modifica l'articolo 539 del codice di procedura penale, relativo alla provvisionale, inserendovi un comma 2-bis.
In forza di tale comma, quando si procede per omicidio del coniuge – anche separato o divorziato-, della parte dell'unione civile – anche se l'unione è cessata – o della persona che sia o sia stata legata all'imputato da relazione affettiva o stabile convivenza, e le prove acquisite nel corso del procedimento penale non consentono la liquidazione del danno, in presenza di figli della vittima che si siano costituiti parte civile, il giudice in sede di condanna – a prescindere dal carattere definitivo della stessa – deve assegnare loro a titolo di provvisionale una somma pari almeno al 50 per cento del presumibile danno, che sarà liquidato poi in sede civile.
Inoltre, collegando la provvisionale al sequestro conservativo, il nuovo comma 2-bis dell'articolo 539 c.p.p. dispone che, se i beni dell'imputato sono già soggetti a sequestro, quest'ultimo con la sentenza di primo grado si converte in pignoramento, nei limiti della provvisionale accordata.
La conversione del sequestro in pignoramento è realizzata in deroga all'articolo 320 c.p.p., che consente in via generale la conversione solo a seguito di sentenza irrevocabile di condanna. Il comma 2 dell'articolo 4 modifica proprio l'articolo 320 c.p.p. per inserire, per coordinamento, alla fine del comma, una deroga alla disciplina generale riferita al nuovo comma 2-bis dell'articolo 539 c.p.p..
Anche in questo caso si osserva che la disposizione del comma 1 fa riferimento ai figli maggiorenni non autosufficienti e non – come ad esempio l'articolo 1 – ai figli maggiorenni «economicamente» non autosufficienti. Vale anche per tale contesto quanto sopra osservato in relazione all'opportuna approvazione di un emendamento che allinei le due disposizioni.
L'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'istituto dell'indegnità a succedere disciplinato dall'articolo 463 del codice civile, con la finalità di renderne automatica l'applicazione in caso di condanna per omicidio in ambito domestico.
In particolare, il comma 1 inserisce nel codice civile l'articolo 463-bis, con il quale: è sospesa la chiamata all'eredità dell'indagato per il delitto, anche tentato, di omicidio del coniuge (anche legalmente separato) o di omicidio dell'altra parte di un'unione civile, fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento;
è prevista la nomina di un curatore dell'eredità giacente (v. richiamo dell'articolo 528 c.c.);
è prevista l'applicazione dell'istituto dell'indegnità a succedere anche in caso di patteggiamento della pena (v. richiamo dell'articolo 444 c.p.p.);
è estesa l'applicazione di queste previsioni anche all'indagato per omicidio volontario o tentato di uno o entrambi i genitori, del fratello o della sorella (secondo comma).
I commi 2 e 3 intervengono invece sul codice di procedura penale, per attribuire alla competenza del giudice penale, tanto in sede di condanna, quanto in sede di patteggiamento della pena, il compito di dichiarare l'indegnità a succedere, evitando così agli altri eredi di dover promuovere un'azione civile per ottenere lo stesso risultato.
Le disposizioni non riguardano esclusivamente i crimini domestici. A tal fine, il comma 2 inserisce l'articolo 537-bis c.p.p., in base al quale, quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti per i quali l'articolo 463 c.c. prevede l'indegnità, il giudice penale dichiara l'indegnità a succedere; il comma 3 modifica l'articolo 444 c.p.p., in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, per richiamare l'obbligo del giudice a dichiarare l'indegnità a succedere anche in caso di sentenza di patteggiamento.
L'articolo 6 novella la legge n. 125 del 2011, che ha escluso dal diritto alla pensione di reversibilità o indiretta ovvero all'indennità una tantum i familiari superstiti che siano stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un ente di previdenza.
Analogamente a quanto previsto per l'indegnità a succedere, la proposta, inserendo tre ulteriori commi nell'articolo 1 della legge n. 125/2011, mira a sospendere il diritto alla pensione di reversibilità nei confronti dell'indagato, anticipando così gli esiti della sentenza di condanna.
In caso di archiviazione o di sentenza definitiva di proscioglimento la sospensione viene meno e dovranno essere corrisposti gli arretrati (comma 1-bis).
Il campo d'applicazione di questa disposizione è relativo al coniuge, anche separato, al coniuge divorziato se titolare di un assegno alimentare, alla parte di un'unione civile, anche cessata se l'altra parte è titolare di un assegno alimentare, che sia indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge.
In caso di sospensione della pensione di reversibilità subentrano nella titolarità della quota del genitore rinviato a giudizio i figli minorenni o economicamente non autosufficienti che siano anche figli della vittima.
Per attuare la disposizione relativa alla sospensione del diritto alla pensione di reversibilità, e all'eventuale subentro dei figli della vittima, la proposta di legge prevede un obbligo di comunicazione del pubblico ministero all'Istituto di previdenza. La richiesta di rinvio a giudizio per omicidio commesso contro il coniuge o la parte dell'unione civile dovrà essere comunicata senza ritardo dal PM all'ente pensionistico (comma 1-ter).
Anche a tale riguardo auspico che l'Aula possa valutare l'approvazione di emendamenti volti a precisare che la sospensione opera dal momento della richiesta di rinvio a giudizio, anziché da quello più incerto della sottoposizione ad indagini, a volte neppure conoscibile – per effetto di provvedimenti di secretazione -.
L'articolo 7 demanda a Stato, Regioni e Autonomie Locali il compito di promuovere e organizzare forme di assistenza – pronta gratuita – delle vittime di reati intenzionali violenti e dei loro familiari.
In particolare la disposizione – che non circoscrive il proprio campo d'applicazione ai crimini domestici – demanda ai diversi livelli territoriali di governo
di promuovere servizi informativi, assistenziali e di consulenza; di favorire le associazioni di volontariato che operano nel settore;
di incentivare forme d assicurazione adeguata a favore degli orfani dei crimini domestici;
di predisporre misure per garantire il diritto allo studio e all'avviamento al lavoro per i figli delle vittime di crimini domestici;
di monitorare l'applicazione delle norme al fine di evitare processi di ulteriore vittimizzazione.
L'articolo 8 prevede che i figli delle vittime del reato di omicidio del coniuge – anche separato – della parte dell'unione civile o della persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva (articolo 577, primo comma, n. 1), nonché i figli delle vittime del reato di omicidio del coniuge divorziato o della parte della cessata unione civile (articolo 577, secondo comma) abbiano diritto ad assistenza medico psicologica gratuita a carico del sistema sanitario nazionale per tutto il tempo occorrente al recupero ed al mantenimento del loro equilibrio psicologico. Gli stessi soggetti saranno esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica.
L'articolo 9 modifica la legge sulle adozioni (legge n. 184 del 1983), con particolare riferimento alla disciplina dell'affidamento del minore «temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo».
Il provvedimento interviene sull'articolo 4 della legge n. 184, inserendovi in chiusura due ulteriori commi relativi al minore che si trovi in tale condizione a seguito della morte del genitore causata volontariamente dal coniuge (anche separato o divorziato), dalla parte dell'unione civile (anche cessata) o da persona legata al genitore da relazione affettiva.
In tali ipotesi, il Tribunale, eseguiti i necessari accertamenti, provvede all'affidamento privilegiando la continuità delle relazioni affettive tra il minore e i parenti fino al terzo grado. Il Tribunale provvede assicurando, in quanto possibile, in presenza di fratelli o sorelle, la continuità affettiva tra gli stessi. I servizi sociali, su segnalazione del Tribunale, assicurano al minore un adeguato sostegno psicologico e l'accesso alle misure di sostegno volte a garantire il diritto allo studio e all'inserimento lavorativo.
L'articolo 10 incrementa di 2 milioni di euro, a decorrere dal 2017, la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime della mafia, dell'usura e dei reati intenzionali violenti, che viene destinato ora anche agli orfani per crimini domestici e ridenominato di conseguenza. In particolare tale incremento è destinato all'erogazione di borse di studio per gli orfani, al finanziamento del loro reinserimento lavorativo e alla copertura delle spese per l'assistenza psicologica e sanitaria.
La disposizione specifica poi che almeno il 70 per cento dei due milioni di euro dovrà essere destinato agli orfani minorenni e il restante agli orfani maggiorenni non economicamente autosufficienti. Spetterà ad un decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il MIUR e il Ministro del lavoro, stabilire entro 3 mesi i criteri per l'impiego delle risorse stanziate e per l'accesso agli interventi da esse finanziate. L'articolo prevede poi, al comma 3, la copertura finanziaria.
Segnalo infine che la Commissione ha affrontato altresì altri argomenti di particolare rilievo, quali il tema afferente il cambiamento del cognome per orfani vittime di crimini domestici e il tema relativo alla decadenza dell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori dei suddetti delitti. In riferimento ad essi i proponenti dei relativi emendamenti, concordando sulla necessità di un approfondimento e di un coordinamento della normativa, si sono ripromessi di sottoporre all'Aula tali questioni che, a mio parere, sono certamente meritevoli di una particolare attenzione.
Onorevole Presidente, Onorevoli Colleghi, Onorevole Rappresentante del Governo concludo la mia relazione affermando che il provvedimento che ci apprestiamo ad esaminare non è la soluzione alle sofferenze che vengono patite in conseguenza di delitti così gravi ed insidiosi perché celati dalle mura domestiche, ma certamente rappresenta, sia per quanto riguarda le cautele, sia per gli interventi provvisionali a garanzia degli orfani vittime di tali crimini una risposta davvero efficace e puntuale.
Una risposta che, ripeto una volta ancora, scaturisce da un positivo, costruttivo ed intenso confronto. Un esempio di buona politica.