Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 8 Marzo, 2017
Nome: 
Lia Quartapelle

Doc. XVI, n. 3

Grazie, Presidente. Approviamo oggi la partecipazione italiana alle missioni internazionali per l'anno 2017. Si tratta del principale provvedimento sui temi della pace e della sicurezza internazionale per il nostro Paese. L'Italia, come ricordava anche il Ministro Pinotti, è attiva in più di 40 missioni, con 7459 donne e uomini delle Forze armate, 167 donne e uomini delle forze di polizia, e un impegno economico di oltre 1427 milioni di euro, di cui 295 milioni andranno per i processi di pace e di stabilizzazione. L'approvazione del provvedimento odierno è una discussione che facciamo ogni anno, ma quest'anno avviene in una cornice differente che forse avrebbe richiesto una maggiore attenzione dell'Aula. È la prima volta che approviamo le missioni internazionali con il processo autorizzativo previsto dalla legge quadro sulle missioni, la legge n.145 del 2016, nata dal lavoro di tanti colleghi parlamentari, a partire dal presidente della Commissione, Francesco Garofani, e dallo stesso Ministro Pinotti quando era ancora al Senato. Il nuovo quadro autorizzativo è stato elaborato proprio per permettere da un lato una discussione approfondita di ciascuna missione, valutandola nel quadro degli impegni globali; un'occasione di discussione di politica estera che, purtroppo, da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle è stata un'occasione persa, visto che hanno parlato di banche, hanno parlato del Governo Gentiloni, hanno parlato del congresso del PD. Dall'altro lato, abbiamo fatto questa legge per valorizzare le specificità di un provvedimento parlamentare che deve raccogliere un consenso più ampio della semplice maggioranza di Governo. Trattandosi di politica estera e di difesa è importante, infatti, garantire all'Italia un quadro stabile per quanto si fa come nazione nel mondo per difendere l'interesse della pace e della stabilità.
  L'Italia può rivendicare con orgoglio quello che facciamo con il nostro impegno militare nei vari teatri di crisi. Richiamo l'attenzione su questo punto non per difendere questo Governo o per fare una narrazione ottimista: quando si parla all'estero del nostro impegno per la stabilizzazione e la pace, a nessuno viene in mente di ricollegarlo a un Ministro, o a un Presidente del Consiglio, è semplicemente l'impegno dell'Italia. La presenza internazionale del nostro Paese si è caratterizzata nel corso della nostra politica estera proprio per un'esperienza, una presenza, qualificata e autorevole, nell'ambito delle missioni di pace. Siamo, come diceva il Ministro questa mattina, i primi contributori tra i Paesi occidentali di truppe per le missioni ONU e per le missioni dell'Unione europea. Ma non è solo questo Governo o il precedente ad assumersene i meriti, è l'Italia, nella continuità degli impegni dei suoi Governi, con il lavoro e l'autorizzazione del Parlamento. Un lavoro delicato che abbiamo l'onere di svolgere insieme, con la consapevolezza che la crescente preoccupazione dei nostri cittadini rispetto alle questioni della sicurezza internazionale richiede una continuità nel tempo per costruire le condizioni per la pace e la sicurezza internazionale. C’è stato uno studio, quest'anno, pubblicato da Ispi e Ipsos che ha identificato come le questioni di sicurezza globale, in particolare terrorismo e immigrazioni, siano, anche per quest'anno, le minacce più importanti per l'ordine globale indicate dai cittadini italiani. Per combatterle, prevenire i rischi di nuovi attentati, per stabilizzare i Paesi da dove partono i migranti, sappiamo che serve un impegno nel tempo, anche attraverso l'uso dello strumento militare. Un impegno diversificato a partire dai teatri più vicini, da quel Mediterraneo che è, inevitabilmente e da sempre, il centro geografico delle nostre preoccupazioni strategiche, e quindi anche del nostro impegno. Quindi, siamo convinti insieme ai partner libanesi e israeliani che la nostra presenza in Libano, con la missione UNIFIL, il principale esempio di modello di cooperazione civile e militare di peacekeeping, sia una missione molto efficace nel mantenere stabilità in un'area delicata. Siamo convinti che il terrorismo senza scrupoli di Daesh si combatta anche con la nostra presenza in Kurdistan iracheno, a fianco della ricostruzione della diga di Mosul e a fianco nell'addestramento delle Forze armate peshmerga contro Daesh. Siamo convinti, molto convinti, che l'impegno in Libia, anche dopo la firma del memorandum tra il nostro Governo e il Governo nazionale di accordo, sia utile a contrastare il traffico di esseri umani, a rafforzare il controllo delle frontiere, ad addestrare la guardia costiera libica. Siamo convinti che sia necessario continuare con l'impegno nel Mar Mediterraneo, con Eunavformed, per salvare le vite, soprattutto per contrastare il traffico di persone, valutando la possibilità e cercando di costruire le condizioni per passare alla fase tre dell'operazione. Siamo convinti che la stabilizzazione dell'Afghanistan, per quanto il processo sia lungo e complicato, passi anche dalla nostra presenza all'interno della missione NATO. Siamo convinti, insomma, che nei vari teatri in cui siamo coinvolti, le nostre Forze armate stiano facendo con professionalità, per conto dell'Italia, quanto possibile per assicurare stabilità e pace.
  Come Italia, sappiamo bene di essere una media potenza e quindi di poter garantire il nostro interesse nazionale e la nostra sicurezza non da soli, non con atti unilaterali, ma solo all'interno del quadro delle nostra alleanze, nel rapporto con i partner europei e con quelli dell'Alleanza transatlantica. È per questo che è importante, a pochi giorni del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, sottolineare come il processo di integrazione europea stia trovando un nuovo e più che necessario vigore con le azioni per rafforzare la cooperazione in materia di difesa in ambito europeo. Siamo anche convinti che questi sforzi di stabilizzazione si possano fare con un tratto italiano, attento alla mediazione, ai diritti umani, e soprattutto all'impegno sul versante delle donne nei processi di pace. Lo dico non solo perché oggi è l'8 di marzo, ma perché, come ricordava la collega Locatelli, noi siamo effettivamente all'avanguardia della messa in pratica della risoluzione n.1325 su donne pace e sicurezza.
  Alcune forze parlamentari nel corso del dibattito si sono dichiarate contrarie ad alcune delle missioni oggetto del provvedimento. Capiamo ovviamente, anche se non è possibile condividere, la posizione di chi, come il MoVimento 5 Stelle, qualche settimana fa ci proponeva di uscire dalla NATO e oggi, auspicando un diverso quadro delle nostre alleanze globali o forse nessuna alleanza internazionale, ci propone un altro modello di sicurezza, quello di abbandonare tutte le missioni della NATO. Ci chiediamo come faranno loro, quando sarà, semmai sarà, il loro turno di andare al Governo, per creare stabilità. Forse seguendo i consigli dell'onorevole Di Battista che dice che bisogna dialogare con tutti, anche con i terroristi di Daesh o forse prendendo ad esempio la pacificazione fai da te inaugurata dall'onorevole Tofalo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) che si è fatto accompagnare da dei trafficanti di armi per provare a mettere al tavolo tutti gli attori della Libia e oggi si trova, suo malgrado, coinvolto in una inchiesta della magistratura sul traffico internazionale di armi. Sono queste, parole e atteggiamenti, di cui possono servirsi con privilegio quelle forze politiche che rifiutano la responsabilità istituzionale che sarebbero invece richiamati ad assumere.
  Ma vi sono anche altre forze politiche, che si dicono di Governo, che hanno ieri presentato una mozione, poi ritirata, in cui si mettevano in discussione due capisaldi della nostra politica estera: da un lato, il nostro impegno in Libia e dall'altro lato, il nostro impegno nella NATO. Mi riferisco ai colleghi dell'MDP. Nell'intervento dell'onorevole Cimbro abbiamo sentito delle critiche molto forti sul tema del nostro impegno in Afghanistan e sul tema del nostro impegno in Libia. MDP è nato uscendo dal PD, perché il PD non era abbastanza di sinistra e il primo provvedimento sul quale si qualificano con la loro presenza in Parlamento è esattamente questo. Capiremo dai voti che cosa intendono loro con l'essere «abbastanza di sinistra». Al momento, guardando al testo della risoluzione che hanno presentato, sembrerebbe che essere di sinistra, nell'atteggiamento di MDP, significhi rimangiarsi gli impegni che il nostro Paese si è assunto a livello internazionale, provare a disfare il lavoro che è stato sulla politica estera. Certo, questo è effettivamente un antico vizio di una certa idea di sinistra. Lo sa bene Romano Prodi, che proprio sulla missione in Afghanistan ha visto il suo Governo cadere nel 2008 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e lo sa bene anche Massimo D'Alema, che da Ministro degli affari esteri ha dovuto contrastare una certa idea di politica di sinistra che affermava la propria identità proprio distinguendosi sugli impegni internazionali. Lo sanno bene anche gli italiani, che non dimenticano come quella incapacità di essere inaffidabile sulle scelte di politica estera ha qualificato come inaffidabile tutto il Governo de L'Unione. Credo sia di sinistra e di buonsenso, invece, continuare a sostenere un'idea di politica estera del nostro Paese che mantenga gli impegni, che si faccia carico delle nostre responsabilità in sede internazionale e che non si sottragga a quanto richiesto dalle nostre alleanze per la pace, la sicurezza e la stabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).