Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho conosciuto Alfredo Reichlin da giovane iscritto della Federazione giovanile comunista. Tornava da Roma nella sua Puglia, dirigente politico di altissimo profilo ed intellettuale raffinato, di lui mi colpì la grande capacità di interloquire con tutti, di ascoltare e di comprendere le ragioni e le speranze dei militanti del partito e, oltre il partito, degli uomini e delle donne di una regione non ricca, segnata dal dramma dell'immigrazione, nella quale permaneva una diffusa diffidenza nei confronti delle istituzioni democratiche.
Da lui, in quegli anni, venne un enorme contributo alla definizione di una nuova cultura nazionale. Aveva la lucida consapevolezza di quanto decisivo fosse per l'Italia intera il pieno recupero del Mezzogiorno dentro lo sviluppo del Paese e di quanto essenziale fosse il consolidamento di una robusta cultura della democrazia e della legalità. Lui che, giovanissimo, aveva deciso di scegliere la lotta partigiana, di esserci, di mettere a repentaglio la sua vita per sconfiggere il fascismo, per liberare l'Italia dai tedeschi. Orgogliosamente comunista italiano e orgogliosamente, sempre, pur dal suo punto di vista, proiettato al perseguimento dell'interesse nazionale.
Io credo che Alfredo Reichlin ci ha lasciato, lascia a tutti noi, il senso di una politica alta, di una politica consapevole che la questione, il problema è quello di guardare all'interesse nazionale del Paese, di confrontarsi sui problemi del Paese, di rifuggire a una politica fatta di personalismi, di comodità, di confronto vuoto, avulso che, molto spesso, si riduce alla contrapposizione non delle idee, ma delle persone, come lui ha scritto esplicitamente in uno dei suoi ultimi libri.
È per questo, io credo, che Alfredo Reichlin mancherà molto: mancherà alla sua famiglia, mancherà alla buona politica, mancherà all'Italia democratica