Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, la mozione che abbiamo presentato, che andrò ad illustrare, approfondisce indubbiamente un segmento particolare, appunto i centri hotspot, di una vicenda tra le più complesse e cruciali per il nostro Paese e per l'intera Europa.
Il fenomeno delle migrazioni assumerà, nei prossimi decenni, tratti di un esito che taluni annunciano biblico. Il continente africano, in particolare i Paesi della fascia subsahariana, è travolto da una crisi economica lunga, da guerre locali - la terza guerra mondiale “a pezzi”, come la definisce Papa Francesco -, da cambiamenti climatici e da vasti processi di desertificazione. È un fenomeno che durerà per decenni, un fenomeno che le principali organizzazioni internazionali definiscono oramai strutturale. I migranti, insomma, partiranno ancora per anni e sono soprattutto giovani. Va da sé che necessiteranno una serie di misure politiche, umanitarie, sociali, economiche, culturali, di ampio respiro, sul piano europeo e internazionale. Si parla di fenomeni che coinvolgono decine e decine di milioni di persone: sono state 181 mila le persone accolte in Italia nel 2016, 26 mila solo in questi primi mesi, con un incremento del 30 per cento, tra questi 3.500 minori non accompagnati. È poi da tener conto, tragicamente - lo devo ricordare, lo dobbiamo ricordare -, le persone morte nel Mediterraneo in questi mesi, che alcuni dicono si attestano sui 5 mila.
Le politiche dei Governi di questa legislatura hanno agito, da una parte, sul fronte dell'emergenza e, dall'altra, per implementare azioni che guardano a tempi più lunghi, oltre l'emergenza appunto, se è vero che il fenomeno delle migrazioni è un fenomeno strutturale.
Il Partito Democratico si muove su questo sentiero difficile e applica un realismo che si nutre dei valori della solidarietà e dell'accoglienza, coniugato con il diritto alla sicurezza, che riguarda tutti, residenti e non. Non ci piace il realismo cinico e crudele - mi si passi questo termine -, che quotidianamente propone il “buttiamoli a mare” o “rispediamoli a casa”, non ci piacciono i respingimenti, che il diritto internazionale condanna, e neppure muri e fili spinati.
Eppure la solidarietà e l'accoglienza vivono anch'esse di realismo - questo sì, sano -, perché l'accoglienza va costruita, va gestita bene, proprio per garantire ai migranti il diritto alla vita e alla dignità. Non vogliamo un'accoglienza abborracciata e neppure l'accoglienza del fai-da-te, che non regge nel tempo, come dimostra l'esperienza di questi anni.
Se questo è il sentiero stretto nel quale ci muoviamo, i provvedimenti avviati dai Governi di questa legislatura tentano con efficacia, a nostro parere, questa non facile mediazione. La Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge che modifica la normativa vigente sui minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, con l'obiettivo di rafforzare le tutele nei confronti dei minori e garantire un'applicazione uniforme delle norme per l'accoglienza su tutto il territorio nazionale.
Ancora, nel corso della legislatura è stata, altresì, data attuazione, col decreto legislativo n. 142 del 2015, alla nuova direttiva europea in materia di accoglienza dei rifugiati e richiedenti protezione internazionale. Per sostenere l'attività dei comuni sono state aumentate le risorse del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori non accompagnati ed è stata prevista la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, istituito per finanziare l'accoglienza dei soli richiedenti protezione internazionale. Come pure assai rilevante il protocollo con ANCI, che definisce le modalità e i criteri per l'accoglienza negli SPRAR.
a ricordata, al fine di dare attuazione alle richieste europee, la conversione in legge del decreto-legge n. 13 del 2017, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, che ha previsto, tra le altre cose, anche misure volte ad accelerare le operazioni di identificazione di cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e a rendere più efficaci le operazioni di rimpatrio; ed è stata, altresì, riservata una particolare attenzione alle procedure di foto segnalamento e identificazione dei migranti, attrezzando a tal fine apposite strutture nelle zone di sbarco, in cui si stanno registrando crescenti livelli di attività.
Non da ultimo va, purtroppo, segnalato che, nonostante l'intenso sforzo dispiegato dal Governo italiano, mancano ancora i risultati auspicati a livello europeo: la riforma del Regolamento Dublino 3, in favore di un sistema comune europeo di gestione delle domande di asilo, più volte annunciata nei tavoli, stenta a partire, mentre i programmi comunitari già adottati con la rilocation dei rifugiati - dei 160 mila previsti, è stato ricollocato appena il 3,5 per cento - sono di fatto parzialmente falliti per la persistente opposizione dei Paesi del gruppo Visegrad e di Paesi che progressivamente hanno finito per sospendere l'accordo di libera circolazione di Schengen. La stessa proposta italiana del migration compact non è ancora stata applicata, né sono state stanziate risorse europee atte a far decollare gli accordi con i Paesi africani di maggior flusso e transito.
Da questi provvedimenti si ricavano le direttrici che stiamo percorrendo e che intendiamo perseguire, illustrate nella mozione che abbiamo depositato. In breve, auspichiamo una ripresa decisa del confronto in Europa sui programmi di rilocation, nel pieno rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti. Chiediamo un impegno chiaro affinché la riforma di Dublino 3 in favore di un sistema europeo di gestione delle domande di asilo vada in porto. Proponiamo di rilanciare a livello europeo la proposta del Governo italiano del migration compact, che finalmente impegni l'Europa in Africa, per risolvere alle radici le ragioni delle attuali migrazioni. In tal senso appare significativo l'accordo con Niger e Tunisia e il memorandum con la Libia, come pure il rafforzamento della rete consolare in Africa. Ancora, altresì, riteniamo importante e urgente snellire e accelerare le procedure che avviano corridoi umanitari, che già in Italia stiamo sperimentando. Ancora, riteniamo urgente il superamento dei grandi centri - e lo abbiamo ribadito più volte e ripetutamente - e un investimento sull'accoglienza diffusa, con un rafforzamento del sistema di seconda accoglienza, che sia in grado di assorbire tempestivamente i nuovi ingressi.
Gli hot spot sono un segmento specifico, certamente specifico, determinante, perché attiene alla fase iniziale, quella più delicata: se messi in condizione di operare al meglio - noi lo crediamo -, gli hot spot potranno assicurare una gestione dell'accoglienza più razionale ed efficiente, consentendo non solo una tempestiva identificazione dei migranti, ma anche il loro rapporto, il loro rapido ricollocamento nelle diverse strutture del sistema. Gli hot spot - lo scriviamo nella nostra mozione, lo abbiamo chiesto al Governo e anche al Ministro Minniti - ovviamente non possono che essere strutture decorose e ospitali, prevedendo un protocollo uniforme, da applicare sull'intero territorio nazionale, sui requisiti richiesti e sulla tipologia dei servizi che si forniscono.
I profughi dovranno trattenersi per il tempo necessario, ricevere la prima assistenza, per essere di identificati e poi ricollocati nei canali del sistema di accoglienza. Dovranno garantire, sempre gli hot spot, informazioni adeguate, certe, trasparenti, sulla procedura di protezione internazionale e sul programma o sui programmi di ricollocazione in altri Stati europei.
Non da ultimo, Presidente - e mi avvio alla conclusione, il Ministro Minniti lo ha ribadito e lo ha riconfermato -, riprendere le buone pratiche che in questi anni abbiamo già avviato; molte organizzazione del terzo settore le hanno, comunque, praticate con grande successo sui rimpatri volontari. Sono progetti che in qualche modo sono stati interrotti negli anni scorsi, il Ministro Minniti, il Governo, intende riproporli con estrema forza e ci pare che questo sia uno strumento importante per favorire un ricollocamento nei Paesi d'origine sotto il segno dell'accompagnamento e della formazione.