Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 6 Giugno, 2017
Nome: 
Matteo Richetti

C. 2352 e abb.

Grazie, Presidente. Intervengo in discussione sulle linee generali perché ritengo fondamentale sottolineare il momento che attraversa questo Parlamento. In quest'Aula, in una legislatura complicata, ma non priva di motivazioni e di provvedimenti importanti, più volte si è ricordato, quasi con nostalgia, quando c'era la capacità, dalla Costituente ai giorni nostri, di avere forze politiche che trovassero un terreno d'intesa, che si sapessero ascoltare, che trovassero sintesi condivise, e molto spesso, quando quest'Aula ha conosciuto momenti di tensione, un'approvazione di una proposta di riforma della Costituzione avvenuta a maggioranza e con un pezzo di Aula che mancava, una legge elettorale in prima battuta approvata, poi, con l'iter che ha ricordato il relatore Fiano, con il voto di fiducia del Governo, tutti momenti che hanno provocato tra maggioranza e opposizione una dialettica che ha richiamato la maggioranza all'idea che le regole si fanno in maniera condivisa, che si scrivono insieme e che si cerca un terreno di incontro.

Almeno questo, almeno questo, da qui in avanti riconosciamocelo, perché non si può nostalgicamente ricordare l'autorevolezza di un Parlamento e di un'Assemblea che ha saputo trovare sintesi e non riconoscerla nel lavoro di oggi. I primi che hanno pagato con consapevolezza e responsabilità questo prezzo siamo noi del Partito Democratico. Non c'è cosa più chiara a quest'Aula, agli organismi di questa istituzione, comprese le Commissioni, finanche agli italiani, che una proposta il Partito Democratico ce l'aveva in maniera chiara, l'ha pure depositata e ha pure ribadito, con tutta la voce che ha avuto e in tutte le sedi, che l'impianto maggioritario, con correzioni, modifiche, integrazioni, modalità condivise di approvazione, era la nostra proposta.

A onor del vero, il solo gruppo parlamentare della Lega Nord è stato disponibile a questo lavoro - a onore del vero! -, e legittimamente anche rispetto a chi quella proposta non l'ha accettata e non ha nemmeno deciso di lavorare su quel terreno. Perché, ahi noi, le conseguenze del voto del 4 dicembre - io non voglio in nessun modo portare in quest'Aula un dibattito squisitamente della politica - sono riconosciute anche da chi ha sostenuto legittimamente il fronte del no, cioè la necessità di una legge elettorale condivisa che fotografi la forza, l'autorevolezza e la credibilità delle forze politiche, la loro capacità di rappresentanza, per poi dare vita, secondo la forma di democrazia parlamentare, ad un Governo che abbia la fiducia e la maggioranza del Parlamento.

C'è un punto su cui il Partito Democratico ha detto “mai e poi mai su questo si arretra”, cioè l'idea che anche un impianto proporzionale vive della rinata, resuscitata relazione tra eletto ed elettore. Ci siamo detti “vuole la maggioranza del Parlamento un impianto proporzionale? Non rinunceremo mai e non torneremo mai all'idea delle liste bloccate, del candidato scelto dal segretario, dalla lealtà rispetto alla fedeltà”. Almeno questo chiederei ai colleghi, che tra l'altro stimo profondamente per la loro preparazione e competenza, di non trattare differentemente quando il sottoscritto si candida e vince nel collegio del Mattarellum ed è un eroe libero e forte, se il sottoscritto si candida nel collegio con questo sistema elettorale, vince e viene eletto, è schiavo del padrone. Non può funzionare così, non può funzionare così.

Voglio dirlo anche agli autorevoli opinionisti che legittimamente, io li ringrazio, seguono i lavori di questo Parlamento, di questa Istituzione, e della Commissione, quando già oggi dettagliano il numero degli eletti, le percentuali di coloro che arriveranno dai cosiddetti listini plurinominali. Beati loro, che lo sanno! Se, oltre a fare le previsioni, perdessero tempo a leggere la legge elettorale, scoprirebbero che, in realtà, non solo tutti i vincitori dei collegi, ma pure un sistema di ripescaggio che va a premiare chi si è misurato sul territorio, ha preso il consenso e costruito una relazione ed entra in Parlamento nel momento in cui il listino plurinominale, molto corto e limitato - ce l'ha ricordato il relatore Fiano -, ha assorbito la sua funzione e torna a distribuire rispetto agli eletti nei collegi. Questa non è una tecnicalità, significa che entrerà in quest'Aula qualcheduno che non porta le istanze del capo, perché avrà chiesto i voti per risultare migliore del collegio a fianco e del collegio a fianco e del collegio a fianco ancora. Ha un valore oppure no? C'è un dato di realtà che ci deve portare, legittimamente, anche a dissentire, ad avere altre proposte, altre idee, ma a questo siamo arrivati. Siamo arrivati ad una legge elettorale che in minima parte porta i famosi listini plurinominali.

Io devo ringraziare, Presidente, non solo per il lavoro sin qui fatto, che poi è ancora lungo - c'è il lavoro dell'Aula -, i deputati della Commissione e, in particolar modo, il relatore Fiano, che si è caricato di un lavoro di sintesi enorme, straordinario. Non è detto che debba essere condiviso, ma questo è.

Mi faccia dire anche, perché siamo in un dibattito che coinvolge questa legislatura, sulla durata della legislatura, il Governo. Io, Presidente, la voglio ringraziare per le parole che ha usato e che ho letto anche in questi minuti e ore: non c'è nessun automatismo con il voto anticipato rispetto al lavoro che sta facendo quest'Aula. Non sappiamo più in che lingua dirlo, è una prerogativa che non appartiene al Parlamento, alla Camera dei deputati, siamo impegnati a fare un altro tipo di lavoro, perché la legislatura - se qualcheduno non se n'è accorto, ci aiuti anche lei a comunicarlo, Presidente - sta finendo a prescindere e rischiavamo di consegnare ad una forma molto inopportuna, molto, mi faccia dire, fuori dalle argomentazioni costituzionali, la necessità di armonizzare e di intervenire in una situazione, in cui ci troviamo, di leggi elettorali disomogenee. Lo voglio anche dire, concludendo, Presidente, con una constatazione tutta politica, perché non possono essere indifferenti ad un legislatore alla sua prima legislatura, forse anche l'ultima, che ha un percorso politico molto modesto alle spalle, i richiami di chi ha calcato quest'Aula, di chi si è onorato di un impegno a servizio delle istituzioni, i richiami circa una legge che fa fare un passo indietro al Paese, al sistema politico. Non possono essere ignorati e presi alla leggera.

C'è però un punto di fondo: la politica vive di strade agibili, percorribili, di intese che danno un punto di caduta; politica e realtà vanno sempre a braccetto. Io sicuramente non sono all'altezza di chi mi ha preceduto su questi banchi, ma sono orgoglioso di lasciare al mio Paese una legge elettorale migliore di quella che mi ha eletto, che ha eletto me, orgoglio che i miei padri, che valgono molto più di me, non possono vantare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).