Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Novembre, 2017
Nome: 
Roberto Rampi

A.C. 4652 e abbinate

Relatore

Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario, colleghe e colleghi, quello che oggi andiamo ad affrontare è un tema veramente importante, lo dimostra anche il numero importante di disegni di legge che sono abbinati, perché le diverse forze politiche e diversi colleghi parlamentari hanno voluto su questo provare a legiferare. È da un certo numero di legislature che si cerca di arrivare ad una conclusione, che noi vediamo finalmente prossima nel voto dei prossimi giorni, perché crediamo che questo disegno di legge, così come è stato elaborato dal Senato, così come abbiamo avuto modo, lavorando con i colleghi del Senato, di dare anche noi il nostro contributo, davvero contenga quello che serve al mondo dello spettacolo.

Allora, signor Presidente, io, pensando all'intervento di oggi, alla relazione, vorrei veramente che, attraverso le mie parole, da queste porte potessero entrare in quest'Aula le donne e gli uomini che tutti i giorni lavorano nel settore dello spettacolo. La prima parola che mi viene in mente è quella dei viaggiatori della luna, una delle parole che ho imparato in questo lungo percorso di quasi due anni di confronto con queste persone, quelli che, tutte le settimane, tutti i giorni, tutti i fine settimana, nelle feste di paese o nelle nostre piazze, fanno sorridere una bambina o un bambino. Penso ai commedianti, a quelli che sul palco ci tendono la mano e ci trasportano con una parola in una foresta o in un oceano, senza magari bisogno, neanche, di un effetto speciale. Penso a tutti quei musicisti che, con la loro arte, accompagnano la nostra vita e, facendoci incrociare una canzone, sono in grado di cambiarci l'umore della giornata.

Ecco, una democrazia ha bisogno esattamente di questo, ha bisogno di loro e ha bisogno di tutti quelli che stanno dietro a loro; ha bisogno dei danzatori, ha bisogno dei tecnici delle luci, ha bisogno dei tecnici del suono, dei grafici che raccontano queste storie, di chi organizza le date, di chi le promuove, di chi le vende, dei luoghi dove realizzare lo spettacolo.

Perché - e questo è il nodo dell'articolo 1 di questo provvedimento - la Repubblica dovrebbe riconoscere chi lavora in questo settore? Perché noi sappiamo - e oggi è una giornata particolare per dirlo - che la democrazia nasce con il teatro, la democrazia nasce con la cultura diffusa, la democrazia nasce se ci sono i luoghi dello stare insieme e i luoghi dove si vivono delle emozioni condivise, non solitarie, non solipsistiche, ma condivise, nello stesso momento si vive la stessa emozione; questa è la prima base di un'aggregazione, che poi diventa democrazia, in tante forme, si trasforma nel corso dei tempi, prende strade differenti, però questa è la base, è il sale di una democrazia.

Per questo il Parlamento italiano, oggi, innanzitutto riconosce - tra l'altro, con un impegno che abbiamo preso, colleghi, in quest'Aula, tanto tempo fa, quando abbiamo votato una mozione e abbiamo provato a ipotizzare di fare finalmente un intervento - a queste persone che svolgono questo lavoro il fatto di essere, al tempo stesso, persone che, lavorando, provano ad ottenere il loro reddito e anche un guadagno. Perché sottolineo questa cosa? Perché per tanto tempo questo è stato un tabù, come se operare nella cultura dovesse essere necessariamente separato dalla dimensione economica, come se le due cose non dovessero mai incrociarsi, come se la cultura fosse un che di angelico che, quando incontra il denaro, perde la sua dimensione spirituale e importante.

E invece non è così, anzi, la dimensione economica - il mercato dello spettacolo, la possibilità di far tornare i conti, di guadagnarci, di vivere dignitosamente - è una dimensione rilevante e oggi è una strategia di politica economica e di politica di sviluppo di questo Paese; cioè, noi pensiamo, con questo disegno di legge, di sostenere un pezzo dell'economia del Paese e un pezzo delle attività industriali e produttive di questo Paese che sono collegate nell'industria dello spettacolo.

Però, come dicevo, quest'industria non produce solo economia, la produce ed è importante; non produce solo lavoro, e anche quello è importante. Questa industria produce - guardate, è un termine non mio, ma che in uno dei tanti incontri è emerso -, è l'industria della felicità, cioè produce, appunto, quelle emozioni condivise e prova a creare le condizioni per stare bene, per vivere meglio, per avere degli effetti positivi nella vita delle persone di ogni giorno.

Qualcuno ha studiato - io sono convinto di questo - che ci sia un elemento collegato alla salute, e in questo tempo in cui siamo diventati così bravi a curare le malattie del corpo, ma in cui emergono sempre con più forza le malattie dell'anima, una delle cure fondamentali delle malattie dell'anima è esattamente la cultura e in particolare lo spettacolo, che produce qualche cosa di unico ogni volta, di unico e irripetibile. Pensate quanto abbiamo bisogno, in questo tempo in cui tutto rimbalza e in cui tutto si ripete, di qualche cosa di unico e di irripetibile: questo è lo spettacolo dal vivo.

Ed è questa la ragione per cui, nell'articolato di legge, noi ci organizziamo per dare sostegno a questo settore e, quindi, pensiamo, ad esempio, con le deleghe al Governo, di rivedere tutto l'articolato normativo per la prima volta, perché questo è un settore che subisce il fatto di essere normato da normative indirette e, quindi, in alcuni campi, di avere la normativa che riguarda il trasporto, come se trasportare i pomodori e trasportare il palco per uno spettacolo fossero la stessa cosa, oppure subisce le normative dell'edilizia, perché montare un palco è considerato nient'altro che un cantiere, ma noi sappiamo che non è così, oppure subisce - e questo è molto importante - il testo unico di pubblica sicurezza, cioè delle normative ancora valide e create durante un regime per evitare che lo spettacolo diventasse il luogo per l'incontro e, quindi, per l'adunanza sediziosa. Guardate, non è un caso che durante un regime, cioè nel momento in cui viene sospesa la democrazia si interviene esattamente sullo spettacolo per mettere nel controllo delle forze di pubblica sicurezza la possibilità o meno delle persone di riunirsi e di incontrarsi, perché, è chiaro, questo fa capire che è l'essenza della democrazia.

Noi pensiamo che oggi tutto questo vada superato e che questo settore possa avere, come previsto dalle deleghe al Governo, una sua legislazione ordinata, dedicata, che tenga veramente presente qual è la sua realtà; tra l'altro, producendo un aggiornamento di legge che, nella migliore delle ipotesi, riguarda quarant'anni e, nella peggiore, ne riguarda addirittura ottanta, quindi la possibilità di parlare del contemporaneo e di dare a queste persone quella semplificazione normativa, quel sostegno normativo, che permetta di fare il loro lavoro in maniera semplice, senza che lo Stato sia qualche cosa che complica loro la vita, ma, anzi, diventando qualcuno che tende loro una mano; e da qui, tutte le norme di semplificazione previste nel provvedimento.

Ma c'è poi - ne citerò solo qualcuna - una delle deleghe che io ritengo particolarmente fondamentali, che è quella che riguarda i lavoratori di questo settore e che dice in maniera molto chiara, delegando al Governo l'attuazione di questo principio, che questi lavoratori hanno una specificità nella loro attività, che sta nella discontinuità del loro lavoro, perché è evidente che, non solo un musicista - noi pensiamo sempre a chi sta sotto il palcoscenico, a chi sta sotto i riflettori, ma io vorrei ricordare anche tutti quelli che stanno dietro -, ma tutti svolgono la loro attività non solo nel momento finale realizzativo, quello che vediamo tutti, ma svolgono un'attività importante in tutta la fase di preparazione; anzi, i professionisti dello spettacolo, la qualità dello spettacolo è data esattamente da quel lavoro oscuro dietro le quinte, che, però, è tutto il lavoro di preparazione.

Noi riteniamo che questo lavoro vada riconosciuto ai fini pensionistici, che vada riconosciuto sostenendo i periodi di non lavoro, i periodi di non attività.

Riteniamo che questo sia possibile perché, in realtà, questo settore oggi contribuisce in maniera significativa alla tenuta del sistema pensionistico così come alle normative di sicurezza sul lavoro, dove esistono delle disomogeneità importanti, ad esempio, tra i lavoratori autonomi e quelli subordinati; disomogeneità che vanno sicuramente superate, e questo disegno di legge ci permette di farlo.

Seconda cosa che citerò velocemente: il tema della relazione con la scuola. Noi introduciamo con una norma, quella del 3 per cento del FUS dedicato a questo, un principio che avevamo già introdotto nella legge n. 107 - quindi i due provvedimenti si incrociano - che dice però qualcosa di fondamentale: mettendo a disposizione delle risorse concrete, finalmente diciamo che l'arte non è una perdita di tempo nella scuola, che l'obiettivo della scuola non è solo quello di trasferire delle conoscenze. Vorrei citare qui Luigi Berlinguer, che su questo ha fatto una battaglia nella sua giovanissima età e continua a farla, una battaglia straordinaria per ribadire questo principio: l'arte nella scuola è un elemento fondamentale e, mentre la cultura razionale è quella che produce l'obbedienza, l'omogeneità e l'omologazione, l'arte favorisce la differenza, produce il pensiero critico, quindi diventa un elemento davvero fondamentale per la democrazia, per l'emancipazione di ognuno, e anche un elemento che permette ai ragazzi, nelle loro differenze, come arrivano nella nostra scuola, di emergere dove meglio sono capaci, dove il loro talento si applica meglio. Questo è un elemento fondamentale che è contenuto nella legge, tra l'altro è una miglioria importante portata dal Senato.

Naturalmente, se vogliamo sostenere tutto questo, è necessario anche un aumento delle risorse, e qui è previsto un aumento delle risorse del FUS. Per tanti anni questo settore è stato oggetto di tagli, perché si riteneva che fosse un settore improduttivo, uno spreco, ma per tanto tempo, anche in una cultura diffusa in tutte le parti politiche, è stato considerato un settore sovrastrutturale: l'economia è ciò che è importante e la cultura è qualche cosa di sovrastrutturale. Noi non la pensiamo così, e con questo provvedimento diciamo che non è più così: diciamo che la cultura è un elemento fondamentale su cui è necessario investire. Certo, il cammino è lungo. Noi abbiamo trovato un baratro, abbiamo trovato dei tagli che avevano prodotto - l'ho detto in un'altra occasione - qualche cosa di simile al Gran Canyon, scavato non dal Colorado ma da chi ha governato precedentemente questo Paese, e stiamo invertendo la rotta rimettendo risorse, ma soprattutto stiamo facendo passare un principio che è fondamentale dal punto di vista culturale, cioè l'importanza di questo settore e l'idea - voglio usare una parola precisa - che questo settore è un investimento. Che cos'è un investimento? Un investimento in economia è quel concetto secondo cui, quando metti una risorsa, quella risorsa non solo ti ritorna ma tendenzialmente ti ritorna aumentata. Questo, nel settore dello spettacolo, è vero da un punto di vista economico, è vero anche da un punto di vista economico, ma soprattutto è vero perché davvero ogni euro investito in cultura produce sicurezza, produce democrazia, produce arricchimento delle persone, produce arricchimento dei cervelli. E su cosa deve investire un Paese, se non sul cervello dei suoi cittadini? In particolare, il nostro Paese, l'Italia, che davvero è una superpotenza culturale, che ha vissuto negli anni - questa è un'altra cosa che ritengo fondamentale sottolineare - il peso del proprio straordinario patrimonio culturale per cui per tanto tempo c'è stato un disequilibrio tra il patrimonio culturale e le attività culturali, perché il patrimonio, richiamando così tanta attenzione su di sé proprio per la sua assoluta straordinarietà, sottraeva però attenzione e risorse alle attività culturali; ma le due cose vanno insieme. Tutto è stato davvero, a suo tempo, contemporaneo, ed è davvero fondamentale che anche il nostro patrimonio viva attraverso lo spettacolo e che attraverso lo spettacolo si realizzi quella cultura che è la cultura del nostro tempo.

Se noi vogliamo essere - come siamo - quella superpotenza culturale che siamo nel mondo, se vogliamo produrre quella diplomazia della cultura che ci ha portato negli anni a scommettere sul tema dei Caschi blu della cultura, ad essere quelli che producono relazioni con gli altri Paesi e con le culture differenti proprio attraverso la fascinazione e il rispetto che la nostra cultura produce. Pensate che cos'è oggi un universo di Paese come la Cina, e guardate come la Cina guarda all'opera italiana, alla musica italiana, cioè con rispetto, perché, proveniente da una cultura millenaria, riconosce a noi una dignità culturale altrettanto rilevante.

Siamo uno dei pochi Paesi che ha questa possibilità, siamo uno dei pochi Paesi che può confrontare il proprio teatro con la straordinaria tradizione del teatro indiano o la propria cultura della danza con le danze dei Paesi del mondo che di questo fanno uno degli elementi centrali. Noi siamo questo, quindi investire vuol dire davvero mettere risorse, come facciamo con l'aumento del FUS, ma come facciamo con gli sgravi fiscali, come facciamo con la scelta fondamentale di applicare anche a questo settore il concetto dell'art bonus, che non è solo - lo è rilevantemente - risorse concrete (65 per cento di sgravio fiscale), ma è la possibilità reale di dire: se tu investi in cultura stai già sostanzialmente pagando un pezzo delle tasse, perché ogni investimento in cultura è un investimento che fa bene al Paese, quindi il 65 per cento di quello che investi in cultura io te lo sgravio perché ti riconosco che hai già contribuito alla leva fiscale con la tua azione.

Io credo che tutti questi elementi e tanti altri che sono contenuti nel provvedimento fanno sì che questa norma possa essere davvero, come è stato in parte al Senato, una norma ampiamente condivisa, naturalmente condividendola nelle forme più diverse. Molti diranno - ho avuto modo di vedere le proposte emendative - gli elementi che si potevano migliorare, che provo a riassumere così. Sono migliorie di tre tipi, e alcune di esse vanno a specificare gli indirizzi che noi diamo al Governo. Nella gran parte di queste specifiche, devo dire sono assolutamente d'accordo, credo che si possa specificare, credo che vadano nella stessa direzione. Ho suggerito ai colleghi, proprio perché la legislatura si avvia alla conclusione, proprio perché in tante legislature si è tentati di arrivare a questo traguardo ma non lo si è mai tagliato, di contribuire al taglio di questo traguardo e di trasformare quegli emendamenti in ordini del giorno, che hanno un valore in una legge che contiene delle deleghe, perché specificano ulteriormente degli indirizzi, peraltro molto ben contenuti in questa legge. Naturalmente esiste qualche proposta emendativa che propone giustamente anche degli aumenti di risorse, e figurarsi se noi non saremmo favorevoli, ma riteniamo di essere arrivati ad un traguardo importante con quello che abbiamo fatto. Abbiamo combattuto anche al Senato, naturalmente, è sempre un braccio di ferro per provare ad aumentare alcune risorse, per introdurre sgravi ulteriori, crediamo di aver raggiunto un punto di mediazione, un punto di caduta particolarmente rilevante. A me ha colpito che tutte le proposte emendative, però, riconoscano il tracciato di questa legge, l'importanza fondamentale che questa legge rappresenta, allora dico: diamo a questo settore la possibilità di ripartire, non dal 1965, non dal 1985, ma dal 2017, andando a dare concretamente, da dopodomani, quegli sgravi fiscali, quell'art bonus, quell'aumento del Fondo unico dello spettacolo, andando a dare quelle deleghe che permetteranno il riordino normativo, la semplificazione e una maggior tutela della professionalità dei lavoratori di questo settore, e andando ad attuare poi insieme queste deleghe; e chissà, qualunque sia la maggioranza della prossima legislatura, qualunque sia il Governo, anche eventualmente intervenendo su questa legge con ulteriori elementi. Ma finalmente - finalmente! - possiamo dire a questo settore: guardate che il Parlamento italiano, la politica, non è indifferente al lavoro che voi fate, si è accorta dell'importanza del settore che voi rappresentate e vi produce una normativa contemporanea rispetto ai tempi. Concludo, Presidente, dicendo che il testo di questa legge l'hanno scritto i senatori, l'ha scritto la Commissione cultura del Senato; hanno contribuito a scriverla molti di noi, interloquendo con quei colleghi, ma l'hanno scritto concretamente migliaia di persone che davvero, in alcune centinaia di incontri in tutto il Paese, nel territorio, nelle notti passate a discutere, hanno dato la loro opinione. Questo elemento di metodo, questo elemento di confronto è un elemento importante: questa è una legge che non partorisce dall'idea o dal sogno di qualcuno ma dal lavoro comune di un intero settore.

Questo è particolarmente rilevante, perché finalmente davvero la fotografia che è contenuta in questa legge corrisponde alla realtà fuori da quest'Aula; cioè la ricostruzione di una relazione positiva tra quello che succede qui dentro e quello che succede fuori nel Paese è uno degli elementi fondamentali. Per queste ragioni, chiedo ai colleghi, propongo ai colleghi di fare un lavoro ordinato nella discussione di oggi, nel voto dei prossimi giorni, ma di provare tutti insieme a superare questo traguardo e a dare a queste donne e a questi uomini che davvero lavorano, come hanno detto loro, per la nostra felicità, gli strumenti di farlo in maniera adeguata e forte.