Signor Presidente, Ministro, sottosegretari, colleghe e colleghi, mi pare che ci sono due parole che aleggiano sulla nostra discussione: un verbo e un avverbio, “riconsiderare” e “implicitamente”. Proprio per questo vorrei declinare queste due parole in termini pubblici e, visto il luogo, con la necessaria solennità che quest'Aula merita.
La prima, “riconsiderare”: il DEF, per ragioni di cronologia democratica e per responsabilità del nuovo corso, è a cavallo di due tempi della vita nazionale. È sicuramente un documento importante, ma rispettoso, chiaro ed esplicito nel resoconto delle politiche, cauto verso il presente e chi lo interpreta, cioè il nuovo Governo. Ha, però, molti pregi ed io ne vorrei elencare qualcuno, guardando soprattutto al sud, a quel Mezzogiorno, che, nel divario territoriale ormai tra i più antichi del pianeta, ha vissuto straordinarie epopee ed altrettante marginalità. Dopo aver chiarito lo stato di attuazione della programmazione 2007-2013 e 2014-2020, nel DEF si parla per l'appunto di ILVA di Taranto, di Bagnoli Coroglio, di Statte, di Matera, della materia del Fondo di coesione e sviluppo, di stanziamenti ordinari in conto capitale per l'acquisto di beni strumentali per le regioni del sud, della deroga per la Sardegna, di Resto al sud, di ricambio generazionale in agricoltura e poi, ancora, di ZES, le zone economiche speciali, di semplificazione degli interventi contenuti nei Patti per il sud, del Fondo impresa per la crescita dimensionale delle stesse, della strategia nazionale delle aree interne, straordinario meccanismo per l'Appennino del nostro Paese, dei rilevanti interventi infrastrutturali, di Connettere l'Italia, del PES 2, il Piano export 2, di Masterplan ed infine di riqualificazione urbana e di sicurezza delle periferie, un breve e succinto indice delle questioni che riguardavano il Mezzogiorno.
Per questioni di tempo non cito esattamente, come potrei fare, cifre, commi, articoli di leggi di bilancio, coperture finanziarie ed altro, che, però, ad una veloce lettura dei documenti allegati al DEF, si possono rilevare facilmente. Ora, signor Presidente, non vorrei apparire facilmente come il lodatore dei tempi passati, ma conoscendo e frequentando cittadini ed amministratori del sud, di quell'emisfero del caffè che lei conosce bene, Presidente, e sapendo che da quelle parti la civiltà e lo sviluppo sono anche una questione di pazienza, pur volendo essere indulgente, dobbiamo ritenere che il verbo “riconsiderare”, più volte introdotto nel dibattito, si riferisca anche a questi temi?
Non lasciamo il sud con il fiato sospeso: se dovete riconsiderare, nel legittimo lavoro di nuovi responsabili dovreste dire qualcosa affinché il presente non si riduca alla mera novità e quest'ultima, come succede sovente, scambiata inopinatamente per la verità, anche con qualche pensiero mignon di Twitter: avete sommessamente il dovere di dirci che idee avete.
Il Mezzogiorno e le classi dirigenti hanno sicuramente delle responsabilità, ma in molti momenti della storia nazionale sono stati allertati e poi disillusi da annunci, come dire, sciamanici; da ultimo, il formidabile reddito di cittadinanza, altre volte con cicli di rifiuti virtuosi in sei mesi, a volte con reti ferroviarie superveloci nei tempi e nella realizzazione. Noi, invece, abbiamo apprezzato in questi anni il lavoro dei Governi, fatto, come dire, di virtù antieroiche ma operose, e quindi oggi siamo assediati da molte domande.
Dal 1° luglio, per esempio, 700 mila famiglie avranno il reddito di inclusione: succederà qualcosa prima che il roboante annuncio contenuto nel contratto di Governo venga realizzato? Sarebbe doveroso chiarire, anche “riconsiderare”, se volete, ma non lasciamo il sud ad un destino opaco, solito in tante fasi della storia nazionale, un destino che magari galleggia solo nei fosforescenti e drammatici flutti del Mediterraneo e magari è sostituito in termini di strategie di propaganda da ben altra propaganda. La solita secondarietà nella storia nazionale del Mezzogiorno? È inutile ricordare che l'Italia, senza il sud, riduce la sua forza e rinuncia ad una buona parte del suo futuro. Voi avete avuto una vasta rappresentanza da quelle parti, avete il diritto e il dovere di indicare la strada. Fatelo nella replica o nella risoluzione finale.
La seconda parola, più brevemente, è “implicitamente”, un avverbio. Anche per i non esperti di filologia, questa parola la troviamo nel vostro contratto, nel capitoletto sul Sud: pagina 48, paragrafo 25, più o meno sette righe, poco più di 500 battute. Mi verrebbe da dire: sic transit gloria mundi, siamo passati dalla questione meridionale o dalla provincia subordinata o, come veniva indicata a volte, l'altra Europa da tanta storiografia italiana ed estera, al Sud implicito. Quando si parla di reddito o di pensioni, di investimenti o di ambiente, come riportato nel contratto, sarebbe tutto implicito. L'impostazione, devo dire, è straordinaria nella sua novità: merita, mi creda, signor Ministro, sottosegretari, di essere chiarita, esplicitata, resa trasparente. Come è noto al Sud potrà essere utile nei prossimi anni non solo un'ecologia ambientale, ma anche linguistica, perché, come ci ha insegnato qualcuno, molte delle volgarità attuali della cronaca, della storia e della politica, che tutti combattiamo come spero, ci derivano proprio dall'incuria delle parole.
Una parola di chiarezza, veramente, per sconfiggere quella lobby potente, che non è quella finanziaria ma è quella delle cartine geografiche, che vede al Sud solo tundre desolate ed a volte malavitose. Ci serve semplicemente almeno una parola! Cominciate con qualche verbo chiaro, fatelo almeno nella replica o nella risoluzione finale, perché fino ad ora il mistero ci fa sprofondare nel buio, come viandanti senza rotta. Vorrei dire al ministro Salvini, con molto rispetto per quello che dice la Costituzione: siamo forse tutti quanti un po' rom