25/09/2018
Roberto Morassut
Nobili, Giachetti, Anzaldi, Campana, Madia, Mancini, Melilli, Orfini, Piccoli Nardelli, Prestipino, Enrico Borghi
1-00043

La Camera,

   premesso che:

    Roma Capitale della Repubblica italiana è l'unica grande capitale europea priva di un sistema istituzionale e di un ordinamento amministrativo speciale, in grado di garantire un adeguato livello di prestazioni delle funzioni di Capitale dello Stato nazionale, di grande metropoli mondiale e di sede della Chiesa cattolica; condizioni che ne fanno una città per sua natura «speciale», in cui si sommano elementi di modernità, di storicità e di spiritualità con pochi eguali nel mondo con la eccezionale presenza, nel suo territorio, di due Stati e di un'Agenzia delle Nazioni Unite (la Fao) e conseguentemente di tre reti di rappresentanza diplomatica;

    le maggiori capitali delle più grandi e importanti nazioni europee godono da molti anni, se non da sempre, di speciali prerogative amministrative, che le distinguono dalle altre città delle stesse nazioni e che sono caratterizzate da elevati livelli di autonomia, da dotazioni finanziarie speciali derivanti da contributi statali o da specifiche deleghe di autonomia fiscale, talora da potestà legislativa in determinati settori, tutto questo con l'obiettivo di consentire un ottimale svolgimento delle funzioni generali e nazionali in esse presenti e di una piena ed onorevole rappresentanza della comunità nazionale: tra le città principali che godono di tali opportunità si ricordano Londra, Parigi, Bruxelles, Berlino, Madrid e Vienna;

    Roma è un patrimonio dell'umanità, di valore mondiale per il livello impareggiabile di beni storici, archeologici e culturali ai quali si somma un patrimonio ambientale e paesaggistico ancora rilevante e significativo nonostante le aggressioni prodotte dallo sviluppo urbanistico del secolo XX, espansivo e dispersivo; un patrimonio che trascende persino la dimensione nazionale collocando il valore e l'importanza di Roma a livello continentale e globale;

    le caratteristiche morfologiche e insediative attuali del territorio metropolitano romano si sono generate per stratificazioni successive e rapide nel corso del novecento e a partire dalla fine dell'ottocento successivamente alla proclamazione di Roma come Capitale del neonato Stato italiano unitario sulla base di vicende storiche e politiche che hanno prodotto un forte inurbamento di masse rurali dai territori limitrofi e dalle regioni del Centro-Sud e un sistema economico scarsamente industrializzato, con limitate vocazioni produttive e manifatturiere e con un preponderante carattere amministrativo, accompagnato da un forte ruolo del settore edilizio e della rendita fondiaria e urbana;

    anche da questa storia moderna di Roma derivano i caratteri di spiccata dispersione insediativa su un territorio di 1290 chilometri quadrati (il più esteso comune europeo) pari alla somma del territorio delle 9 maggiori città italiane; caratteristiche che rendono assai costosa la realizzazione, la gestione e la manutenzione delle reti di servizio essenziali (trasporto, manutenzione urbana, acqua, energia), dei servizi «secondari» (scuola, sanità, cultura, sport) e il loro adeguamento nel tempo soprattutto in periferia;

    appare evidente, da quanto premesso fino ad ora, che la storia antica e il lascito straordinario e unico che ne deriva e la storia moderna, con le contraddizioni che ha prodotto in un arco di lungo periodo e che ancora pesano, impongono una specialità di strumenti amministrativi e gestionali, di modelli partecipativi e di esercizio della democrazia, di intervento sulla struttura urbana che non può più essere rinviata;

    la necessità di collocare opportunamente il ruolo di Roma nel contesto nazionale italiano e di dotare la Capitale di un regime giuridico speciale ha rappresentato un tema ricorrente e costante del confronto politico, istituzionale e sociale dello Stato nazionale unitario fino dalla prima riunione del Parlamento Italiano il 17 marzo del 1861 a Torino, con uno storico discorso di Cavour e ancor di più con l'assimilazione di Roma nel territorio italiano con l'azione militare del 20 settembre del 1870, fino alla risoluzione della «questione vaticana» con il Concordato del 1929 ed alle diverse iniziative legislative assunte sul problema della Capitale in epoca liberale, giolittiana e infine repubblicana;

    tale confronto, tuttavia, non ha mai trovato uno sbocco risolutivo essendo altresì sublimato attraverso periodici aggiustamenti fatti di provvedimenti parziali e settoriali adottati attraverso specifiche leggi o finanziamenti eccezionali collegati ad eventi internazionali di carattere religioso, culturale o sportivo;

    un'organica riforma dello «status» di Roma Capitale è sempre mancata; è mancata una percezione contemporanea di Roma la cui funzione nazionale è stata quasi sempre elaborata in forma ideologica o mitologica se non simbolica ma senza un effettivo investimento sugli elementi di modernità, di sviluppo, di innovazione e conseguentemente di adeguata strumentazione amministrativa capace di valorizzare tali potenzialità oggettivamente presenti in una città con caratteri storici e culturali così preponderanti e pertanto incline alla scienza, all'innovazione, al progresso;

    la «specialità» romana ha una dimensione territoriale che non si esaurisce nel dato relativo all'estensione della superficie comunale;

    fra Roma e il territorio circostante esistono potenti interconnessioni, ad esempio con spostamenti casa-lavoro di 300 mila persone al giorno;

    la corona metropolitana di Roma, e cioè l'insieme dei comuni limitrofi alla città centrale, è uno dei territori italiani a maggiore attrattività insediativa;

    fra i censimenti del 1971 e 2011 ha guadagnato più di 600 mila abitanti; è il territorio di localizzazione di numerose attività produttive e di servizio ad elevata specializzazione che primeggiano a livello nazionale ed internazionale;

    i più recenti dati, forniti dalla camera di commercio di Roma e del Lazio, rappresentano la realtà di un territorio metropolitano e regionale nel quale convivono ormai contraddittoriamente elementi di vitalità ed elementi di crisi profonda che testimoniano come Roma non sia ancora fuori dal tunnel della crisi; ad un aumento del numero delle imprese, giovanili, femminili e straniere, delle start-up, dei flussi turistici e dell’export si affianca la realtà di una dispersione occupazionale che si riconverte in «impresa di sopravvivenza, in settori a basso indice di innovazione per unità di prodotto e di servizi»;

    tutto questo configura l'area metropolitana romana come un territorio attivo, ormai stabilmente sottratto alla tradizionale configurazione di area «pigra» e assistita ma costantemente in bilico e a rischio di regressione e impone con ancor maggiore forza ed urgenza la necessità di un'azione a largo raggio e con caratteri di organicità per riformare gli strumenti amministrativi e la struttura istituzionale dell'ordinamento giuridico e del potere democratico metropolitano che ha il compito di valorizzare e guidare al meglio la crescita economica, sociale e civile del territorio;

    un nuovo modello di sviluppo per la città metropolitana di Roma Capitale può prendere forma attraverso un sostegno alla vocazione internazionale di Roma e alla sua capacità di attrarre talenti e capitali in particolare in ambito universitario e produttivo; una valorizzazione e ulteriore sviluppo della rete delle istituzioni formative, universitarie e di centri di ricerca nel loro rapporto con il sistema produttivo e con il territorio (soprattutto in periferia) per le specifiche caratteristiche di sostegno all'innovazione, alla creazione di lavoro e alla promozione di più elevati livelli di coesione sociale e di crescita civile; una spinta decisa nella direzione di una rivoluzione digitale dei servizi pubblici, dell'impresa, delle reti di sicurezza e di sostegno alle marginalità; un programma di interventi periodizzato e scadenzato per obiettivi di intervento sul sistema delle infrastrutture per la mobilità ed il trasporto pubblico su ferro ed ecologico; il sostegno al sistema turistico; un incessante programma di intervento finalizzato al risanamento urbanistico, alla rigenerazione urbana e alla valorizzazione del patrimonio ambientale con l'adozione di norme e procedure di intervento nella trasformazione urbana che tengano conto delle specialità, sopra richiamate, della storia e della attualità del sistema insediativo e morfologico dell'area metropolitana romana;

    ancora oggi, nonostante il solenne riconoscimento costituzionale del riformulato articolo 114 della Costituzione, Roma gode di un regime ordinario e sostanzialmente assimilabile a quello di tutti gli altri comuni italiani senza distinzione di dimensione territoriale, storica, demografica, morfologica; condizione che impedisce un credibile progetto di rilancio della capitale nella direzione di un nuovo progetto strategico con i profili precedentemente richiamati;

    si tratta di un regime che non tiene conto delle sue due specialità, quella di essere Capitale della Repubblica e quella di essere una grande e moderna area metropolitana, la più grande e complessa d'Italia;

    in relazione a tale retroterra storico si può oggi affermare la permanenza di una «questione romana» che, pur mutando profilo e carattere nel corso di questi 150 anni, resta un tema nazionale aperto con crescenti significati europei e mondiali e che si affianca alle storiche questioni italiane come la «questione meridionale» e una più recente ma non meno importante «questione settentrionale»;

    tra i provvedimenti e le norme più recenti, intervenute per regolare e aggiornare le attribuzioni dei poteri di Roma Capitale e agire sulle corrispondenti dotazioni finanziarie, va ricordato l'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Disposizioni del governo in materia di federalismo fiscale e attuazione dell'articolo 119 della Costituzione» che ha introdotto «norme transitorie sull'ordinamento, anche finanziario, di Roma Capitale fino all'attuazione della Città Metropolitana»;

    in attuazione delle disposizioni contenute nella suddetta legge sono stati successivamente approvati il decreto legislativo n. 156 del 17 settembre del 2010 e il decreto n. 61 del 18 aprile del 2012;

    si tratta di interventi episodici, fortemente disomogenei, che appaiono in contrasto con la riserva di legge organica e speciale per Roma Capitale, contenuta nel terzo comma dell'articolo 114 della Costituzione;

    tali provvedimenti non hanno pertanto introdotto sostanziali modifiche né un reale potenziamento alle funzioni già attribuite al comune di Roma, poi denominato Roma Capitale, mentre hanno, per converso, gravemente compromesso le opportunità e i vantaggi previsti a beneficio di Roma dalla legge n. 396 del 1990 («legge per Roma Capitale») che aveva rappresentato, dopo un lungo percorso parlamentare, l'approdo più alto ed efficace, anche se insufficiente, a una organica legislazione per Roma;

    con l'eliminazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 della legge n. 396 del 1990 e con la mancata sostituzione di queste norme con quelle previste dal decreto n. 61 del 2012, è stata demolita la sola legge che nella storia nazionale aveva garantito continuità di finanziamenti pubblici aggiuntivi ai trasferimenti ordinari, finalizzati ad investimenti in conto capitale e non in spesa corrente e legati a precisi obbiettivi programmatici e strategici quali il risanamento urbanistico, la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e culturale, la realizzazione di nuove strutture museali, il potenziamento del sistema turistico, la modernizzazione delle reti infrastrutturali e la mobilità su ferro, il decentramento amministrativo e della direzionalità pubblica dal centro storico;

    tali risorse furono erogate annualmente a partire dal 1992 e fino al 2001 e poi nel biennio 2006-2007 con un volume medio annuale di 100 miliardi di lire, divenuti poi, dopo il 2002, 100 milioni di euro e hanno consentito, attraverso il ruolo centrale del consiglio comunale in rapporto con gli organi dello Stato e della Commissione nazionale per Roma Capitale, la realizzazione di numerose opere pubbliche, la riqualificazione di ampi quadranti della periferia urbana e metropolitana, lo sviluppo, la crescita e la diversificazione del sistema economico ed imprenditoriale romano tra la metà degli anni Novanta e la fine del primo decennio degli anni 2000;

    nel 2008 è stata istituita con decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008) la struttura per la «gestione commissariale del debito pregresso di Roma Capitale»;

    con l'approvazione del decreto-legge n. 78 del 31 maggio del 2010 è stata stabilita una dotazione finanziaria della «gestione commissariale» pari a 500 milioni di euro all'anno fino al termine ultimo dell'anno 2048, provenienti per 300 milioni da erogazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e per 200 milioni di euro da addizionale aggiuntiva dell'Irpef pari allo 0,4 per cento a carico dei cittadini residenti nel territorio di Roma Capitale;

    tali misure sono state ritenute necessarie per risolvere il problema dell'indebitamento pregresso del comune di Roma, considerato fuori controllo, ma la cui reale entità non è risultata mai fino in fondo chiara;

    nel 2008 l'indebitamento del comune di Roma, ricalcolato per valore medio per abitante risultava inferiore a quello del comune di Milano e a quello del comune di Torino oltre che a quello di numerosi altri comuni italiani, il che rende discutibile la considerazione di una situazione di dissesto che attivò la procedura di istituzione della «gestione commissariale», tanto che a dieci anni di distanza il 60 per cento delle partite di debito commerciale registrate è riferito a soggetti non ancora identificati;

    la massa debitoria fu costruita in modo improprio, senza quantificare con certezza il debito commerciale, l'unico che poteva generare veri squilibri, dato che i mutui, per loro natura e regola contabile, sono comunque coperti e finanziati dal bilancio. In altre parole, si è individuato un metodo molto costoso e non soggetto a controlli per finanziare la città. Il risultato deludente è sotto gli occhi di tutti;

    in realtà, il comune di Roma nel 2008 presentava dei parametri di deficit e indebitamento in linea con quelli degli altri grandi comuni italiani. I problemi più importanti, che non presentavano profili di crisi strutturale, riguardavano ad esempio la crisi di liquidità dovuta ai mancati trasferimenti della regione Lazio per diversi interventi di sua competenza, come il trasporto pubblico locale e le politiche abitative;

    nonostante tali disposizioni che, a partire dal 2008, hanno azzerato i debiti pregressi dell'amministrazione di Roma Capitale trasferendoli integralmente alla struttura della gestione commissariale, Roma Capitale ha prodotto dopo il 2009 un deficit strutturale di poco meno di un miliardo di euro all'anno per il quale sono state necessarie nuove norme emergenziali introdotte con l'articolo 16 della legge n. 68 del 2014;

    si deve, in questo quadro, ricordare che solo nel 2014, proprio sulla base del decreto n. 68 del 2014 e del piano di rientro elaborato dall'amministrazione del comune di Roma dell'epoca fu possibile quantomeno veder riconosciuto annualmente un contributo speciale di 110 milioni di extracosti, seppur sempre confinati in spesa corrente, che continuano a pervenire grazie all'azione del Governo nazionale tra il 2014 e il 2017;

    sul rispetto di quel piano di rientro a partire dal 2016 e dalla costituzione dell'amministrazione guidata dal Movimento Cinque Stelle, piano che dovrebbe oramai essere concluso, non possono che essere sollevati, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, enormi rilievi, peraltro già espressi dal Governo in quegli anni;

    questa situazione e l'insieme di tali misure, relative al mancato sostegno finanziario ordinario e speciale in favore della Capitale e al ripiano del debito pregresso, rappresentano, a distanza di anni, un pesante onere proiettato in un tempo di lunga durata che configura una pressione fiscale elevatissima sul territorio romano, cui non corrispondono adeguati e conseguenti servizi;

    si determina una patologica e distorta condizione finanziaria e istituzionale che, a fronte di un gigantesco sforzo contributivo pubblico pari a 500 milioni di euro (senza precedenti nella storia italiana e di Roma Capitale), vede un crollo verticale degli impegni di spesa in conto capitale per opere e servizi che accentua e aggrava una tendenza di fondo e generale propria degli ultimi anni in tutte le amministrazioni locali d'Italia, di riduzione delle spese per investimenti ed aumento cronico della spesa corrente;

    la scelta di sottrarre Roma dalla prova della candidatura olimpica per il 2024, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha rappresentato non solo la perdita di una grande occasione per mobilitare risorse importanti per sospingere investimenti per opere e servizi utili anche successivamente all'evento olimpico, ma ha contribuito enormemente a rafforzare l'immagine internazionale di una città in crisi e chiusa in se stessa, impermeabile agli investimenti anche del settore privato e di provenienza nazionale e internazionale;

    la crisi strutturale che attraversa la città di Roma deve dunque essere collegata a una insufficienza degli strumenti amministrativi disponibili e all'ordinamento giuridico della Capitale, che chiamano in causa la necessità di uno sforzo istituzionale concorde, ma anche una evidente mancanza di capacità amministrativa, di efficienza e di trasparenza dell'amministrazione di Roma Capitale negli anni 2008-2013 (sindaco Alemanno) e a partire dal 2016 (sindaca Raggi); anni nel corso dei quali si sono determinate le condizioni di aggravamento finanziario, di degrado amministrativo, di arretramento morale e di persistente confusione e stasi amministrativa;

    tutto ciò contribuisce ad alimentare una condizione di disagio diffuso, di conflittualità sociale, di degrado delle strutture e delle aziende di servizio del trasporto pubblico locale e della gestione del ciclo dei rifiuti, di abbandono della manutenzione urbana che, oltre a rendere difficile e faticosa la vita quotidiana dei cittadini di Roma, ledono l'immagine della Capitale e con essa quella dell'intera nazione;

    un particolare richiamo deve essere rivolto alla situazione di Atac il cui debito non riconosciuto da Roma Capitale per una quota di circa 200 milioni di euro era in carico, originariamente alla «gestione commissariale» ed è progressivamente e inspiegabilmente ricaduto sull'azienda stessa in un percorso di progressivo disimpegno sia di Roma Capitale che della «gestione commissariale», accentuandone il collasso;

    l'entità reale del «debito pregresso del 2008» è stato oggetto di valutazioni spesso assai divergenti;

    le modalità del suo trattamento e della sua riduzione attraverso il pagamento di creditori e ratei bancari da mutuo ha suscitato ricorrenti interrogativi relativamente agli anni ricompresi tra il 2009 ed il 2015 (invece con un apprezzabile riordino e trasparenza di trattamento nel periodo successivo anche nel regolare rapporto di informazione al Parlamento) per quanto riguarda le vere cifre del debito e per quanto riguarda la stessa opportunità di procedere ancora in forme così stringenti e in tempi così lunghi al suo ripiano o tornare a una gestione ordinaria della materia;

    con successivi provvedimenti nel corso dell'anno 2015 sono stati assegnati a Roma Capitale circa 250 milioni di euro di finanziamenti per le attività e gli investimenti collegati al Giubileo della Misericordia, ma né Roma Capitale né il Governo nazionale hanno mai resocontato in merito all'effettiva destinazione di queste risorse e al loro effettivo utilizzo;

    Roma è l'unica grande area metropolitana italiana che non ha ancora beneficiato, nell'ambito dei nuovi e ordinari strumenti di programmazione della spesa pubblica in conto capitale, dell'avvio di un contratto istituzionale di sviluppo al cui interno definire le priorità di intervento per le infrastrutture e per lo sviluppo territoriale e i relativi finanziamenti da parte di Stato, Regione, enti locali territoriali, aziende concessionarie dei servizi di pubblica utilità e settore privato, dotato di un'apposita cabina di regia e di monitoraggio,

impegna il Governo:

1) a relazionare rapidamente agli organi parlamentari, secondo quanto stabilito nello stesso decreto-legge n. 78 del 2010 sullo stato di attuazione del piano di rientro e sulle attività della «gestione commissariale», valutando, in raccordo con tutte le forze parlamentari, le ulteriori modalità con cui affrontare tutta la materia relativa al debito pregresso di Roma Capitale;

2) a fornire elementi altrettanto rapidamente agli organi parlamentari in merito alle destinazioni e agli effettivi utilizzi delle risorse trasferite nell'ambito dei provvedimenti per il Giubileo della Misericordia del 2015;

3) a valutare, in raccordo con tutte le forze parlamentari, la possibilità di riportare presso la «gestione commissariale» (in caso di sua permanenza) l'intero debito Atac, per le parti accertate e riconosciute e per i 200 milioni non riconosciuti, per consentire di scollegare il debito dal servizio e, compatibilmente con un contestuale impegno dell'azienda a curare la qualità del servizio e a non produrre ulteriore debito, a favorire in condizioni meno gravose un rilancio del servizio;

4) ad assumere iniziative urgenti per garantire il rilancio degli investimenti per opere e per servizi e il potenziamento dei servizi di trasporto pubblico locale e di gestione del ciclo dei rifiuti, valutando le più opportune misure per consentire all'amministrazione di Roma Capitale di spostare risorse dalle voci di spesa corrente o di ripiano del debito agli investimenti in conto capitale, anche recuperando ed aggiornando i contenuti e gli obbiettivi della legge per Roma Capitale n. 396 del 1990;

5) ad intraprendere, promuovendo una «legge speciale per Roma Capitale» o altra iniziativa di riforma dell'assetto regionale e metropolitano, la necessaria azione per giungere a una organica riforma dello «status» di Roma Capitale, tale da garantire adeguati poteri e risorse economiche, funzioni e potestà legislativa, fiscale, amministrativa, se necessario, anche attraverso le iniziative di competenza per definire modifiche costituzionali;

6) ad assumere ogni più urgente iniziativa affinché le risorse destinate agli interventi ricompresi nel «bando periferie» della città metropolitana di Roma possano essere al più presto reintegrate per non compromettere la realizzazione e l'efficacia dei suddetti progetti.

 

Seduta del 25 settembre 2018

Seduta del 27 settembre 2018