Presidente, siamo in un'epoca storica in cui spesso si ha la tentazione di dividere il mondo in bianco e nero e in buoni e cattivi, e lo stesso oggi vale per il cibo con questa mozione in discussione, una visione manichea che non aiuta a comprendere la complessità del mondo che ci circonda e la sua continua evoluzione. La mozione che oggi abbiamo tutti fortemente voluto e presentato in modo unitario deve essere da stimolo per tutti noi per uscire dai cliché che non aiutano ad affrontare in modo efficace le nuove sfide che abbiamo davanti.
Oggi, onorevoli colleghi, parliamo di cibo, di alimentazione, e dobbiamo sapere che l'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo indica in modo molto chiaro la linea da seguire: l'accesso a un'alimentazione sana e corretta è un diritto dell'uomo. Questo tema è emerso in modo molto chiaro durante Expo 2015, l'esposizione universale che noi abbiamo fortemente voluto e che è diventata la vetrina dell'Italia nel mondo e del mondo in Italia. Ciascuno di noi si deve sentire addosso questa responsabilità, quando si disegnano le politiche pubbliche, quando ci si siede ai tavoli della diplomazia e si prova a delineare un percorso comune. Parlare di cibo non significa soltanto rispondere a un bisogno primario dell'uomo, questo è sicuramente importante, ma, dall'altro lato, nel nostro Paese questo tema lo conosciamo bene perché per noi cibo è cultura, è sapere antico. Il nostro modo di produrre, trasformare e coltivare significa anche presidio dei territori contro l'abbandono, contro la desertificazione, contro il dissesto idrogeologico; significa lavoro, significa dignità dell'uomo, significa anche identità, ma non è identità di maniera, come quella che qualche volta si sente e si vede usare come una clava per dividere.
Il cibo, da quando esiste l'uomo, ritma il nostro tempo, le nostre comunità. Il cibo è specchio dell'anima di un Paese e dei cambiamenti nella sua storia, fatta di incontri di persone, di materie prime che arrivano anche in modo fortuito. Proviamo a pensare a quei prodotti che sono famosi nel mondo del nostro made in Italy e che oggi sono l'immagine dell'Italia nel mondo. Proviamo a pensare al caffè: da dove è arrivato il caffè? Una bevanda che assaggiamo, che degustiamo in antichi locali, in antiche caffetterie e su cui è nata un'intera filiera produttiva di trasformazione, di somministrazione, di degustazione assieme ad altri prodotti che non sono nati qui, pensiamo agli abbinamenti che si possono fare con il cioccolato. Questa è la storia di un Paese che è fatto di incontri, che è fatto di culture. È un prodotto, il caffè, attorno al quale, ad esempio, è nata una narrazione nell'arte, nella letteratura, nella poesia, perché il cibo non è soltanto soddisfacimento di un bisogno primario.
Questo è un esempio per dire che grazie al sapore antico delle nostre produzioni di formaggi, di vini, di miele, di pane, di insaccati, di dolciumi - e potrei continuare l'elenco in modo infinito - abbiamo saputo declinare nel mondo la nostra italianità. Per questo devo dire grazie - penso che sia un pensiero comune a tutti noi - ai tanti italiani che nel mondo, anche da generazioni, hanno saputo portare italianità, perché l'hanno saputa trasformare, l'hanno sapute insegnare, l'hanno saputa produrre anche nel mondo. Questo è stato un volano importantissimo grazie alle migliaia e milioni di italiani che sono nel mondo e che hanno fatto da volano per il nostro made in Italy, per il nostro export, che raggiunge quest'anno quasi 40 miliardi. Pensiamo alle nostre imprese agricole, all'intera filiera agroalimentare, che ha raggiunto un livello di eccellenza riconosciuta a livello internazionale per standard di qualità elevatissimi e di controlli elevatissimi che non sono paragonabili ad altri Paesi. Non bastano materie prime sane, bisogna anche averne cura e sapienza nel trasformarle, cucinarle, abbinarle e assaporarle.
Questo fa parte del nostro sapere, per questo motivo oggi, tutti insieme, in quest'Aula, diciamo no ha una visione che in modo meccanico pensa di suddividere gli alimenti in buoni e cattivi semplicemente con un'etichetta a semaforo, con metodi che non vengono accompagnati da una corretta e sana educazione e informazione dei cittadini, senza alcun riferimento alla quantità e alle qualità del cibo che viene consumato e nemmeno agli stili di vita. La dieta mediterranea, non a caso, è stata inclusa nel patrimonio immateriale dell'umanità, e tutelarla non è soltanto nell'interesse nazionale del nostro Paese ma dell'intera umanità, presente e futura. La sua valenza è ampia, pensiamo all'impatto che ha sull'economia e sulle economie piccole dei nostri territori, persino di quelle aree fragili e interne del Paese che sono a rischio di abbandono e che grazie a queste produzioni rinnovate possono trovare nuova vita, nuovo popolamento di persone, di famiglie e di attività imprenditoriali, anche perché la dieta mediterranea è stagionalità, è identificazione geografica, è tipicità. Tutto questo in un'etichetta a semaforo semplicemente non ci può stare, perché alimentarsi in modo sano, equilibrato e corretto non è una lista della spesa fatta di codici interscambiabili tra di loro.
Noi tutti, le istituzioni e gli Stati membri, le istituzioni nazionali e internazionali, l'ONU, l'Organizzazione mondiale della sanità, abbiamo la stessa sfida da vincere: eliminare le disuguaglianze che prima di tutto avvengono a tavola, perché laddove c'è povertà c'è anche povertà alimentare e culturale. Non è un caso che le fasce più fragili, più deboli della nostra popolazione siano quelle più soggette a quelle malattie non trasmissibili come l'obesità e le malattie cardiovascolari, di cui parla proprio l'Organizzazione mondiale della sanità. Questo deve essere nell'interesse di tutti, un interesse che deve essere declinato nelle politiche degli Stati membri. Il nostro interesse su questo deve essere grande, perché stili di vita e alimentazione inadeguati comportano malattie e persino un incremento nella spesa pubblica, nella spesa sanitaria. Vanno quindi scongiurati tutti quei sistemi che pongono l'accento sulla mera composizione del prodotto, perché deresponsabilizzano cittadino, non lo educano a leggere le etichette, a leggere la tracciabilità. Nella scorsa legislatura l'impegno dei Governi Renzi e Gentiloni, con il Ministro Martina, è stato importante, da questo punto di vista: la tracciabilità è un bene prezioso che deve essere tutelato e deve essere accompagnato da un percorso e da un accompagnamento di formazione, di educazione e di informazione dei cittadini, perché le abitudini di acquisto e di consumo hanno un impatto forte sul mercato ma anche sugli stili di vita e sulle opportunità di vita delle persone, perché non vorremmo mai che con un'etichetta a semaforo una bevanda gasata light potesse essere più opportuna, più giusta, di un bicchiere di vino. Non è questo, perché ben sappiamo quale storia, quale tradizione, quali qualità stiano dietro un bicchiere di vino. Oltre a questo, quando parliamo di nostre produzioni, ho citato l'Expo, che è stata appunto la vetrina, il tavolo in cui si è parlato di tanti temi, anche trasversali. Nella scorsa legislatura abbiamo portato finalmente sul tavolo tanti temi che in questa legislatura abbiamo ripresentato, come i reati agroalimentari: è stata ripresentata in questa legislatura, a firma dell'onorevole Orlando, una proposta di legge che spero potrà trovare la condivisione di tutte le forze politiche, dobbiamo lavorare da questo punto di vista. Dobbiamo tutelare nel mondo le nostre produzioni evitando di mettere documenti di tracciabilità ingannevoli, come possono essere le etichette a semaforo, che di fatto significano mettere dei dazi impliciti ai nostri prodotti, barriere non tariffarie utilizzate non tanto e non solo per tutelare i consumatori quanto per limitare in modo surrettizio il libero commercio, e questo da un Paese come il nostro non può essere accettato. Noi ci siamo - perché ci siamo stati anche nella scorsa legislatura - per una battaglia comune sull'etichettatura di origine dei nostri prodotti, non ci siamo per battaglie strumentali. Oggi votiamo insieme questa mozione per rappresentare nei consessi internazionali la qualità delle nostre produzioni, ma questo voto non può ovviamente bastare.
Il Governo questo Governo ha il dovere, con questo mandato, di essere presente ai tavoli della diplomazia, trovare accordi e sinergie perché l'isolamento per l'Italia non fa bene, l'isolamento non porta ricchezza, non porta più produzioni, non porta più esportazioni, perché è un danno, altrimenti. E per uscire da questo gioco di ruolo in cui spesso ci si trova imbrigliati, questo stesso impegno dobbiamo metterlo in Europa: abbiamo in discussione la politica agraria comune, oggi abbiamo ascoltato il Presidente del Consiglio Conte. Noi dobbiamo essere a quei tavoli con più vigore e a quegli stessi tavoli ci dobbiamo essere anche in Italia, quando, attraverso le nostre politiche pubbliche, dobbiamo davvero tutelare il nostro made in Italy e le nostre produzioni. Mi avvio alla conclusione. Abbiamo appena concluso le votazioni della legge di bilancio: se vogliamo davvero tutelare le nostre produzioni e il made in Italy, dovremmo partire anche dalle politiche che facciamo in casa nostra, e quindi confido che nella discussione che ci sarà al Senato si possa avere un ripensamento, perché le mozioni sono un intendimento comune, oggi voteremo tutti assieme, ma lo stesso si può fare anche quando si mettono risorse importanti per comparti produttivi importanti, qual è l'agricoltura.